ALLO "SPAZIO MARRAS" DI MILANO, LA PRESENTAZIONE DI "METROPOLIS", L'ULTIMO LIBRO DI FLAVIO SORIGA

da sinistra: Antonio Marras, Flavio Soriga, Carla Bacchiddu


di Sergio Portas

Flavio Soriga è oramai diventato personaggio pubblico, dorato destino di chi va frequentando le reti televisive pubbliche e private che siano. Come lo sia diventato lo lascio dire a lui per bocca di un fantomatico cugino suo, molto invidioso e rancoroso: “Aveva scritto un libro , al primo anno dell’università, una raccolta di racconti, una cosa ridicola, storie del loro paese, storie di emigrati e di rapine da quattro soldi, storie che tutti avevano sentito raccontare mille volte. E comunque. Cose di cui suo cugino non sapeva niente…gli avevano pubblicato il libro, se n’era andato a stare a Roma… E lo invitavano in televisione, a chiacchierare di calcio, delle notizie del giorno, dei pettegolezzi degli attori del cinema. Lui …che nella vita aveva letto solo giornali e libri, che della vita non sapeva niente, lui andava in tv a parlare di tutto”. Questo a pagina 179 del suo ultimo libro, un semplice giallo dice lui: “Metropolis” Bompiani editore. Lo presenta qui a Milano, allo spazio Marras, presente anche il padrone di casa Antonio, creativo algherese dell’alta moda che conta ed esporta, e Matteo Bordone (anche lui “star” televisiva, giornalista, presenza fissa di LA7 G’ Day con Geppy Cucciari) scherzando ma neanche tanto, gli pronostica un successo tale da potersi comprare un appartamento a Trastevere. Deve difendersi dal fuoco incrociato delle battute di due Mattei Soriga, anche il secondo che di cognome fa Bianchi e scrive programmi per la televisione: “Quelli che il calcio” è opera sua, non gli risparmia frecciate. Lui naturalmente si difende da par suo, e il teatrino che ne segue è davvero divertente, del resto anche l’ultima volta che avevo incrociato Flavio, si era a Seneghe, a Cabudannu de sos poetas, il festival letterario che dirige da anni, era riuscito a far sbellicare dalle risa il pubblico che riempiva “sa pratza de sos ballos”, nel mentre presentava la performance di Michela Murgia. Libro autobiografico questo, e come tutti gli scrittori Flavio si arrabbierà se mai gli capiterà di leggermi, ma intanto la dedica:  “A Carla Bacchiddu (Chi l’avrebbe mai detto?)” apre interpretazioni che supportano una tale visione. Che Carla è qui anche lei, i capelli neri che corvo a incorniciare un viso di madonna, il sorriso sapiente di chi aspetta un bimbo e può guardare con affetto sincero il suo compagno che si comporta da clown, la pancia fieramente esibita. Vado subito da lei a chiederle dove mai abbia incontrato quel giullare che vi dicevo, e come si chiamerà la bimba ( scommetto che sarà femmina) e tutte le robe che un giornale di pettegolezzi spara in prima pagina quando si tratta di celebrità televisive e dei loro eredi nascituri. Carla che lavora in banca a Sassari è di Muros, paese che si è prefissato di scalare la cifra di mille abitanti, erano 529 nel 1951 ora sfiorano già le novecento anime, a un tiro di schioppo da Sassari, quindici chilometri e sei al mare di Porto Torres. Tutto quello che le cavo è racchiuso nella dedica a questo libro: chi l’avrebbe mai detto ? Che Flavio Soriga avrebbe avuto il coraggio di mettere su famiglia. Sentite cosa fa capitare al suo personaggio-protagonista di “Metropolis”, tale Martino Crissanti, capitano dei carabinieri in quel di Cagliari, quarantacinque anni ben portati e single da sempre, orgosolesu che “sta” con certa Anna Sofia, bellissima e solare : “ Stava sorridendo con il sorriso più grande del mondo. Si alzò, si andò a sedere sulle ginocchia del carabiniere, avvicinò la bocca alle sue orecchie. “Sono incinta”. Crissanti non disse niente, respirò, soltanto, in silenzio, respirò forte cercando di riprendersi, sorrideva e respirava forte, e a un certo punto pensò che gli girava la testa, e si versò un bicchiere di vino e lo bevette tutto, e respirava forte e sorrideva e cercava qualcosa da dire, e non la trovava, e Anna Sofia lo abbracciò forte, e risero insieme, forte, senza trovare parole” (pag.168). Questo Crissanti indaga sull’omicidio di una donna al Poetto, ricca e bella, e come capitò di dire ad Edgar Allan Poe “la morte di una bella donna è senza dubbio l’argomento più poetico del mondo”, che in questi tempi di “femminicidio” non è proprio una dichiarazione su cui si possa concordare. Ma è anche vero che chi voglia avere la sicurezza oggi di vendere in libreria, è meglio che si metta a scrivere un giallo, piuttosto che un saggio sui pittori medievali , o meglio ancora un noir, dove i cadaveri e gli stupri di donne e bambini si succedano in maniera seriale. Ecco questo giallo di Soriga non è per nulla di questo tipo, lui lo definisce un libro di chiacchiere, con le scene di azione particolarmente contenute, dove le cose sono man mano svelate con le parole. Per scriverlo ha frequentato l’ufficio stampa dei carabinieri, cosa di cui suo padre andrà particolarmente orgoglioso, avendo lavorato in prefettura. Anche Matteo B. Bianchi trova che Crissanti sia molto meno macho e figo di Montalbano, un tipo apparentemente senza difetti, che fa della sobrietà una scelta di vita. Che gira per Cagliari in  vespa. Dice Soriga che lui è vissuto a Castello per quasi cinque anni, per i milanesi presenti paragona questo rione cagliaritano a quello di Bergamo alta: “Era un po’ in rovina ma lo stanno recuperando, dove si svolgevano un sacco di feste, perchè a Cagliari si incontrano tutti, è una specie di capitale in piccolo, la borghesia cagliaritana (la morta assassinata del libro viene da lì) non sa nulla della Sardegna, pensa che sia tutta spari e gambali, mentre i non cagliaritani lo sanno che Cagliari è bella. Del resto per chi come me veniva da Uta non c’erano molte alternative, o lavorare all’orto di papà per settantamila lire al mese o andare a studiare a Cagliari. Ora le cose sono cambiate anche in provincia, ho scoperto che a Decimumannu hanno aperto un ufficio di investigatori privati, per il gran numero di mogli che se ne scappano senza lasciare traccia”. Ne esce il solito luogo comune dei cagliaritani che coi “sardi veri” avrebbero poco a che fare, e qui anche Antonio Marras interviene a rivendicare la sua catalanità di algherese. Nel libro ci sono servitori di Villacidro a cui è toccato imparare la cadenza strascinata dei cagliaritani, allungando le parole e aprendo le vocali, per integrarsi, un’insegnante di Guspini, un cognato di San Sperate e un cantante famoso che, a leggere nel web (le ciliegie parlano) sarebbe ritagliato sulla figura di Vinicio Capossela. E che ci sia del vero lo dimostra la comparsa del suddetto Capossela alla fine della presentazione. Insomma, giusto per non passare sotto tono che anche uno dei più bei libri italiani scritti nel novecento: “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” di Carlo Emilio Gadda, presenta un investigatore assolutamente “normale” Ciccio Ingravallo, commissario di polizia, tipo Crissanti, anche di questo libro di Soriga si può dire che la trama “gialla” serve più a delineare caratteri e situazioni, lo spirito di una città, il gioco delle voci che si intersecano. La tensione della scoperta dell’assassino tutta in sottofondo. E poi tutte le domande che passano per la mente a un padre inconsapevole, che ha sempre avuto una sanissima paura di avere figli, che sta tanto bene nella sua casetta che non ha nessuna intenzione di lasciare. “Posso scrivere che te ne andrai a vivere a Sassari? No! Posso sapere il nome del nascituro? Certo che no! Insomma cosa posso scrivere di te e Carla? Niente!” Allora io copio pari pari dal libro: “ Quando Anna Sofia gliene aveva parlato, qualche mese prima, a lui erano venute le paure di sempre: l’età, la differenza di anni con lei, le malattie… conosceva Anna Sofia più o meno da un anno e mezzo: non si conoscevano molto, si conoscevano perfettamente” (pag.246). E ancora: “Sei un matto” disse. “Un matto assoluto. Ti amo”, poi non dissero più niente, guardarono la luna e la città, e Crissanti pensò che stava finendo l’estate, ma dopotutto era normale, succedeva ogni anno, tutto finiva e tutto ricomi
nciava, e andava bene così.

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