I PERICOLI DELLA POESIA A PAGAMENTO: SELEZIONARE EDITORI E CONCORSI


di Cristoforo Puddu

 

La poesia, in considerazione delle rare sillogi presenti nelle diverse classifiche di vendita delle opere editoriali, conta certamente un limitato numero di appassionati lettori. E’ evidente che il gusto e consumo-acquisto letterario segue principalmente la direzione della prosa (romanzi, saggi), relegando così la poesia ad una collocazione secondaria. In contrapposizione è invece sorprendente il numero di cultori-scrittori che si “avventurano” ad inseguire allori nell’infinita miriade di concorsi letterari e pseudo-letterari, a carattere nazionale ed internazionale, sborsando anche quote gravose per tasse di lettura, di segreteria, di rappresentanza e trofeo-attestato garantito.  E ancor peggio il fenomeno dei tanti “ingenui” versificatori nostrani (d’altronde non siamo un popolo di santi, navigatori  e poeti?) che autofinanziano “incredibili” raccolte, alimentando delle case editrici che non porteranno mai un libro sul bancone delle librerie e ingrassano con la pubblicazione esclusiva di raccolte poetiche a pagamento e prevedono un  contratto di acquisto, talvolta per centinaia di copie, da parte dell’autore al prezzo pieno di copertina. Attenzione, dunque, anche ai nostri validi e numerosi poeti conterranei a cui consigliamo una maggiore e severa selezione partecipativa alle attività culturali “dietro compenso”; crediamo utile preferire i concorsi made Sardigna (e naturalmente le tipografie e case editrici sarde per eventuali pubblicazioni) con solide e oneste fondamenta ideali ed organizzative. In Italia, “in maniera esclusiva o prevalente”, sono attivi oltre 850 editori, con un incremento annuo costante del 10%, che si occupano di poesia e stampano annualmente oltre 2.500 volumi con tiratura media di 500/600 copie ed una illimitata quantità di sillogi editate nell’ordine di 200/100/50; queste ultime copie minime sono spesso pubblicate per essere “esibite” a livello familiare o per concorsi che richiedono la partecipazione con opere in stampa. A questa forma pura d’espressione, talvolta di qualità , il mercato del libro non offre riscontri di vendita neanche in alternativi circuiti di diffusione. Eppure tanti autori -una vera popolazione poetica che “auto-investe”- pur di vedersi pubblicato un volume e malgrado la “serietà” di tante proposte dal tono finto-accademico la dicano lunga, sono disposti a sborsare e sottoporsi a “mungitura” volontaria. Per chi ha il legittimo desiderio di soddisfare l’esigenza “poetica” (di allori o pubblicazione) non vorremo leggere, in una prefazione lautamente pagata, che l’autore rappresenta “L’incompetenza dei dilettanti ma l’entusiasmo dei semplici”. Insomma, l’equivalente di “Cornuto e mazziato!”. Naturalmente non bisogna generalizzare ma certamente segnalare le speculazioni sul “popolo dei poeti” e vigilare.

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Un commento

  1. Mariangela Ruggiu

    è un piacere affrontare quest’argomento che offre diversi temi di discussione, la poesia è un genere letterario poco coltivato, non perchè manchino le poesie ma forse perchè intorno alla poesia c’è troppo silenzio.
    Dove si parla di poesia? non ricordo un programma televisivo in cui si affronti il problema, anche le occasioni di dibattito su temi culturali vanno generalmente verso gli ultimi romanzi famosi,.
    Sembra che la poesia sia un lusso concesso a pochi eletti, e questo nonostante che poeti più o meno vocati si offrano alla lettura anche pagando la pubblicazione dei propri versi, cosa ormai accessibile, se non a tutti, sicuramente a tanti.
    Certo, ognuno ha il diritto di cercare un canale di comunicazione, fermo restando che la carriera di poeta non si prospetta molto redditizia, ma riempire gli scaffali di libri che saranno comunque ignorati non rende un buon servizio alla cultura e alla poesia.
    Potrei scrivere il libro più bello del mondo, ma se nessuno lo conosce e lo legge è come non averlo scritto.

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