AMBRA PINTORE E I TAZENDA IN CONCERTO A MILANO: TUTTO ESAURITO AL TEATRO DAL VERME CON IL POPOLO DEI "QUATTRO MORI"

sold out a Milano per i Tazenda ed Ambra Pintore


di Sergio Portas

Da quando lo spartitraffico di viale Monza, in Milano, è stato abbellito da alberelli di ibisco, robusta malvacea proveniente dall’Asia meridionale che si esprime in grandi fiori violacei simili a quelli di cartapesta che si usavano una volta nei festoni (copio da internet), quando dal 24 di casa mia mi affaccio alla finestra mi pare già di respirare un’aria di prosperità. Che scompare del tutto se, passo passo, si arriva al numero 335 del suddetto lunghissimo viale: qui ha sede, fin dalla fine del ‘800, l’associazione laica “Pane Quotidiano” (www.panequotidiano.eu) benemerita congrega di volontari che sfama ogni santo giorno che dio ci manda circa tremila persone del capoluogo lombardo i quali diversamente, letteralmente non avrebbero di che mangiare. Un numero che il più delle volte è pari a quello degli abitanti di un qualsiasi comune del Sulcis Iglesiente. E le due entità vanno a braccetto , oggi 23 di settembre, con lo spettacolo “Sardi in Lombardia 2012” che vede grandi protagonisti i “Tazenda” a cui apre la serata un’Ambra Pintore che ogni volta che la sento cantare mi sembra sempre più brava. Mamma figlia di emigrati siciliani in Etiopia, babbo sardo che la fa nascere a Roma è la perfetta cittadina sarda di domani: quella che sceglie di essere sarda, di sposarne le migliori “balentie”, diremmo laicamente i valori, la lingua con la quale si esprime in canzoni struggenti (ultimo CD: “Muriga”), le tradizioni che danno senso al vivere quotidiano. Quindi solidarietà agli ultimi, condivisione con le avversità che ti piovono addosso tuo malgrado: chiusura di aziende, cassa integrazione, povertà diffusa. Ci fa vedere un suo filmato delle ultime realtà targate Alcoa, Carbosulcis, Vynilis, coi lavoratori che sbattono i caschetti istoriati da quattro mori bendati, disperati sotto terra che si danno coltellate perché anche il tg1 apra in prima serata con le problematiche inerenti la loro realtà, che va sfaldandosi ai ritmi della crisi globale per definizione, quindi anonima di necessità. Iniziata , figurarsi, con il fallimento a carta straccia dei fondi immobiliari americani, giusto dietro casa nostra, eravamo nel 2007, e proseguita con l’altrettanto famosa crisi bancaria seguita da quella dei debiti sovrani. Indi per cui allo Stato italiano che aveva pagato interessi sul debito pubblico intorno al tre per cento negli ultimi vent’anni , dall’oggi al domani, “il mercato” ne ha pretesi prima cinque, poi sei e in ultimo, cacciati i vecchi governanti per manifesta incapacità ( a restituire il debito accumulato), ha attestato il famigerato spread  intorno ai 350 punti. Con che il Paese, per ora, non fallisce “come la Grecia”. Sulla politica economica di Mario Monti vi invito a leggere il blog di Don Mario Farinella, che di mestiere è prete di santa romana chiesa ( volutamente minuscolo): “Solo i poveri devono rispettare le regole del mercato, perché essi sono indispensabili al mantenimento del “bene comune”. Infatti, Monti non ha messo nessuna tassa ai ricchi, ma ha picchiato duro sul reddito fisso, sul lavoro e sulle pensioni. E’ l’equità del cattolico Monti! Chissà chi lo confessa! La sora Fornero, alla quale non si sa chi ha dato la patente di docente, dice con finta ingenuità che “il lavoro non è un diritto, ma bisogna meritarselo”: alla malora l’art. 1 della Costituzione che dichiara “il lavoro, fondamento della Repubblica”. Fondamento, sora ministra, non merito per bontà sua! Codesta figura degradante è il punto più basso in cui è caduta la nazione…”. A mio avviso, ineccepibile! E poi dicono che, chissà perché, aumentano le propensioni di voto ai partiti indipendentisti sardi!  Comunque sia a mettere su lo spettacolo milanese è stato, come nei dieci anni precedenti, il consigliere regionale della Lombardia Stefano Maullu, del partito berlusconiano a cui fa capo qui in terra padana Roberto Formigoni che governa, complice la lombardissima lega i cui scopi i Trota e i Belsito hanno fatto conoscere sino in fondo agli italiani tutti, con una qualche propensione di troppo a devolvere soldi pubblici verso ospedali privati che, per ringraziare, pagavano profumate tangenti in milioni di euro, ad amici del suddetto governatore ( amici che per ora soggiornano nelle patrie galere, in attesa di giudizio). Dal che le previsioni di voto per gli indipendentisti padani soffrono della vertigine del precipizio. Stefano Maullu oggi si presenta in jeans e, diversamente dal solito, non c’è un politico che è uno a fargli da corte bandita. Benissimo, che forse la platea, pur armata di sole bandierine plastificate dei quattro mori che sapete, forse non avrebbe gradito. Gli è che se a parlare di questi nostri connazionali che sono alla disperazione pura arriva gente che guadagna in un mese quello che loro non portano a casa in un anno, comincia davvero a saltare quella coesione sociale tanto cara ai governanti di qualsiasi paese. Il “Dal Verme” di Milano è esaurito in ogni ordine di posti. Apre Ambra Pintore che ricorda le sue origini meticce , canta anche una canzone in lingua somala (Bogoroda meskin), due in sardo (In altu mare e Ispagna, in tutte e due la mano di Pino Martini Obinu presente sul palco con la sua chitarra) una in napoletano (Jammo Ja),  dice delle condizioni disperate dei sardi sulcitani e del suo “fidanzato” di Castellanza che forse un giorno sposerà, chiude anche coi Tazenda con “No potho reposare” che avrebbe fatto piangere perfino Andrea Parodi. I Tazenda sono una forza della natura, continuano a sfornare dischi che pure vendono bene. Inoltre hanno nel loro repertorio quattro o cinque canzoni-bomba. Di quelle che basta accennare il ritornello perchè le cantino a memoria tutti( o quasi) quelli del pubblico, già osannante di per sé. E sono”Pitzinos in sa gherra”, “Spuntala luna dal monte”,  e “Carrasecare” e via dicendo. Col caschetto giallo in testa dei lavoratori l’alluminio:  “Procura de moderare”, e capite che viene giù la sala dagli applausi, con uno sventolio di bandiere sarde che mozza il fiato dall’emozione. Evidente che qui siano tutti solidali, ognuno di questi cosiddetti emigrati ha parenti in Sardegna, conosce perfettamente il grado di disperazione che lì  va montando ogni giorno che passa. Ogni giorno che la politica si dimostra impotente a determinare un qualche sblocco della situazione. Che sia diversa dalla cassa integrazione che  farebbe solamente spostare i problemi di qualche mese. Certo che occorre smetterla con l’assistenzialismo, per cui ogni impresa deve reggersi economicamente nel mercato globale. Quello che non si capisce è perché, visto che parliamo da Milano, soldi statali, quindi di tutti noi, debbano essere elargiti, che so, alla Scala o al Corriere della Sera, che diversamente non starebbero in piedi da soli. E figuratevi se io sono per risparmiare sulla cultura di una nazione in senso lato! Ma sono anche perché una nazione si interroghi, e dia risposte, sulla situazione di disagio oggettivo di una sua regione costretta a pagare l’energia elettrica il trenta per cento in più di quanto costi nella penisola. Delle due l’una: o in questa regione non si fa industria di sorta, specie quella che ha costi energetici alti, leggi alluminio, o in qualche misura la fiscalità generale si fa carico del problema. O la politica tutta disegna percorsi fattibili perchè la popolazione di detta regione possa sostentarsi non dico coi redditi di un consigliere regionale, sardo o lombardo che sia, ma almeno con quelli che ti permettono una vita di onesta sussistenza.   Se la classe cosiddetta dirigente non ce la fa a disegnare un tale percorso deve fare un passo indietro. E i consiglieri d’ogni fazione e colore ritornino, come i loro corregionali, a fare i mestieri che ci sono, se ce ne sono. Che visto gli ultimi scorci di denaro pubblico dilapidato nella Regione Lazio per gruppi consiliari d’ogni risma e colore, viene spontaneo pensare che una cassa integrazione a 850 euro mensili per q
ualche anno farebbe bene a molti di loro. Come dice ancora Don Farinella: “Dove è adesso il cardinale Ruini Camillo che nelle elezioni invitò a pranzo Berlusconi e Letta da Casini per fare di tutto per far vincere le elezioni alla Polverini a danno della Bonino? Dov’è il custode della morale pubblica, non ha nulla da dire? Si gradirebbe anche solo un telegramma con la parola “scusate”.

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