ROSSELLA URRU: ANNUNCI E SMENTITE NON DEVONO ASSOLUTAMENTE FERMARE LA MOBILITAZIONE

ribelli Tuareg in Malì, il territorio del presunto rilascio della nostra Rossella Urru


di Ottavio Olita

In poche ore i familiari di Rossella Urru sono passati dall’immensa gioia dell’annuncio della liberazione della ragazza, alla più brutale disillusione, derivata prima dai silenzi ufficiali, poi dalla smentita da parte di fonti giornalistiche. Ora vivono, impauriti, interminabili ore d’ansia.  Poco prima del mezzogiorno di sabato una fonte giornalistica della Mauritania, subito ripresa da Al Jazeera, annunciava che Rossella, insieme con un militare mauritano, era stata scambiata con un militante di Al Qaeda. Festosi e strombazzanti cortei d’auto a Samugheo, il paese dell’oristanese in cui Rossella è nata e in cui vivono i genitori e i due fratelli. Anche la Questura di Oristano sembra che confermi la notizia.
Passano meno di due ore. Margherita Boniver, inviata speciale della Farnesina, che 48 prima aveva concluso una missione, proprio in Mauritania, per favorire la liberazione di Rossella, raggiunta al telefono da vari giornalisti dice di non saperne nulla. L’unità di crisi del Ministero degli Esteri tace. Anche il console onorario d’Italia in Mali afferma di non essere informato dell’esistenza di novità.
Nel pomeriggio, a gelare le prime speranze, si aggiunge una notizia battuta da France Press. Non solo viene smentita l’avvenuta liberazione, ma si afferma che i sequestratori, per liberare Rossella e i suoi due colleghi spagnoli rapiti con lei, chiedono 30 milioni di euro o di dollari. Mentre le fonti private di molte testate giornalistiche continuano a ricevere conferme dell’avvenuta liberazione, il sito Sahara Media smentisce che ci sia stato lo scambio tra prigionieri di cui si era parlato meno di dodici ore prima.
La confusione è totale ed alimenta i sospetti su quanto sta accadendo. Il principale è che la banda responsabile del rapimento avrebbe realmente liberato Rossella consegnandola ad un mediatore che, una volta inseritosi nell’operazione, si sarebbe ritagliato un proprio ruolo con richieste aggiuntive. E su questo sarebbe stata aperta una seconda fase di trattativa. Esistono anche altre versioni, ma è inutile starle ad inseguire perché la dietrologia, in questo dramma, è l’ultimo degli esercizi da praticare.
Quel che appare incontrovertibile è che si sta vivendo una delle fasi più delicate della vicenda e la cosa migliore che si può fare è non intralciare in alcun modo l’egregio lavoro fin qui svolto dall’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri. Nell’attesa bisogna continuare a tenere viva quella grande mobilitazione di cittadini, di operai, di parrocchie, di studenti e insegnanti, di enti locali che è riuscita a squarciare la cortina di silenzio che era calata sul rapimento.

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