AL CIRCOLO DEI LETTORI DI TORINO, LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO "MILLE LIRE" DI BRUNA MURGIA

nella foto, Bruna Murgia


di Maria Grazia Montalcini

Nella suggestiva cornice del Circolo dei Lettori, nel Palazzo della Roccia della Torino Barocca del ‘700, Donatella Garitta, direttrice dell’Associazione Carta e Penna, ha introdotto la presentazione di “Mille lire” di Bruna Murgia.

Una chiacchierata fra amici un po’ speciali, che amano la buona lettura e discorrere con gli autori, animata dalla stessa Garitta e da Fulvio Ferrero, relatore dell’evento, che ha letto e commentato alcune parti del romanzo dell’autrice sarda. Una testimonianza autentica di uno spaccato sociale in cui i protagonisti si muovono nell’apparente immutabilità degli avvenimenti. Personaggi che assomigliano alla Terra in cui vivono, ingannati e derubati del passato, ma non della volontà di ricostruirsi un presente e un futuro. Donne tradite, violate e private della propria femminilità, ma capaci di guardare in modo schietto alla realtà che le circonda e affrontarla con tenacia.

In una società perbenista e superficiale, abituata a giudicare e a fermarsi alle apparenze, le protagoniste femminili del romanzo riescono ad emergere e a guardare nella profondità della dimensione in cui vivono per riscoprirne e rivalutarne gli eventi.  Nella mal celata ipocrisia e nella crudeltà di alcuni, nella bontà silente, ma concreta, di altri,  Lisa e Veronica diventano grandi e osservano il loro padre, ripiegato su se stesso, incapace di diventare adulto. Guardano alla madre, Sara, che poco alla volta, con fatica, si ribella alla insensibilità del marito, che la tradisce, la usa per realizzare la propria indipendenza, e comprende che l’amore, datole da costui, non è quello che vuole, riesce a guardare alle convenzioni in cui è cresciuta e ritrovare in se stessa la donna e la madre che, invece, desidera essere.

L’autrice parla dei protagonisti del suo romanzo e li paragona ai frutti di un grande albero,  che ha radici profonde e rami robusti in cui ogni foglia rappresenta un progetto da realizzare, ogni gemma un seme da coltivare. I vecchi che lasciano il passato ai giovani, affinché si rinnovi nel presente, nella giustizia e nell’equità, nella medesima dimensione temporale. Veronica, che l’autrice paragona ad una foglia di quel grande albero, rappresenta la continuità che ingloba passato, presente e futuro: senza rinnegare nulla. “Mille lire” è un romanzo ben scritto e fortemente icastico nel quale si leggono spunti autobiografici che l’autrice racconta senza alcun giudizio morale, costruisce un intreccio convincente e al lettore pare di vivere, sentire ed ascoltare la voce della gente di quella parte della Sardegna di cui si parla poco: il Sulcis Iglesiente.

Gli interventi del pubblico, numeroso e attento, hanno stimolato il dibattito sull’importanza della lettura e dei pomeriggi come questo, in compagnia di persone che, in questo caso, la Sardegna non l’hanno neppure mai vista, ma ne apprezzano la storia e la letteratura. Un libro, in fondo, è come una valigia che ognuno porta con sé quando parte per un viaggio e la riporta a casa, arricchita di contenuti che non conosceva prima di partire. Quando uno dei presenti chiede alla scrittrice cosa si augura per il suo libro, lei risponde con semplicità. Vorrebbe che il suo romanzo trovasse: “Uno spazio nella testa dei lettori, un angolino in cui conservare anche solo una piccolissima parte di ciò che scrivo…lo spazio della mente. È per questo che ho dedicato il romanzo a chiunque sa riconoscere nell’altro una piccola parte di sé…”.

Immancabile la domanda sulla singolarità dei sardi a cui Bruna risponde: “Non ho una risposta standard che può andar bene per tutti, di me posso dire che sono nata in una Terra di silenzio, e nel silenzio è stato, ed è più facile, percepire e comprendere la realtà che mi circondava e mi circonda; mi è congeniale per trovare il tempo per riflettere e progettare cosa voglio essere. Questo, forse, ma non solo, in linea generale, mi consente di conservare la mia identità ovunque, che implica, anche, riconoscere in me quella parte che mi accomuna a tutti gli altri esseri umani della Terra”.

Il pubblico vuole sapere come nasce una storia, come la comincia, se ha altri progetti per il futuro prossimo: “Le mie storie nascono da immagini che mi danno emozioni, ma non le scrivo subito. Restano a lungo nella mia mente. Poi, quasi inconsapevolmente, in un dato momento assumono dimensioni concrete nella memoria del mio p c e restano lì a lungo, finché non provo il desiderio di farle leggere ad altri…ho già scritto un altro romanzo…”.

Il pomeriggio si è concluso con un momento conviviale e si è continuato a parlare di progetti letterari e delle iniziative che l’Associazione Carta e Penna realizza a favore della ricerca per le malattie rare, nello specifico quella scoperta da Prader Willi.

 

 

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