CREDERE IN UN FUTURO MIGLIORE: INTERVISTA A FABRIZIO PALAZZARI, RIENTRATO IN SARDEGNA PER COSTRUIRE UN PROGETTO DI VITA

Fabrizio Palazzari a Berlino è stato Presidente del "Sardisches Kulturzentrum"


di Marcello Carlotti

Chi sei? Da dove vieni? Dove sei stato? Come sei maturato diventando adulto? Ma sopratutto dove vuoi andare e perché?

Sono Fabrizio Palazzari, ho 39 anni, sono nato a Carbonia, cittadina con la quale mi sento idealmente molto legato, nella quale sono cresciuto e dove ho vissuto sino all’età di diciotto anni. Dopo gli studi universitari a Cagliari, facoltà di Scienze Politiche, ho vissuto un intenso periodo della mia vita fuori dalla Sardegna. Tutto iniziò nel 1998 con una borsa Erasmus per l’Università Complutense di Madrid. Avevo 24 anni e una gran voglia di conoscere e confrontarmi col mondo che rese quell’anno straordinario e che, al ritorno, mi fece apparire sempre più inaccettabili le barriere che la società sarda incominciava a predisporre nei confronti di una generazione che chiedeva opportunità, riconoscimento del merito e possibilità di mettere le proprie competenze al servizio della società sarda. Diventando adulto sono maturato vivendo prima nel Nord Italia, tre anni a Trento, e poi a Londra ( dal 2003 al 2006) e infine Berlino (dal 2006 al 2010). Col senno di poi credo che l’esperienza più formativa sia stata proprio quella londinese. E’ stata anche la più difficile, ma proprio per questo quella che mi ha permesso di capire consapevolmente quali fossero i miei limiti e come superarli. Ricordo ancora i mie primi giorni da “espatriato” lungo le rive del Tamigi; come ad esempio una grigia mattina di novembre quando, seduto al secondo piano di un “double decker” che attraversava il Westminster Bridge direzione Trafalgar Square, appresi dalle frequenze di BBC radio della morte dei militari italiani a Nassirya. Fu per me molto toccante e mi sentii molto vicino a quei giovani militari che erano morti durante una missione all’estero. Probabilmente perchè anche io, per la prima volta mi trovavo all’estero non più da studente universitario con borsa di studio e residenza nel campus, ma da italiano “emigrato” e alla ricerca di un lavoro. Diciotto mesi dopo il mio inglese era ormai fluente e lasciai il mio impiego part-time per entrare nel dipartimento marketing di una multinazionale americana. Da allora tanta acqua è passata sotto il Westminster Bridge e, ancora oggi, credo che l’essere riuscito a preservare sempre la mia integrità, la mia libertà e i miei ideali siano tuttora i principi più importanti che mi guidano. Gli stessi che nel 2009 mi hanno spinto a lasciare il mio ruolo di “Account Manager” presso una multinazionale berlinese per specializzarmi con un Master in Management Pubblico presso la Facoltà di Economia di Potsdam. Ultimo passo in vista del mio progetto di ritorno in Sardegna.

Perché sei tornato in Sardegna?

Sono tornato in Sardegna nel 2010 per un senso di giustizia e perchè era qui che intendevo e intendo costruire il mio progetto di vita, mettere al servizio della mia regione e dei miei conterranei le mie competenze e, allo stesso tempo, mantenere uno sguardo attento ed aperto sul mondo. Sono rientrato perchè mi sento a mio agio nei suoi luoghi, amo i suoi paesaggi, le campagne e le sue coste, non smetto di stupirmi ogni volta che rivedo posti e panorami conosciuti sin dall’infanzia e spesso fortunatamente rimasti immutati. Mi affascina la sua complessità e diversità in uno spazio ben definito e delimitato quale è, per l’appunto, quello di un’isola. Credo nei sardi e credo che possa diventare una straordinaria terra di accoglienza per tutti coloro disposti a rispettarne la bellezza e l’unicità.

Come è la Sardegna vista da fuori e dai tanti altrove che hai frequentato?

La Sardegna vista da fuori ha tante facce che cambiano in base al tempo della tua vita e ai luoghi dai quali la osservi. La Sardegna del 1998 vista dalla Spagna era una piattaforma nel mare, isolata e distante. Lontana dalle grandi capitali europee e dalle tendenze culturali che consideravo più importanti. Vista da Trento mi sembrava un’isola dalle montagne troppo basse. Vista da Londra era lenta, burocratica e ingiusta. Da Berlino, infine, era affascinante, mistica, straordinariamente ricca di storie, tradizioni e di una bellezza unica.

Quali sono, a tuo giudizio, le opportunità glocali per la Sardegna di oggi e domani? Come pensi si possano realizzare queste potenzialità?

Credo che oggi la Sardegna abbia delle potenzialità enormi che dovrebbero farci guardare con ottimismo al futuro. Queste parole potrebbero sembrare azzardate vista la drammatica crisi occupazionale, economica e sociale che stiamo vivendo e che ancora oggi spinge migliaia di giovani e meno giovani a lasciare la nostra Isola. Eppure le potenzialità ci sono, le vedo nel mio lavoro, alcune sono già reali. Stiamo vivendo la fine di un modello di sviluppo che si è dimostrato inadeguato nel garantire un futuro a più di una generazione però c’è già chi ne sta costruendo di nuovi, più adatti alle nostre specificità. Per adesso sono piccole nicchie che però, nell’immediato futuro,  cresceranno. A titolo non esaustivo vorrei elencarne alcune: è in Sardegna, per esempio, che oggi esiste il più importante polo italiano della bioedilizia grazie a un’ imprenditrice di Guspini che ha saputo re-inventare l’utilizzo della lana di pecora; è sempre nell’isola che è nato, si è consolidato e si sta replicando in altre regioni italiane il più importante circuito di compensazione multilaterale con moneta complementare, grazie all’idea di quattro giovani imprenditori di Serramanna che hanno saputo re-inventare i concetti di credito e di moneta; è sempre in Sardegna che si sperimenta e si innova in agricoltura con le fattorie didattiche e le colture sinergiche, con la reintroduzione di colture del passato, come nel caso della tabacchicoltura in provincia di Tempio, o con la reinterpretazione di un materiale tradizionale come il sughero applicato questa volta come filato ai tessuti. E’ sempre nell’isola, infine, che troviamo uno dei progetti italiani più avanzati di rete sociale di lettori, scrittori, editori, librai e biblioteche oppure alcuni degli esempi più dinamici, per crescita e reinterpretazione dei modelli di business, nei campi dell’editoria e del giornalismo online.

È possibile costruire reti di cooperazione competente e speranza? O le reti funzionano meglio per veicolare un atteggiamento di prevalente protesta?

Rispondo affermativamente alla prima. Assolutamente sì, è possibile costruire reti di cooperazione competente e speranza e le reti non funzionano meglio solo per veicolare atteggiamenti di prevalentemente protesta. In tema di reti potremmo dire, senza falsa modestia, che in Sardegna siamo dei veri e propri maestri. A differenza delle leggende e delle etichette che ci vogliono “pocos, locos y mal unidos”, quando di parla di reti i sardi diventano “muchos, sabios y todos unidos”. La rete è stata per secoli alla base della nostra vita comunitaria, gli stessi nuraghi rappresentano una vastissima rete (da ogni nuraghe ne puoi osservare sempre altri due), il primo internet provider italiano ed europeo, Tiscali, e il primo quotidiano online nel mondo, L’UnioneSarda, sono nati in Sardegna. Lo stesso progetto Sardex.net, nato nel 2010 a Serramanna grazie alla visione e alla tenacia di quattro neo-laureati di ritorno nell’Isola,  rappresenta, allo stato attuale, il più avanzato esempio europeo di rete di imprese capaci di scambiarsi beni e servizi in compensazione senza l’utilizzo di euro, ma utilizzando crediti e debiti misurati attraverso un’unità di conto denominata, per l’appunto, Sardex. E’ un progetto che conosco molto bene perchè lo seguo da diversi anni con la società dove lavoro come consulente associato di direzione. Più in particolare sono responsabile delle analisi economiche e sociali dei territori delle regioni di Italia dove stiamo replicando e localizzando i nuovi circuiti regionali di credito commerciale. Queste ed altre esperienze mi portano ad affermare con convinzione che la rete e le relazioni svolgeranno nel prossimo futuro un ruolo sempre più importante, probabilmente ben più importante di quello sino adesso svolto dal capitale. E in questo scenario la Sardegna non avrà un ruolo marginale.

Perché, secondo te, non si parla tanto di Statuto Speciale e tanto meno lo si usa? Come lo si potrebbe usare oggi in modo pieno ed efficace?

Questo è per me un tema centrale ed è uno dei motivi che, qualche mese fa, mi ha spinto ad accettare con convinzione la candidatura a consigliere regionale con la lista Gentes per una Sardegna Possibile e Michela Murgia presidente. All’interno di questo progetto lo Statuto Sardo svolgerà un ruolo cruciale. La lista civica Gentes infatti,  non è un partito ma una rete civica, fatta di persone comuni che vogliono scommettere su un nuovo modo di far politica e di viverla, nonché di amministrare il territorio. Nel fare questo ci proponiamo di costruire processi decisionali indipendenti da quelli proposti e imposti dai partiti che operano in Sardegna, ritenendo che essi storicamente tendono a rappresentare e difendere interessi e obiettivi diversi e spesso contrastanti con quelli propri  della Sardegna e delle sue comunità. Lo Statuto sarà uno degli strumenti che ci permetterà, sostenendo la realizzazione materiale del dettato statutario, di conquistare tutti quegli spazi di sovranità che ci competono e che non abbiamo mai interamente esercitato, ad iniziare dall’istituzione dell’Agenzia Regionale delle Entrate.

 

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