"QUANDO L'ITALIA ERA TUTTA SARDEGNA": CONVEGNO IL 2 APRILE DEL CIRCOLO "QUATTRO MORI" DI LIVORNO


riferisce Antonio Deias

Presentazione: Dott. Luciano Cauli Relazione: Prof. Dott. Francesco Cesare Casula Professore Ordinario. Università di Cagliari Dipartimento di Storia

“Qual è la Storia, la nascita e lo sviluppo dello Stato oggi chiamato Repubblica Italiana?… Il Diritto parla chiaro: «L’attuale Stato italiano non è altro che l’antico Regno di Sardegna ampliato nei suoi confini». Quindi, non c’è mai stata un’unità d’Italia ma uno Stato, chiamato Regno di Sardegna, nato in Sardegna, a Cagliari-Bonaria il 19 giugno 1324, che per annessione ha incamerato dal 1848 al 1861 tutti gli Stati della Penisola italiana. Il 17 marzo del 1861, data in cui Vittorio Emanuele II di Sardegna, imbeccato dal Cavour, decise cambiargli il nome, da Regno di Sardegna a Regno d’Italia, ha inizio il “Grande Inganno” che coinvolge ed inficia non solo la storia nazionale ma tutto il modo di pensare della società oggi detta italiana. Il cambio del nome nel 1861, da Regno di Sardegna in Regno d’Italia fu, probabilmente, una cosa giusta e sensata, in quanto la maggior parte della ecumène statale era ora rappresentata dalla penisola italiana. Ciò che, invece, fu e resta ingiusto e inaccettabile è che col cambio del nome si sia cambiata anche la storia istituzionale, politica e sociale dello Stato, e che con esso cambio si sia introdotto nella società l’inganno che il binomio Italia-Penisola voglia dire Italia-Stato, ed il mito che tutto ciò che era dello Stivale prima del 1861 faccia parte da sempre di un’unica vicenda territoriale, di un unico idem sentire, di un’unica cittadinanza e nazionalità che nella sostanza tradisce il reale percorso statuale oggi detto italiano. Da quella mattina del 17 marzo 1861, infatti, la storia dello Stato non è più la storia del Regno di Sardegna, iniziato nel 1324 e pregnato per 537 anni dal sangue e dal sudore dei sardi isolani e continentali ma la storia della penisola italiana, dagli etruschi ai romani, dai longobardi ai normanni, dai veneziani, toscani, napoletani ai piemontesi. Per cui, a scuola, dove si plasma e s’indirizza la società del domani. s’insegna la battaglia di Legnano o la disfida di Barletta affatto ininfluenti nella formazione dello Stato, e non la battaglia di Lutocisterna o la battaglia di Sanluri senza le quali, oggi, non ci sarebbe quell’entità per la quale tutti noi, insulari e peninsulari, lavoriamo, preghiamo, combattiamo e paghiamo le tasse.” “Con la trasformazione del Regno di Sardegna in Regno d’Italia la nostra storia torna ad essere regionale, all’interno della più generale storia d’Italia…. Ma intanto un dato di fondo emerge, nell’arco di tempo che va da 1861 a 1948: la Questione sarda, cioè la coscienza di aver perso con la Fusione e l’Unità nazionale le possibilità di autogoverno offerto, anche se a livello più teorico che pratico, dagli Stamenti parlamentari, e la convinzione che solo con un’autonomia amministrativa si sarebbero risolti i problemi dell’Isola. Furono in molti intellettuali locali e continentali a sostenere questa tesi, con discorsi e pubblicazioni subito dopo il Risorgimento. Fra tutti Carlo Cattaneo il quale affermava: «Il parlamento (italiano) ha una sola via da prendere in faccia ai grandi interessi regionali: ordinare ogni cosa perché si possa fare; comandare che si faccia; e lasciar fare. In quanto alla Sardegna … lasciar la cura dei loro beni, dei loro adempivii, dei loro paberili e stazzi e degli altri aviti ministeri ai Sardi; farli responsabili delle loro sorti, sicché non possano più lagnarsi se non si se stessi, né apprendere a odiare adesso l’Italia, come appresero, purtroppo a odiare il Piemonte»”

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