IL "GIORNO DELLA MEMORIA" TRA RICORDO E RIFLESSIONE: PERCORSO DI TESTIMONIANZE DA ANNA A HANNAH AL CIRCOLO "SU NURAGHE" DI BIELLA


di Ludovica Pepe Diaz

Alcune letture, precedute da brevi cenni biografici di Anna Frank, David Rubinowicz, Primo Levi, Elisa Springer e Hannah Arendt, saranno interpretate dal piccolo gruppo di attori che da un po’ di tempo collabora col Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe di Biella. I brani verranno intervallati da proiezioni alternate di quadri di Marc Shagall e fotografie dei Lager, artistiche e drammatiche ma non crude. L’iniziativa è realizzata con il patrocinio delle Comunità Ebraiche di Biella, Novara, Vercelli e Verbano-Cusio-Ossola. Il Ministro degli Esteri inglese Robin Cook ha voluto designare come giorno della memoria il 27 Gennaio poiché è stato il giorno in cui una pattuglia di soldati russi ha abbattuto i cancelli del campo di sterminio nazista di Aushcwitz, scoprendo così lo spaventoso progetto di morte, (detto “soluzione finale”) rispetto agli Ebrei di tutta Europa ed ad altri gruppi di minoranze invisi al regime, quali i Rom, gli omosessuali, i Testimoni di Geova e quanti vi si opponevano in ogni modo, oltre agli stessi prigionieri di guerra, soprattutto russi. Questa commemorazione, questo giorno ad essa dedicato, vuole mantenere vivo il ricordo di quanto è accaduto per non dimenticare le immagini aberranti di persone torturate, martoriate, violentate nella propria dignità di esseri umani, uccise nei modi più orrendi, affinché la nostra coscienza urli più forte dell’indifferenza verso quanto è accaduto e verso tutte le violenze che continuano a perpetrarsi su questa terra. Purtroppo da quei fatti passati, altri genocidi sono stati compiuti in nome dell’intolleranza etnica o di religione e per tutti ricordiamo i più eclatanti: quello occorso in Uganda e in Bosnia. Questo ci dà ancor più motivazione per denunciare e ricordare il genocidio più grande e atroce, anche perché rispondente ad una perfetta ed oleata macchina distruttrice, che è appunto la Shoah. Anche il Circolo Culturale Sardo “Su Nuraghe” di Biella quest’anno ha voluto unirsi alle tante iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione che invitino oltre che alla memoria anche e soprattutto alla riflessione, che in questa occasione vengono organizzati un po’ ovunque ed in specie nelle scuole. Il nostro contributo è una lettura di testimonianze scritte di chi ha subìto la deportazione, da chi non è più tornato e da chi invece si è salvato ed ha dedicato la sua vita alla testimonianza dell’orrore. In queste letture si è voluto seguire un percorso che stia ad indicare i modi diversi sia di accettazione che di ribellione ad un destino così crudele attraverso le parole di persone molto diverse per età, nazionalità e cultura, per poter dare un quadro il più possibile variegato di come un comune destino abbia influito anche nel cambiamento della prospettiva della morte, del giudizio sugli aguzzini e dell’affrontare il ritorno alla vita “normale” per alcuni, nella speranza che un simile percorso possa attivare in ciascuno di noi le più ampie riflessioni. I personaggi scelti sono sei. Partendo da Anna Frank (14 anni) olandese, costretta, prima del martirio, a nascondersi ed a non vedere la luce del giorno per quattro anni, ma innamorata, nonostante tutto, della vita, come può esserlo una adolescente, passando per il piccolo David Rubinovicz, contadinello dodicenne polacco, che annota con ingenuità le progressive restrizioni di vita imposte agli Ebrei nel suo piccolo villaggio agricolo. Prima che questi venga dato alla fiamme e tutta la sua popolazione venga deportata. Poi si ascolteranno le parole di Hetty Hillesum che volle condividere scientemente la sorte della sua famiglia e del suo popolo, che portò Dio ad Auschwitz, dentro di sé, che perdonò sempre ai suoi carnefici. Il terzo personaggio, Primo Levi, si salvò e nei suoi mirabili libri testimoniò ma non resse sia al senso di colpa che spesso  tormentava i sopravvissuti (perchè proprio io mi sono salvato?), sia all’orrore del personale ricordo, finendo tragicamente la sua vita. Elisa Springer, anch’ella una sopravvissuta che tacque la sua terribile esperienza per 50 anni, per un senso di vergogna e pudore e poi testimoniò, instancabilmente, spronata dal figlio, fino alla fine dei suoi giorni. Infine, la filosofa Hannah Arendt che sfuggì alla deportazione, mettendosi in salvo in America; ci ha lasciato testi fondamentali sui regimi totalitari e soprattutto su quello che lei definisce “la banalità del male”, riferendosi a come l’essere umano possa giungere a non pensare, a non distinguere quindi il bene dal male, e così poter compiere, come automi, azioni ignominiose senza che la coscienza ne venga scalfita.

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