IL MEETING SUI GIOVANI EMIGRATI E' RIMASTO SENZA ECO: SULL'INCONTRO DI CHIA, LA SINDROME DELL'ARTO FANTASMA

giovani emigrati al Meeting in Sardegna

giovani emigrati al Meeting in Sardegna


di Vitale Scanu

Il meeting internazionale dei giovani discendenti di emigrati sardi svoltosi a Chia dal 23 al 26 giugno scorso per iniziativa e merito della Regione, è uno di quei momenti forti in cui maggiormente emergono e si sottolineano, assieme alla nostra identità, le prospettive e i desiderata per il futuro; un’occasione “dove chiunque è stato per un attimo protagonista, raccontando la propria vita da emigrato o figlio di emigrato e riuscendo con semplicità ad avere un interlocutore capace di capire e condividere. La speranza è che il profondo bisogno di aggregazione manifestato a Chia non si spenga”,  dice Elena Figus (TiP, luglio 2011). E’ bello tutto questo. Ogni manifestazione che celebra la nostra identità – convegni, letteratura, musica, danza, arte, poesia, usanze, costumi, lingua… – è preziosa per il continuo recupero dell’attaccamento alla nostra terra. Sono iniezioni massicce di amalgama e senso di appartenenza a un unico popolo. L’identità etnica non esiste, dice qualcuno, perché tutto è sempre in mutazione. E’ vero solo in parte. Sì, tutti cambiamo continuamente, ma “tutti noi siamo la cellula primitiva (identità genetica), esattamente come io sono lo stesso che ero trent’anni fa” (K. Popper). E i popoli hanno gli stessi meccanismi di evoluzione di ogni singolo di noi: sempre diversi, ma sempre uguali a se stessi, come il fiume senza tempo di Siddharta. Ogni popolo ha la sua individualità, unica e irripetibile, che sempre si arricchisce nel tempo. Noi Sardi, originati da una primitiva matrice nuragica, da essa abbiamo l’imprint, l’identità, la memoria, in una continuità genetica mai interrotta: siamo i depositari e i continuatori esclusivi di un’esperienza millenaria tutta nostra, che non dobbiamo disperdere, ma arricchire e tramandare per dare un futuro alla memoria. E’ una fortuna possedere quella peculiarità che anche Cicerone ci riconosce: “La Sardegna ha qualcosa di speciale che le permette di ricordare le antiche memorie”. La passione ostinata con cui ripetiamo all’infinito la nostra arte, la nostra musica, le nostre danze, i costumi ancestrali, la lingua… sono garanzia che la nostra identità sarda non è morta e non finirà.  Qualche altro studioso teme che anche la nostra identità etnica si vada globalizzando, con esiziali intrusioni e bastardumi nel territorio della nostra identità. Ma la nostra terra ci rinnova sempre. Come la Sardegna dà colori e sapori speciali ai suoi frutti, così darà sempre un sigillo speciale ed esclusivo a coloro che nascono da essa, che vengono per sempre marchiati come suoi figli. I sardi emigrati d’oltremare sono particolarmente sensibili a questi temi, evidenziando i valori positivi della sardità. La pulsione dell’identità sfidata, in un ambiente alieno, strappata dalle radici e costretta a lasciare la propria terra, messa alla prova da altri habitat culturali, diventa fortissima. «Posso dirlo senza vergognarmi? Avevo nostalgia della mia terra, della Sardegna. Qualcosa di struggente, di profondo: non ho mai pianto ma ci sono andata molto vicino”, dice la dott.ssa Barbara Melis (US, 17 luglio 2011) che rientra in Sardegna con in tasca una laurea in chirurgia di prestigio mondiale. Rientrata in Sardegna per nostalgia! Tanto si potrebbe argomentare, da diversi punti di vista, su questa assemblea di gioventù sarda di Chia, chiamata a dare il turn over agli storici attori e testimoni della nostra emigrazione. Mi piace sottolinearne una: l’informazione insufficiente che ne è seguita. A parte i fortunati che han potuto clicare sulla rete web del Tottus in Pari e del Messaggero online, poco altro, anzi niente. Dai laboratori culturali ufficiali della FASI neppure una parola. E’ in queste occasioni, come lo sarà, temo, per il prossimo congresso federale, che maggiormente si percepisce la carenza di un contenitore cartaceo adeguato, dove riversare gli avvenimenti, le impressioni, i dibattiti, i confronti, le testimonianze, le lettere, le tradizioni, le speranze, l’arte e la poesia, la lingua, lo sport, tutto quanto celebra la nostra riconosciuta identità. Non c’è niente, meglio di uno strumento cartaceo, ancora meglio se una rivista, che possa realizzare tutto questo. L’informazione elettronica è insufficiente, è più “volatile” della carta (scripta manent), più laboriosa da consultare, meno diffusiva nelle notizie, di minor risonanza e circolazione tra i sardi emigrati e quelli “metropolitani”… Una moderna rivista specializzata, secondo me, sarebbe il mezzo più idoneo: la rivista si trova nel tinello e nella credenza di cucina, la sfoglia la mamma dopo d’aver rigovernato in cucina o sprimacciato in stanza da letto, la legge il nonno sul divano, la controllano i nostri ragazzi e i loro amici, la legge con interesse il papà dopo cena, la si può prestare ai vicini, la si può consultare quando si vuole… E’ sempre a portata di mano, senza bisogno di cliccare alcunché. Peccato per il meeting internazionale di Chia, rimasto senza eco! Noi emigrati siamo un popolo senza voce.

La diatriba tra il presidente della FASI Tonino Mulas e la Cooperativa che stampa il Messaggero (cf Anno I, giugno 2011), è un mulinello che si avvita su stesso: non si avanza di un millimetro. E non si capisce che cosa si pretenda se niente si muove nel campo dell’informazione, o se ci si infila in budelli ciechi mediatici di sperimentata inutilità. Non si ha la fantasia per spezzare il cerchio e studiare un mezzo cartaceo innovativo, moderno e realistico per calamitare e amalgamare tutta quella grossa realtà che si chiama disterru, realtà che a me piace convogliare nell’espressione di “provincia sarda d’oltremare”.  Pretendere risultati concreti in questo poco rallegrante contesto, senza un mezzo informativo adeguato, è come voler realizzare obiettivi con la sindrome dell’arto fantasma. Buona volontà sì, illusione di agire sì; ma obiettivi concreti zero. Come un “volar senz’ali”.

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2 commenti

  1. Alexandra Porcu (Berlino)

    ciao, ho letto solo adesso il numero 352 di Luglio… comunque, complimenti, ci sono veramente dei bei articoli che riguardano l’incontro a Chia. soprattutto la pagina 5 (l’ultimo paragrafo) perché riporta tutto che ho detto durante la discussione e che poi è stato dimenticato e messo a parte… e il bla bla… ma proprio quello è il problema che stavo accennando. A quanto pare sei stato l’unico a percepirlo… bho. comunque, avanti così, grazie, Alexandra

  2. Grazie, Alexandra, per il tuo apprezzamento. Hai ragione, bisogna andare comunque avanti. E’ necessario informare, informare, informare, se no è tutto inutile. Ma senza un mezzo adeguato a diffusione capillare, come si fa? Certamente non sono adeguati i soli mezzi elettronici. Passa parola sull’argomento. Chia è stato un sogno, che rischia di morire come gli altri. Il modo migliore per realizzarlo è quello di svegliarsi. Ciao. Auguri di cuore. Vitale

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