TRASPORTI: LA REGIONE SARDEGNA DIVENTA "ARMATRICE". RIMANGONO PERO' LE INCOGNITE PER IL FUTURO E LA MANCANZA DI UN PIANO INDUSTRIALE


di Roberto Scema

Lo chiamano tutti “caro traghetti”, con una formula sintetica che dovrebbe servire ad essere compresa facilmente da tutti. In realtà risulta persino riduttiva rispetto a ciò che è accaduto: le tariffe per il 2011 da e per la Sardegna sono aumentate in media del 66%, con punte addirittura del 100%, tanto da risultare difficilmente praticabili per tante e tante persone che progettavano di spostarsi nell’isola durante i mesi estivi.

E sinceramente, dopo il caos sulla continuità territoriale aerea, non si sentiva davvero il bisogno dell’apertura di questo nuovo fronte. Il motivo è da ricercarsi, a sentire gli armatori, nell’aumento dei costi a loro carico, in primis quello dei carburanti. Aldilà della validità delle motivazioni addotte (non pare certo sufficiente il solo aumento del prezzo del gasolio), gli aumenti erano noti oramai da mesi, denunciati già da gennaio, tra gli altri, dalla rivista “Altroconsumo” che aveva evidenziato con chiarezza quanto stava avvenendo. Ma fino a quando tutto ciò non si è tradotto in un tracollo delle prenotazioni, la politica e le istituzioni hanno “dormito”. A denunciare l’inerzia ora non è soltanto l’opposizione o i soliti sindacati brontoloni. Sul banco dell’accusa è salita infatti Confindustria che in una nota ha sottolineato come si sia dovuti arrivati al mese di aprile per cominciare a “a dover fronteggiare una situazione di emergenza nella quale l’aumento delle tariffe è esploso creando difficoltà all’intero sistema economico regionale”.  Nella sostanza, dice Confindustria, “sui trasporti sono stati sottovalutati gli allarmi che provenivano dalle organizzazioni imprenditoriali e si è scelto di perseguire una politica attendista, nella quale hanno certamente giocato un ruolo fondamentale i continui cambiamenti negli assessorati trasporti e turismo che hanno portato agli attuali ritardi”. La strada scelta dalla Regione è stata quella di diventare “armatrice”, procedendo al nolo di traghetti che, con le insegne della Saremar, compagnia di navigazione controllata dalla Regione sarda, dovranno effettuare già questa estate (a partire dalla seconda metà di giugno) i collegamenti marittimi con la penisola. A tal fine la Regione ha indetto una gara per individuare il “broker” che fornirà le navi necessarie ad assicurare alcune rotte per il continente a prezzi competitivi. Ora la Saremar comunicherà ai broker gli standard minimi dei traghetti della futura flotta sarda, sulla base dei quali effettuare la gara internazionale: si parla di ottomila tonnellate di stazza per le navi da e per Olbia, o Golfo Aranci, e dodicimila sulla Porto Torres-Genova, con una velocità di crociera 20-22 nodi ed una portata passeggeri di 750-1700, con duemila metri lineari di garage, per trasportare auto e merci. Mistero invece sulle rotte, poiché su quelle più importanti ci potrebbero essere i maggiori problemi logistici, anche per via della presumibile ostilità degli armatori privati, che controllano le società di gestione dei principali porti e che non hanno alcun interesse a favorire l’incremento dell’offerta. Insomma, ancora troppe poche informazioni per poter fare previsioni rispetto agli effetti della iniziativa della Regione. Ed infatti non mancano le critiche. La misura, ancora secondo Confindustria, “presenta aspetti di criticità”, a cominciare dall’assenza di un piano industriale che consenta di valutare “l’efficacia e la sostenibilità economica e finanziaria” dell’intervento. Inoltre mancano garanzie su efficienza e qualità del servizio, fondamentali per evitare “un effetto boomerang”. Peraltro, rimarrebbe irrisolta ancora la vicenda della privatizzazione della Tirrenia, il problema del trasporto merci e della operatività dei porti industriali.  Polemica anche l’opposizione, la quale, pur non ponendosi “di traverso” (si è infatti limitata al voto di astensione, in occasione del dibattito in aula) ha definito l’azione della Giunta nel settore trasporti “contradditoria, improvvisata, disordinata” (il tutto testimoniato da tre cambi di assessorato in due anni) e l’intervento proposto “tardivo rispetto alla stagione attuale” e contraddittorio rispetto alle decisioni prese di recente, se si considera che erano state già approvate due delibere per privatizzare la Saremar (ancora non effettuata), la stessa compagnia oggi incaricata di svolgere una pubblica funzione. Comunque finisca la vicenda, un autentico pasticcio, nel quale, a pagare il prezzo più alto, saranno in ogni caso i sardi, sia coloro che viaggiano (e pensiamo soprattutto ai tanti emigrati che progettavano di tornare per l’estate), sia coloro che lavorano con i flussi turistici. Con una grande incognita per il futuro, anche in considerazione del fatto che, in questo caso, le strategie di centrodestra e centrosinistra differiscono nettamente: da una parte l’opposizione chiede di prevedere l’imposizione degli oneri di servizio, così come accaduto per la continuità territoriale, dall’altra il centrodestra che ritiene ciò impraticabile. E nel frattempo, le distanze tra l’isola ed il continente aumentano. 

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