MARIO MONTI ALL'UNIVERSITA' DI PAVIA NELLA "GIORNATA PAOLO BIFFI": ATTUALITA' DI QUEL DISCORSO DEL 1993

il Presidente del Consiglio Mario Monti


di Paolo Pulina

Riordinando vecchie carte, ho ritrovato gli appunti relativi a un discorso tenuto da Mario Monti, allora rettore dell’Università Bocconi, nel corso di una iniziativa di studio su Paolo Baffi (Broni, PV,  1911 – Roma, 1989)  che si svolse il 13 febbraio 1993 presso l’Aula Foscoliana dell’Università di Pavia, in occa­sione della “Giornata Paolo Baffi”, promossa dal Rotary Club Oltrepò.

Baffi dal 1960 al 1975 fu Direttore Generale della Banca d’Italia, di cui fu nominato  Governatore  nel 1975; preferì dimettersi dall’incarico di Governatore nel 1979, cedendo il posto a Carlo Azeglio Ciampi, in seguito alle accuse (ben presto rivelatesi assolutamente infondate) che gli erano state rivolte di essere implicato in uno scandalo riguardante il settore edilizio.

Nel suo intervento al convegno pavese del 1993, il prof. Monti sottolineò il fatto che Baffi  mantenne sempre viva l’attenzione ai problemi della solidarietà sociale, cioè della tu­tela che lo Stato deve realizzare del tenore di vi­ta delle fasce economicamente più deboli.

L’argomento della tesi di laurea dell’allora studente bronese fu, all’Università Bocconi, nel 1932, “La profonda depressione economica mondiale”. Nello stesso anno, in seguito a un soggiorno di studi a Londra – notò Monti –, Baffi era rimasto particolarmente col­pito sia dalla vista dei minatori gallesi senza la­voro che, in fila indiana, cantando nenie melanconiche, chiedevano un penny,  sia dallo spetta­colo delle navi in disarmo e delle gru inattive.

Monti, in ogni caso, che su questo punto provò a farsi interprete delle valutazioni che avrebbe potuto fare Baffi, sostenne che l’unico modo corretto per intervenire a favore dei ceti meno garantiti è quello di agire sul prelievo fiscale. È un inganno, invece – argomentò Monti –, una solidarietà sociale che prema sul pedale del disavanzo pubblico (lascia­ndo quindi alle generazioni future l’onere del riequilibrio) e su quello della pratica di prezzi poli­tici in materia di servizi.

Ai miei appunti, umanisticamente centrati sulla figura umana  dell’illustre economista bronese, sulle sue “radici”, grazie a Internet (dato che l’intervento di Monti ebbe anche eco nei giornali nazionali), è possibile aggiungere le –  sicuramente oggi interessanti – considerazioni professionali del rettore della Bocconi riguardo all’analisi del Governatore d’Italia (sosteneva Baffi: “Dal 1971 l’ intenzione di risparmio delle famiglie italiane viene tradita dalle amministrazioni pubbliche”).

Monti definì senza mezzi termini “tradimento” questo circolo vizioso in corso ininterrottamente da oltre 20 anni nel nostro Paese: “Le famiglie accumulano, l’amministrazione pubblica dilapida”. E con un’immagine letteraria: “Come i topi nella favola di Andersen, il risparmio delle famiglie italiane viene attratto dagli alti tassi di interesse, ma finisce nel mare del consumo”.

Parlando del rapporto tra il risparmio e il settore pubblico, Monti sottolineò che il “tradimento”  si chiama disavanzo corrente: “Il disavanzo pubblico corrente dovrebbe essere azzerato e se deve esserci deve essere giustificato da spese destinate agli investimenti”. La situazione italiana – ricordò –   non ha confronti con il resto dei Paesi più industrializzati, ma soprattutto costituisce un “gioco che,  se fatto a tassi di interesse reali superiori a zero,  si chiama irresponsabilità finanziaria. In Italia il disavanzo pubblico assorbe il 38% del risparmio privato, rispetto al 12% dei Paesi del Sistema monetario europeo”.

Quello che è chiaro, anche a un non esperto di economia, è che il serio e rigoroso Professor Monti, oggi premier, non ha “tradito” le sue rigorose idee “baffiane” espresse a Pavia vent’anni fa. 

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