LA PRIMA GIORNALISTA: INCONTRO CON MARIA PAOLA MASALA PER APPROFONDIRE IL TEMA DELLE PARI OPPORTUNITA'

Maria Paola Masala


di Claudia Sarritzu *

Chiacchierata con la giornalista de L’Unione Sarda: Maria Paola Masala

Sei stata una delle prime donne in Sardegna a iscriverti all’ordine dei giornalisti, all’epoca era un lavoro più maschile mentre oggi le giornaliste sono pari numero ai colleghi uomini, come si è evoluto il mestiere in questi decenni, prima eravate più tutelate? Sono stata una delle prime pubbliciste e la prima professionista iscritta all’’albo dei giornalisti della Sardegna. Ho lavorato dal “78 all’’Unione Sarda, dopo quattro anni di collaborazione e quattro mesi di sostituzione estiva, nel 77. Nonostante mi sentissi una femminista, non mi aspettavo l’’assunzione. Pensavo che non potessero assumere una donna e questo mi rendeva tranquilla. Invece è accaduto. Discriminata? No, mi sono sentita accettata da subito, anche perché a mia volta ho accettato le regole di un luogo così maschile, un linguaggio spesso da caserma ma mai veramente volgare e non ho mai avuto bisogno di difendermi da molestie sessuali. Ho lavorato e basta, sentendomi differente, ma sapendo che dovevo farmi valere con l’’impegno. Non ho mai fatto un giorno da abusiva, e questo mi ha reso più forte. Se penso ai tormenti dei miei giovani colleghi di oggi, maschi e femmine….

Potevi scrivere su qualsiasi argomento o i direttori ti imponevano solo alcuni temi? Naturalmente non potevo scrivere su qualsiasi argomento, chi può farlo?, ma all’’interno dei settori in cui ho lavorato (interni ed esteri, cronaca, la mitica cronaca di Vittorino Fiori) e poi cultura e spettacoli, mi sono sempre sentita libera. Non ho mai scritto nulla che non sentissi, nessuno mi ha mai censurato.

Come è cambiato il modo di raccontare la donna nei giornali? ?Io dico sempre che quando ero l’’unica donna, nel mio giornale, si parlava molto di donne. Erano gli anni d’’oro del movimento femminista e io ero impegnata su questo fronte. C’’era, nei media, un’’attenzione particolare, ma era il clima generale assai diverso, più vitale. Pensiamo alla grande battaglia per il divorzio, per citarne solo una. Oggi le donne sono più numerose (anche se sempre in minoranza, almeno nei giornali sardi) ma di battaglie femminili si parla molto meno. Anche perché ormai da una ventina d’’anni (parlo della mia esperienza lavorativa) l’’emergenza sul fronte della professione, della cultura, della politica, del rapporto tra giornalisti e potere riguarda tutti, uomini e donne, indistintamente.

Per quanto concerne la cronaca nera, i fatti di violenza sulle donne erano meno raccontati prima, oppure sono aumentati, a tuo parere, statisticamente in questi anni recenti? Penso che negli anni siano aumentate le violenze ma anche le denunce. C’è una maggiore consapevolezza, tra le donne. Nello stesso tempo, si sono fatti passi indietro…. Non tollero nei giornali, e nella società, l’’uso distorto del corpo femminile. Vorrei che le donne, e le giornaliste, si ribellassero a tutto questo. Non sono una bacchettona, ma credo che sia profondamente diseducativo, e offensivo.

Come venivano raccontati i fatti di cronaca nera? Oggi per esempio assistiamo sempre a una lettura molto maschilista della vicenda, il protagonista dell’omicidio non è mai la donna uccisa ma …l’uomo che per gelosia ha ammazzato…?Questa visione distorta è sempre esistita, anche perché oggi come all’epoca sono soprattutto gli uomini a fare il giornale. E i luoghi comuni, i pregiudizi, sono sempre presenti. Hai presente quando si definisce nonnina una settantenne rapinata o investita sulle strisce pedonali? Io mi infurio, ma non c’è niente da fare.

Ora sei in pensione, ti manca il lavoro in redazione? Sono andata via sette mesi fa su mia decisione, perché temevo il momento del distacco obbligato (giugno 2014). Mi è parsa un’’astuzia della ragione, scegliere il quando e non lasciarlo agli altri. E devo dire che non mi sono pentita. Mi mancano i colleghi, (mi manca la mia redazione di Terrapieno), non mi manca lo stress. Quando voglio scrivo, mi occupo sempre della mia amata lirica, e nessuno mi impedisce di andare al giornale quando ne ho voglia. Mi ritengo una donna fortunata. Ho fatto un lavoro che adoro, non sono mai scesa a compromessi con la mia coscienza, ho cercato di coniugare etica e grammatica e non ho mai provato sulla mia pelle che cosa sia il precariato (la precarietà ci riguarda tutti). Soprattutto, sono arrivata alla pensione. Per me non voglio nulla di più. Però mi preoccupa il futuro. Penso ai tanti giornalisti bravi che non hanno avuto le mie opportunità, penso a chi sta cominciando e a chi non ne avrà mai la possibilità e questo mi addolora.

* cagliari.globalist.it

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Un commento

  1. Celeste Murgia

    intervista da antologia: concetti lucidi sempre validi nel tempo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *