CONOSCERE IL MONDO GRAZIE ALLE OPPORTUNITA' DELLA RICERCA SCIENTIFICA: DOPO IL "FLUSSO DI COMPETENZE", PER MARCO MASIA E' FORTE IL DESIDERIO DI RIENTRARE A CASA

nella foto, con Marco Masia la moglie Caterina e i figli Andrea e Sofia. Marco, è nipote di Antonio Maria (che ci ha inviato l'articolo), Presidente del Gremio dei Sardi a Roma


di Marco Masia

Mi chiamo Marco Masia, sono nato a Ozieri 37 anni fa da genitori Ittiresi e ho vissuto a Sassari continuamente fino a quando mi sono laureato in Chimica. L’unica parentesi fuori dalla Sardegna prima della Laurea è stato un soggiorno ERASMUS di cinque mesi a Saragozza. Il conseguimento della Laurea e l’ingresso nel mondo del lavoro hanno poi caratterizzato i miei successivi trasferimenti all’estero. La prima tappa è stata la Francia (Lione), per un mese; quindi Barcellona per circa cinque anni. Durante il periodo passato in Spagna, ho vissuto tre mesi a Innsbruck (Austria). Una volta conseguito il Dottorato di Ricerca in Fisica, mi sono trasferito a Bochum (Germania) per circa un anno. Infine, avendo vinto un posto da Ricercatore presso l’Università di Sassari, sono tornato in terra Sarda. Il “posto fisso” non ha completamente fermato le mie trasferte all’estero. In cinque anni sono stato varie volte in Spagna, Germania, Irlanda e Francia per periodi di almeno un mese. Da circa un anno, in quanto beneficiario di una borsa Europea per il consolidamento della carriera, mi sono trasferito a Boston (USA) dove rimarrò per due anni, per poi stare un anno a Francoforte (Germania) e tornare infine a Sassari.

Per capire il motivo di tanti spostamenti, vorrei prima spiegare in cosa consiste il mio lavoro, e inserirlo in un contesto generale di “flusso di conoscenze” tra i Paesi. Il Chimico viene generalmente raffigurato come una persona che veste un camice, spesso sporco e pieno di buchi, e che maneggia ampolle fumanti che contengono liquidi di vari colori. Io sono un Chimico Teorico: non uso il camice, non entro in laboratorio e tantomeno mi diletto con beute e burette. Quello che fa un teorico, invece, è utilizzare il computer e le moderne teorie della materia per capire a fondo quali sono, a livello atomico, le cause del fumo e del colore che esce dalle ampolle. Più in generale, visto che il fumo e il colore sono state spiegate tempo fa, il Chimico Teorico cerca di capire le interazioni atomiche di una vasta gamma di sostanze, dai polimeri alle proteine, dai farmaci alle leghe metalliche. In questo momento io mi occupo di studiare il funzionamento dei sistemi fotosintetici naturali (per esempio le piante) per capire quali sono le caratteristiche chimiche che li rendono tanto efficienti. L’idea è che, se impariamo i “trucchi” che usa la natura per convertire l’energia solare, potremmo disegnare sistemi fotovoltaici artificiali che funzionino molto meglio di quelli attuali.

Questo lavoro, come la maggior parte dei lavori di Ricerca, richiede un costante scambio di informazioni, opinioni e conoscenze tra gli esperti del campo. In realtà il campo è così vasto che gli esperti sono specializzati solo su un certo aspetto. Ricercatori specializzati su aspetti diversi lavorano spesso in distinti Paesi; è bene quindi entrare in contatto con loro per poter arricchire il proprio bagaglio culturale scientifico, trovare le connessioni tra vari fenomeni e cercare di capire, alla luce di queste conoscenze, il problema sotto studio. Viaggiare, risiedere a lungo in un nuovo Paese, impararne la lingua, la cultura, le tradizione, e apprezzarne pregi e difetti, è un’esperienza unica. Non è facile spiegare a parole quello che è l’arricchimento che comporta questo tipo di esperienza. Ovviamente ci sono difficoltà in ogni trasloco, che vanno dal muovere l’intera famiglia (con tutto ciò che questo comporta per moglie e figli), all’integrarsi in un nuovo ambiente di cui non si conosce niente e nessuno. Per il momento, io e la mia famiglia consideriamo che valga la pena affrontare queste piccole difficoltà, visti e considerati i benefici elencati sopra.

Mi considero fortunato perché svolgo un lavoro che mi piace e che mi da queste opportunità. Una volta tornato in Sardegna, spero di riuscire a portare con me l’entusiasmo che ho quando sono all’estero: lo spirito di scoperta e di fascino verso il nuovo è qualcosa che molti (io per primo) tendono a perdere quando vivono l’intera vita sempre nello stesso posto. Affrontare nuove esperienze all’estero fa apprezzare anche la ricchezza della propria terra. Spero inoltre di portare con me il buono degli Stati Uniti. Qui le persone hanno un approccio molto positivo ed energico nei confronti della vita. Non si danno per vinti in nessuna situazione e riescono a trovare le forze e la motivazione per fare meglio. Vivono in un contesto sociale dove la professionalità, la qualità e le capacità personali vengono riconosciute. Per questo motivo le imprese più innovative nascono e proliferano negli States. Questa è una caratteristica che manca all’Italia, Paese pieno di risorse che purtroppo non promuove la crescita di persone capaci e di imprese visionarie.

Chiudo con la risposta ad una delle domande che mi sono state poste insieme all’invito a scrivere questo articolo. La domanda è: “cosa ti ha dato la tua sardità, e cosa ti ha spinto sin dall’Erasmus e altra esperienza tedesca ad uscire dalla tana sarda, a lasciare Isola e affetti?”.

 Ho riflettuto a lungo su questo punto e la risposta è  che penso che il fatto di essere sardo abbia contribuito in modo positivo ai miei spostamenti nel mondo.

 La sardità che potrebbe significare isolamento, a stare fermi, mi ha spesso solleticato l’idea “romantica”  dell’evasione, del viaggio oltre il mare, dell’evasione. E la spinta. che nasce in primis dal fattore fisico dell’insularità (superabile solo se si ha voglia e determinazione ad “uscire”),  ha anche a che vedere con l’esigenza, per me imprescindibile, di  quell’arricchimento culturale  che può derivare sopratutto dal confronto con l’esterno,  rispetto a caratteristiche interne  che per forza di cose, alla fin fine, un po’ limitano e confinano.  La Sardegna pertanto, staccata  com’è dal resto del mondo non solo fisicamente, ma anche bisognosa di ricevere e dare  apporti e confronti culturali, da una parte spinge a partire, ma dall’altra esercita poi un forte e continuo richiamo di appartenenza e di voglia di ritorno.

La sardità è quel sentimento che ti porta lontano e ti chiama di continuo, è nel carattere, nella determinazione di cercare confronti e nuove esperienze da rimettere poi al servizio, se possibile e se gli eventi e le opportunità di lavoro  lo consentiranno, della mia terra in generale ed in particolare della mia Isola. E così l’obiettivo del ritorno in Sardegna è sempre presente in me e nella mia famiglia.

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