IL "CACCIATORE" DI ALLENATORI! IL PADRE PADRONE MASSIMO CELLINO

Roberto Donadoni è orami un ex allenatore del Cagliari

Roberto Donadoni è orami un ex allenatore del Cagliari


di Natalino Piras

Una minima tregua agostana. Parliamo del cacciatore di allenatori, Massimo Cellino. Come sardo, come uno della moltitudine da calcio parlato, ahimè senza premium tv,   che il tifo lo condivide tra “Bittese”, Juventus, nazionale azzurra e, non solo dovere di patria: Casteddu.  Una volta, tanto tempo fa, in un bel’articolo di un giornale del lunedì, qualcuno scrisse che con un presidente come Cellino il “Cagliari” non sarebbe mai andato avanti. Aveva ragione. Non fai a tempo a credere nei moduli di gioco, nel ruolo, nella capacità di salvezza  e subito ecco che arriva lui: questo giocatore lo vendiamo, questo allenatore che pure ha saputo ottenere risultati lo cacciamo. Dicono che tutto sia tranne che umoralità: c’è la logica del calcolo, dell’investimento, del far lievitare il valore del pezzo pregiato acquistato al prezzo di brocco nelle svendite, insomma nell’investire. Tutto questo passando sopra  la passione e il tifo della moltitudine sinceramente legata ai colori rossoblu, al “Cagliari” come nomen, al mito di Gigi Riva. Ci sarebbe da essere grati a Cellino: non è come tanti presidenti che pur di dare circenses ai propri affamati clientes  spendono e spandono oltre il dovuto. Ma a guardarlo bene questo Cellino Massimo produttore di pasta, peraltro di buona qualità, si vede che anche lui pensa prima di tutto al proprio personale tornaconto. Il gioco di squadra non serve al mito del “Cagliari” ma alla logica dell’industria dove se sei funzionale alla catena di montaggio vali, se sei brocco vieni scartato. Che è poi quanto il caro vecchio Marx osservava nel farsi e disfarsi della rivoluzione industriale. Viene in mente un grande film di un grande regista, Non si uccidono così anche i cavalli ? di Sidney Pollack.  Il film, tratto dall’omonimo romanzo (1935)  di Horace Mc Coy è del 1969, un anno prima dello scudetto del Cagliaridinnoi, ma è ambientato nell’America della grande depressione, dopo il crollo di Wall Street,  quella tanto simile al nostro oggi, quella di Furore di John Steinbeck e John Ford. C’è chi sfrutta a proprio tornaconto le maratone di ballo fatte diventare un estenuante e crudele spettacolo. “Coppie di disperati senza lavoro ballano per giorni interi attratti, ancor prima che dal premio in denaro a chi resisterà di più, dalla semplice possibilità di avere almeno il vitto assicurato per qualche tempo”. Tale sembra la sorte dei giocatori e di una infinita teoria di allenatori  del “Cagliari” celliniano. Certo non per vile moneta o solu pro sa entre come era nel contratto dei bambini-pastori che andavano sotto padrone a neppure dieci anni compiuti. Resta il fatto  che con il cacciatore il Cagliaridinnoi  è da quasi mezzo secolo, a zero tituli. E nois cascanne, sbadigli d’inedia e di tedio. O, per dirla come Remunnu ‘e Locu e riprendendo il film di Pollack: su caddu mortu it e mortu abbarrat.  

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Un commento

  1. Ben(iamino) Ghiani (Peschiera Borromeo)

    Grande articolo caro Max, costui non mi ha mai convinto ne incantato. sarebbe ora di cacciare anche lui.

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