MARIA DOLORES DESSI' AL CIRCOLO "GENNARGENTU" DI NICHELINO PER LA GIORNATA DELLA DONNA CON LA SUA OPERA "DONNE E BAMBINI NELL'EPOPEA MINERARIA SARDA"


di Bruna Murgia

Nelle parole del presidente del circolo, Salvatore Fois, degli assessori del Comune di Nichelino, Carmen Bonino e Alessandro Azzolina, il pensiero e la riflessione iniziale sulla Giornata Internazionale della donna si concretizza nell’opportunità per ribadire all’unisono che, nonostante l’evoluzione storica che ha caratterizzato il lungo percorso fatto dalle donne in relazione al riconoscimento dei propri diritti in Italia e in Europa, che attualmente si esplica anche nella normativa sull’ampliamento delle “quote rosa”, non basta a garantire una maggiore presenza di esse nell’amministrazione della Cosa Pubblica e ai vertici aziendali, più in generale, e più semplicemente, occorrerebbe essere convinti, tutti, della necessità che donne e uomini mettano in “compartecipazione le proprie risorse, competenze, valori e passioni” in un unico universo in cui “nessuno è metà dell’altro”: insieme, semplicemente e concretamente, per far di più e meglio.

I dati sulla violenza alle donne dei primi mesi dell’anno, riportati dall’assessore Bonino, raggelano i presenti e riflettono aspetti socio culturali in cui si muovono fantasmi del passato e del presente, che relegano la donna a funzioni di oggetto posseduto in cui si innescano considerazioni altre che, per la loro complessità di analisi, richiamano l’attenzione su problematiche afferenti alla sfera emozionale e comportamentale più profonda. Le considerazioni dell’assessore Azzolina aprono ad un esame più ampio. I diritti delle donne in Italia, in Europa, sul piano normativo sono da considerarsi: “ modello culturale per il resto del mondo riguardo alla tutela della salute e la salubrità degli ambienti di lavoro, ai riconoscimenti di permessi ai genitori per la tutela della famiglia; nei fatti, però, ancora oggi, non riconosce pienamente alle donne il diritto di essere madri. Essa è ancora ricattabile dai contratti in bianco che costringe ancora molte donne a nascondere la propria gravidanza per non perdere il lavoro. In Italia una donna su quattro non ha un lavoro e una su tre perde l’impiego dopo il primo figlio”. La consapevolezza di trovarsi di fronte ad una strada in salita in tema di riconoscimento dei diritti che tuteli le specificità delle donne, apre al ricordo toccante di Rossella Urru, la cooperante di Samugheo (OR) rapita il 22 ottobre 2011 in un accampamento Saraharawi nei pressi di Tinduf, nel sud dell’Algeria assieme ad altri due cooperanti spagnoli, del presidente Fois e degli assessori Bonino e Azzolina, è stato approfondito dalla giovane componente del Direttivo del Circolo, Barbara Serra, con la descrizione delle sue caratteristiche e il suo profilo di donna che ha scelto di anteporre a sé i bisogni dell’altro e di adoperarsi per migliorarne le condizioni socio-culturali. È una donna l’ospite di oggi che porta ai presenti il saluto della Terra lontana, ma costantemente viva nell’operato dei sardi emigrati. Maria Dolores Dessì, ricercatrice, storica e insegnante, porta agli astanti il risultato di uno dei suoi lavori più importanti: il compito delle donne e dei bambini nelle miniere del Basso Sulcis Iglesiente. Donne che hanno supplito, per buona parte, alla carenza di mano d’opera maschile nel XIX secolo e per una parte del XX secolo. Donne che hanno lavorato fuori delle miniere col compito di “sorveglianza ai crivelli nelle laverie meccaniche e della mondatura delle casse dove erano deposti i minerali”, per “ un salario che variava da 40 centesimi a una lira e mezzo”. Nel 1880 esse rappresentavano circa il 49 % della manodopera complessiva in cui erano presenti molti adolescenti di sesso maschile e femminile. Un lavoro accurato e preciso per uno stipendio inferiore a quello degli uomini che lavoravano nelle viscere della terra.

Le considerazioni di natura statistica della professoressa M. Dolores Dessì lasciano spazio alle attente valutazioni sul piano socio culturale e su quanto hanno inciso i comportamenti di quelle donne lavoratrici e madri, che partecipavano attivamente all’economia della famiglia. Negli anni in cui si doveva lavorare per “avere un pezzo di pane che non sapesse di sale” l’operato delle donne è basilare per l’economia famigliare. Il Sulcis Iglesiente, da sempre considerato un’isola nell’isola per le caratteristiche del territorio in cui si sono sviluppati diversi poli industriali nell’estrazione dell’argento e dello zinco, ma anche del legname indispensabile alla costruzione della rete ferroviaria del Nord Italia, oggi si presenta come un pezzo di terra da tutelare in cui sono da consolidare investimenti che restituiscano la speranza concreta di continuare ad avere un lavoro per gli operai del polo chimico industriale. Ma è delle donne, di quelle donne di miniera che hanno contribuito notevolmente al riconoscimento dei bisogni e dei diritti delle lavoratrici madri e che si concretizzano negli ideali del socialismo di quegli anni, che Maria Dolores Dessì è venuta a parlarci. Il percorso delle rivendicazioni femminili delle donne di miniera va di pari passo con il riconoscimento dei diritti degli operai del sottosuolo, diviso per normativa dal suolo esterno e per questo tutelato e considerato in modo diverso, anche perché diversi erano gli interessi e i proprietari. Sono giorni lontani eppur così presenti nella certosina ricerca dell’autrice in cui sono trattate le evoluzioni storiche delle conquiste delle donne, conquiste da rapportare alle “pagine bianche” compilate all’occorrenza da datori di lavoro senza scrupoli, diritti di cui già: “Francesco Cocco Ortu, relatore al primo disegno della legge del 1905, aveva dichiarato che lo Stato doveva contribuire all’assistenza delle puerpere escluse dal lavoro, oltre che per motivi umani anche per tutelare l’interesse collettivo e lo stesso Ministro del Consiglio, Sonnino, nonché il Ministro dell’Agricoltura Luzzati, e il ministro del Tesoro, Vicini, aveva assicurato il concorso economico dello Stato…”, si faceva latore e difensore.  

Il dibattito che ne segue chiama in causa anche la Sardegna, in quanto Regione a Statuto Speciale, e ci si interroga su quali siano le forze da mettere in campo per impedire che tante giovani donne e ragazzi lascino la propria Terra per andare a cercare un futuro altrove, per quanto precario e povero di diritti ovunque in Italia. Di certo gli astanti sanno che occorre una presenza maggiore dello Stato, ma anche di tutte le altre Agenzie educative e formative presenti nei territori diversificati, idonea a tutelare i diritti e a garantire il rispetto di ognuno in quanto persona; perché le donne sono figlie, madri e nonne nella nostra società ed è questo che ogni donna auspica di poter cogliere nel profumo delle mimose degli anni che verranno e, a breve, di veder risplendere il sorriso della giovane Rossella, e di tutti gli altri prigionieri dell’irrazionalità umana, tra le braccia dei propri cari.   

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