UN BREVE TOUR NEL CIRCOLI SARDI DELLA LOMBARDIA: TRA PAVIA E PARABIAGO, DUE GIORNI DEDICATI AI LIBRI E ALL'ARTE

l'incontro a Parabiago con l'artista di origine sarda Simona Atzori


di Ottavio Olita

Ho sempre paura di scadere nella retorica dei buoni sentimenti quando parlo dei miei rapporti con i circoli dei sardi in Lombardia. Ma gli avvenimenti, tutti positivi, che si sono susseguiti da quando ho cominciato a frequentarli 20 anni fa, grazie ad Onorio Boi, storico e insuperabile presidente del circolo di Como, diventato mio fraterno amico, sfuggono a qualunque asettica, talvolta arida, analisi razionale.

         Per dimostrarlo parto dall’ultima esperienza, vissuta il 27 ottobre a Pavia. Lì, grazie al circolo “Logudoro” e, soprattutto, grazie alla forte determinazione di Paolo Pulina, mi sono recato per presentare i miei due ultimi romanzi “Il futuro sospeso” – evento già programmato per l’anno scorso e poi saltato per colpa di miei impegni – e “Il faro degli inganni”. Ho avuto così la possibilità di ritrovare due carissimi amici come Filippo Soggiu, conosciuto quando divenne il primo presidente della Fasi non  emanazione diretta del mondo politico sardo, né rappresentante della Chiesa, in altre parole il primo presidente-operaio; e Gesuino Piga, già direttore amministrativo dell’Università pavese, instancabile organizzatore di iniziative culturali. Emozione forte nel ritrovare Filippo, per la condivisione di momenti di paura e di gioia, per l’ammirazione che ho sempre provato per il suo coraggioso impegno; così come ho vissuto una divertita, marcata sorpresa nel ritrovare completamentela Cagliariche amo di più, scanzonata, scettica, dissacrante nell’elegante ma efficace ironia di Gesuino Piga. Lui è Cagliari. Come Cagliari erano Paolo o Ignazio De Magistris.

         Abbiamo parlato a lungo, del mondo dell’emigrazione e della sordità della Regione, soprattutto in materia di tariffe per i trasporti. Mondo dell’emigrazione che ho fatto entrare tra i contenuti di uno dei miei libri – “Il futuro sospeso” –. In esso ricostruisco la vita, romanzesca e quasi incredibile, di una coppia di giovani e poveri lucani, i miei genitori, che all’inizio degli anni ’30 del novecento attraversarono il mare e trovarono in Sardegna – terra misera comela Basilicata, ma che almeno era in grado di sopravvivere grazie alla pastorizia e alla piccola agricoltura – non solo lavoro, ma anche accoglienza e condivisione.

         Una lezione di vita e di rapporti umani talmente forte che mia madre divenne sarda nell’animo e quella sardità non solo trasferì ai suoi figli ma volle riaffermare venendo a vivere nella sua amata Cagliari gli ultimi 30 anni della sua esistenza, dopo essere rimasta vedova.

         Emozione da rievocazione, ma emozione anche nuova e derivata dal vissuto quotidiano, perché anche questa volta il rapporto con i circoli sardi ha voluto affermare una sua spettacolare unicità, regalandomi una di quelle sorprese che segnano la vita. A Pavia ho ritrovato, dopo mezzo secolo, una cugina che viveva in Calabria e della quale non avevo più notizie dalla fine degli anni ’50. Mi ha raggiunto con una sua sorella più anziana nella sede del circolo “Logudoro” e lì, prima e dopo la presentazione del libro, abbiamo ricordato le nostre mamme, sorelle costrette a separarsi fin da ragazzine ma rimaste legatissime per tutta la vita.

         Non sono né Liala, né Carolina Invernizio; neppure voglio esserlo, nonostante abbiano venduto e continuino a vendere milioni di copie dei loro libri cuore e amore, zucchero e miele. Ma sarei ipocrita e falso se nascondessi la gioia provata e la gratitudine che vivo verso Paolo Pulina, Filippo e Gesuino, che mi hanno consentito di aggiungere una pagina di storia così significativa alla mia vita.

         Così come non meno importante è stato l’incontro avuto a Parabiago con Piero Ledda e Franca, la presidente del circolo “Su Nuraghe”. Lì, grazie alla mediazione sempre di Paolo Pulina ho preso parte, il 28 ottobre, alla presentazione di quel magico spettacolo di danza, dal titolo “Me” ideato e interpretato da Simona Atzori e dai suoi colleghi ballerini della Scala di Milano. Nel teatrino del centro polifunzionale – la biblioteca – del paesone dell’hinterland milanese, stracolmo di donne, uomini, bambini, la ballerina “che ha lasciato le ali in cielo” come poeticamente l’ha definita Candido Cannavò, ha dato ancora una volta la straordinaria dimostrazione di quanto l’arte può servire alla vita di ognuno di noi. E insieme con l’arte l’affetto dei genitori, degli amici, dei colleghi che ti vogliono bene. Dopo lo spettacolo, acclamato dagli spettatori entusiasti, è stata presentata l’autobiografia di Simona, edita da Mondadori, dal titolo “Cosa ti manca per essere felice?”, un libro pieno di coraggio e di ottimismo che insegna a non disperarsi mai nella vita, neppure di fronte alle prove più difficili. L’entusiasmo del teatro si è poi spostato nella sede del circolo “Su Nuraghe” dove si è tradotto nella tradizionale ineguagliabile ospitalità dei sardi che vivono fuori dall’isola.

         Libri, danza, riflessione, musica, funzione dell’arte e della cultura in due giorni intensi, che sono serviti a dare ancora una volta la dimostrazione del fatto che, anche con scarsa disponibilità finanziaria, si possono costruire progetti di qualità. I circoli sardi della Lombardia confermano questa loro forte capacità, a dimostrazione che è falsa l’affermazione ripetuta più volte nei mesi scorsi secondo cui “la cultura non si mangia”. Al contrario la cultura può essere un potente volano di sviluppo se la si valorizza. La lezione che viene dalla Fasi e dai circoli lombardi andrebbe capita, acquisita e fatta propria anche da questa parte del mare.

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