I SARDI VISTI DA UN AEROPORTO: OSSERVARE LE PERSONE IMMAGINANDO I LORO PENSIERI DA UNA SALA D’ATTESA


di Elena Maisola

Mi sono seduta nella sala d’attesa di un aeroporto sardo e ho osservato le persone passare, con le loro valigie, i loro pensieri, la loro vita. Ho provato ad immaginare la loro storia. Ero  seduta in una sala d’attesa ad osservare, ma tante volte sono stata tra quelle persone, tante volte sono stata vista passare anche io con la mia vita racchiusa in una manciata di borse e valigie. Forse tante volte qualcuno, seduto al mio stesso posto, ha provato a immaginare la mia storia, cercando di coglierla in uno sguardo o in qualche parola scambiata qua e là. Avrà rivisto in me i suoi stessi pensieri, i suoi stessi progetti, le sue stesse paure. Avrà provato tenerezza, avrà condiviso la mia gioia. Si sarà immedesimato in me. Seduta in una sala d’attesa ho visto che in un aeroporto ci sono i sardi che partono. Nei loro fagotti c’è tristezza e malinconia, di quella che ti si appiccica addosso e non riesci a scrollarti via. Butti fuori l’aria dai polmoni, come per ripulire il sangue e alleggerire il cuore riempendolo di ossigeno, ma serve a poco. Ci sono quelli che piangono e quelli che tentano di essere forti, ma nella gola hanno un peso enorme da buttare giù. Le madri abbracciano commosse. I padri stringono le mani, mani nodose della fatica di una vita di lavoro e sacrifici. Ti stringono come se potessero lasciarti qualcosa da portare in viaggio, ti stringono come se potessero trattenere qualcosa di te da riportare a casa. C’è speranza negli occhi dei sardi che partono, speranza di un futuro, di una strada da sentire finalmente propria. C’è voglia di realizzare un sogno, di scoprire nuovi pezzetti di terra, di cielo, nuovi tramonti sul mare, pur sapendo che mai nessun cielo, nessun fazzoletto di terra, nessun tramonto sul mare sarà meraviglioso come il tuo. Ti dici che comunque tornerai, prima o poi tornerai a casa e parti, con i tuoi sogni chiusi in una valigia. Seduta in una sala d’attesa ho visto che in un aeroporto ci sono anche i sardi che arrivano, che tornano. Sono i sardi felici, che corrono frenetici, che oltrepassano le porte della sala d’attesa e cercano con lo sguardo. Sono tutti impazienti, tutti fremono. Sono occhi vispi. E poi  gli abbracci delle madri e le strette di mano dei padri finalmente si riprendono quello che avevano dovuto lasciar andare. Sono sardi che quei progetti li hanno realizzati, quella strada l’hanno trovata, o forse no. Sono sardi che hanno visto tanti fazzoletti di terra e tanti tramonti sul mare, tanti colori di cielo diversi, ma non riescono a dimenticare i propri. Sono sardi che dopo tanto vagare hanno capito che era arrivato il momento di tornare a casa e mettere radici. Si dice che gli aeroporti sono i luoghi più belli del mondo, dove le persone amano più che in qualunque altro luogo e dove non possono far altro che dare il meglio di sé perché si trovano di fronte a una partenza o a un ritorno. Non c’è miglior luogo, non c’è miglior occasione per mostrare quello che si sente dentro. Negli aeroporti ci si guarda dentro e si fanno delle scelte. E’ lì che aleggia sempre la sensazione che qualcosa di importante stia per succedere, per chi parte e per chi torna. 

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Un commento

  1. tanti pensano < mondo boia ,i Sardi sono trattati come pezze da piedi ,prendiamo l'aereo perché bene o male è ancora accessibile , ma io volevo venire con l'auto , e caricarla all'inverosimile di prodotti Sardi , ma le navi grazie ai cartelli e intrallazzi vari sono inaccessibili , altro che continuità territoriale,stanno assassinando il turismo e il trasporto dei prodotti Sardi , se si potesse dire MERDOSI lo direi .

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