TESTAMENTO D'ADDIO PER LO STORICO GIORNALE DELL'EMIGRAZIONE SARDA? IL "MESSAGGERO SARDO" NON HA PIU' FUTURO

la copertina dell'ultimo numero del "Messaggero Sardo"

la copertina dell'ultimo numero del "Messaggero Sardo"


di Gianni de Candia

Il 21 dicembre è scaduto il termine per rinnovare il contratto per la realizzazione del mensile “Il Messaggero sardo”. La Cooperativa che da oltre 35 anni ha garantito la realizzazione del periodico della Regione non ha voluto accettare l’offerta dell’Assessorato del Lavoro di realizzare “cinque numeri di un bimestrale”, ritenendo che il cambio di periodicità vanificasse il ruolo e la funzione del giornale destinato ai Sardi nel  mondo. E ha proposto, trattandosi di una “procedura negoziata”, per lo stesso importo (150.000 euro lordi), la realizzazione di sei numeri con cadenza mensile, da gennaio a giugno 2011, per verificare, nel frattempo, se ci fosse la volontà politica di individuare le condizioni per ripristinare la periodicità del giornale. L’offerta è stata fatta cadere nel vuoto, senza neppure un cenno di risposta. Le pubblicazioni de “Il Messaggero sardo” sono sospese e non si sa quando e se riprenderanno. Dovrà infatti essere fatto un nuovo bando di gara per la realizzazione di cinque numeri di un bimestrale (sic!). E comunque vada a finire il “nuovo” Messaggero sardo sarà un’altra cosa perché chi si aggiudicherà l’appalto avrà come finalità e obiettivo primario il lucro e non la tutela degli interessi della comunità sarda nel mondo. La Cooperativa ha infatti sempre operato con spirito di servizio senza scopo di lucro, coinvolgendo oltre 800 (ottocento) giornalisti iscritti all’Ordine della Sardegna, per dare voce a tutte le realtà territoriali. Impegno che ha ottenuto l’apprezzamento di 15 presidenti di Regione e di 26 Assessori (prima alla Pubblica Istruzione e poi al Lavoro) responsabili della politica per l’emigrazione. Certo appare paradossale che a decretare la fine di un’esperienza universalmente apprezzata sia un assessore “tecnico” che politicamente non dovrà rendere conto delle sue scelte, lasciando che la responsabilità ricada sul presidente della Regione. In data 29 dicembre è stata pubblicata nel sito della Regione Autonoma della Sardegna, nella pagina Bandi e Gare dell’Assessorato del Lavoro, la determinazione del 26/11/2010 n. 42593/4795 con cui si indice, con procedura aperta, un bando per l’appalto  dei servizi di realizzazione, gestione, messa in onda del format televisivo “Sardegna nel mondo”. In sostanza si tratta di un programma televisivo di 52 puntate settimanali, della durata di 48 minuti netti, dedicato alla comunità dei sardi per fornire loro l’informazione sulle attività delle istituzioni regionali, per la promozione della Sardegna e per la comunicazione diretta con e tra le comunità di emigrati, da trasmettere  su tv satellitare, su sito web, nonché in replica su tv digitale terrestre. L’importo a base d’asta è € 291.500,00 euro (Iva esclusa) per un totale di 350 mila euro annui. Nel bando si precisa inoltre che l’Amministrazione potrà rinnovare l’aggiudicazione per altri due anni, per un importo totale stimato in oltre un milione di Euro (874.500,00 euro, Iva esclusa). L’Assessore del Lavoro ha ritenuto che per realizzare gli obiettivi fissati dal Piano Triennale 2010-2012 a proposito di Informazione e Comunicazione (“Sviluppare un utilizzo diffuso delle nuove tecnologie e dei nuovi sistemi di comunicazione è indispensabile per consentire una informazione tempestiva e stare al passo con la velocità della comunicazione”…) si debba ritornare a un programmino televisivo settimanale, esperienza già tentata in anni passati con esiti più che deludenti, fallimentari. Un’esperienza bocciata con documenti e prese di posizione pubbliche da circoli, federazioni e consultori, e mai rimpianta dagli emigrati che hanno avuto occasione di seguire quel programma. Insomma si sono tagliati i fondi per il mensile cartaceo “Il Messaggero sardo”, che ha unanimi consensi e apprezzamenti, che entra nelle case di oltre 70 mila sardi sparsi nel mondo (e viene letto da oltre 300 mila lettori ogni mese) per destinarli a un format (più prosaicamente un programma televisivo) di meno di un’ora settimanale che fuori dalla Sardegna potrà essere visto da un numero limitato di persone. Un programma in cui mettere insieme (in parti uguali): l’informazione sull’attività della Giunta e del Consiglio Regionale e delle altre istituzioni; un magazine di attualità dedicato ai principali temi di attualità politica, sociale, economica, culturale, e ad avvenimenti di rilievo accaduti principalmente in Sardegna; e un filo diretto con gli emigrati. In sostanza una sintesi di ciò che ciascun lettore che si colleghi a internet può controllare nei siti della Giunta, del Consiglio, in quello di Sardegna Migranti, e in quelli di informazione dei giornali sardi. Per vedere Videolina, ad esempio, si deve avere un abbonamento a Sky. L’emittente del Gruppo Editoriale Unione Sarda (come dovrebbe sapere l’assessore che per quell’editore ha diretto l’Ufficio studi) trasmette in chiaro solo in due fasce orarie (15-18) e (23-01). Il discorso non cambia di molto per Sardegna Uno. Per potersi collegare occorre avere un’antenna satellitare. Quanti sono gli emigrati che la possiedono? Il segnale, inoltre, viene irradiato solo in Italia e in alcuni Paesi europei. Il bando prevede espressamente che il programma deve essere irradiato da un Canale tv satellitare a “diffusione sovraregionale”. Quindi quasi tutti gli emigrati fuori dall’Italia non potranno vederlo.  Per non parlare delle trasmissioni con il Digitale terrestre che possono essere viste solo in ambito regionale, in Sardegna. Quindi si spendono i fondi destinati agli interventi per l’emigrazione per diffondere informazione in Sardegna! Resta il web. Ma è così conveniente e innovativo fare un programma televisivo da trasmettere sul web?  Dove è il vantaggio di allentare i contatti certi con 70 mila famiglie di sardi sparse in ogni angolo del pianeta? Siamo sicuri che con questa scelta si realizzi un “utilizzo delle risorse con criteri di economicità”, come richiesta dal Piano Triennale? L’ assessore, presentando il Programma, si è giustificato con l’esigenza di puntare su “una politica di tutela ambientale, riduzione degli sprechi di carta e raccolta differenziata”. Per doverosa informazione, in un anno, per la stampa de Il Messaggero sardo si utilizza meno della metà della carta che impiega il Corriere della Sera in un solo giorno, o quella che L’Unione Sarda manda al macero (per i resi) ogni due settimane. E a proposito di politica ambientale quanta energia occorre per realizzare una trasmissione televisiva e mandarla in onda? Altra argomentazione utilizzata in modo strumentale per mascherare la volontà di affossare “Il Messaggero sardo” (quando si cambia, dopo oltre 40 anni, la periodicità da mensile a cinque numeri in un anno, si è fatta una scelta distruttiva) è stata quella inserita nel Piano del “necessario ridimensionamento” del giornale “finalizzandolo a quanti, per ovvie ragioni legate all’età o alle opportunità, non hanno la possibilità di una consultazione on-line”. Lasciando intendere che “Il Messaggero sardo” lo leggono solo i vecchi emigrati e non le seconde generazioni. Sarebbe bastato consultare i circoli e le federazioni (che pure rappresentano solo una parte minoritaria della platea dei lettori de “Il Messaggero sardo”, che ha un numero di famiglie abbonate dieci volte superiore a quelle iscritte ai circoli) per sapere che le cose non stanno così. Le e-mail con cui un sempre crescente numero di giovani richiede il giornale nella versione cartacea, dopo averlo scoperto su internet (il numero di contatti del sito della Cooperativa nel 2010 è stato di oltre 12 milioni), dimostrano esattamente il contrario. Con lo spirito di leale collaborazione che ha sempre caratterizzato i rapporti tra la Cooperativa e l’Amministrazione regionale, quale che fosse il colore politico, senza sollevare polveroni polemici, ci siamo sforzati per mesi di far sentire le nostre ragioni. Senza ricevere il minimo segnale di attenzione. A questo punto la domanda che ci si deve porre è questa: la Region
e vuole mantenere un rapporto con le comunità di sardi sparse nel mondo o vuole aiutare qualche emittente televisiva in difficoltà.                                                              

I fatti e le responsabilità

L’Assessore del Lavoro ha sostenuto, anche nel Congresso della Federazione dei circoli Sardi in Svizzera, a Lucerna, che gli emigrati che protestano perché non vogliono perdere il giornale cartaceo (ritenendo “Il Messaggero sardo” una sorta di cordone ombelicale che li tiene legati alla loro terra) siano stati “male informati”. E allora ci sembra giusto ricostruire i fatti e indicare le responsabilità: La Consulta dell’Emigrazione, nella sua seconda riunione, dopo quella di insediamento, sotto la presidenza dell’ Assessore Francesco Manca, il 16 aprile 2010, ha approvato il Programma triennale per il 2010/2012 e il Piano annuale per il 2010.

Il Programma, elaborato dagli Uffici, secondo gli indirizzi indicati dall’Assessore, è stato portato all’esame dell’Ufficio di Presidenza della Consulta, che è composto da Domenico Scala, della Svizzera (vice presidente Vicario), che in sostanza rappresenta le Federazioni dei circoli in Europa, Tonino Mulas, presidente della Fasi, che riunisce i circoli in Italia, Vittorio Vargiu, dell’Argentina in rappresentanza dei circoli Oltreoceano e Pino Dessì delle Acli, che rappresenta le Associazioni di Tutela. Queste persone hanno avuto la possibilità di esaminare il Programma Triennale, discutere e proporre correzioni e adeguamenti. Nessuno, a quanto risulta, ha eccepito sul taglio dei fondi per “Il Messaggero Sardo”. Forse perché assorbiti dalla definizione delle nuove strategie, forse perché distratti dalla divisione delle maggiori risorse da destinare alle attività dei circoli e ai progetti regionali, forse perché non ci si è resi conto delle conseguenze che questa scelta avrebbe avuto sul futuro del giornale, hanno avallato la decisione di mettere in pericolo l’esistenza dell’unico vero strumento di contatto tra il mondo dell’emigrazione e la Sardegna. Nessuno ha pensato, prima di prendere una decisione di tale portata, che gli effetti di questa decisione sarebbero ricaduti non solo sull’emigrazione sarda organizzata ma su tutta la comunità dei sardi nel mondo. Nessuno ha pensato di sentire la Cooperativa che realizza il giornale dal 1974. Più che una mancanza di rispetto per quello che la Cooperativa ha fatto da allora a oggi al servizio dei Sardi nel Mondo e della Regione, è sembrata un’occasione perduta  per acquisire un contributo di conoscenza sulla complessa realtà rappresentata dal mondo dell’emigrazione sarda. Conoscenza che sarebbe presuntuoso pensare di aver acquisito solo per aver partecipato come relatore a qualche convegno. Si sarebbero potute trovare soluzioni alternative, meno traumatiche. Niente. Si è deciso di andare avanti e ci si è riempiti la bocca con affermazioni risibili fatte durante la riunione della Consulta, come quella di ridurre il numero delle pubblicazioni del Messaggero per salvare le foreste (sic!), o quella che destinando le risorse a una fantomatica web radio, si sarebbero raggiunte le nuove generazioni di sardi nati in emigrazione. L’enfasi con cui l’assessore ha annunciato che intendeva cambiare la politica della Regione per l’emigrazione guardando avanti al 2020, ha finito per accecare molte anime belle. L’approvazione del Programma Triennale da parte dei consultori è avvenuta al termine di un acceso dibattito sulla relazione dell’Assessore, il quale ha chiesto apertamente l’approvazione del Programma Triennale “a scatola chiusa”, senza cioè discutere la ripartizione dei fondi a disposizione  “per motivi tecnici”: doveva essere  portato in Giunta per essere approvato tassativamente entro il 28 aprile, come prevede la legge, altrimenti si mettevano a rischio di finanziamenti per circoli e attività. Non sono mancati i mugugni, ma alla fine il Programma è stato approvato, con alcuni voti contrari e qualche astenuto. I Consultori hanno ricevuto la bozza del provvedimento quando era già in corso la riunione. Molti non hanno avuto neppure il tempo di leggerla. Qualcuno, come la rappresentante della Cisl, ma non solo lei, si è lamentato e ha detto di non essere disposto a votare provvedimenti al buio. Ma il tempo incalzava e il provvedimento è stato approvato. Il Programma Triennale 2010-2012, dopo aver ottenuto il parere favorevole della Consulta, è stato successivamente approvato dalla Giunta regionale con il parere favorevole della Seconda Commissione del Consiglio regionale. Questi sono i fatti e queste le responsabilità se, dopo 40 anni, “Il Messaggero Sardo” dovesse cessare le pubblicazioni 

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2 commenti

  1. Premesso che mi dispiacerebbe molto se il Messaggero Sardo sparisce , devo dire in onor di verità che con con internet i programmi radiofonici e Televisivi non hanno più limitazioni territoriali e arrivano a ogni angolo del mondo in diretta e quindi l’informazione arriva al istante come mai potrebbe farlo una pubblicazione cartacea e meno ancora se è ridotta a una pubblicazione bimestrale,che può andar bene a delle pubblicazioni culturali se non si può farle mensili.
    Detto questo ,con riguardo all suo discorso caro De Candia
    mi chiedo e li chiedo , di cosa si meraviglia ?
    da quando è stato legittimato un circolo nato da una … come si dice un Sardegna ?bardana ?
    e nessuna !proprio nessuna voce in difesa del circolo di Moreno si è alzata dalle istituzioni , non mi meraviglia piu nulla !
    le auguro miglior sorte al Messagero ,cosa che noi non abbiamo avuto,
    cordialmente Teresa

  2. Vitale Scanu (Porlezza)

    Ho letto la nota informativa della Redazione del Messaggero Sardo. Sono realmente senza parole. A caldo, due o tre cosette. – Se nell’Amministrazione regionale non recepiscono, o non vogliono recepire, che sul MS gli emigrati si sono espressi sempre, univocamente, insistentemente, sulla necessità della sua presenza per i tantissimi motivi che è superfluo ricordare, la battaglia è già persa. Più che fisicamente un MS, si perderà una voce, un contatto, uno stimolo, una continuità spirituale insostituibile… per la nostra comunità d’oltremare. – Secondo me stanno sbagliando l’approccio all’ammodernamento dell’informazione per gli emigrati. La scelta, che diventa così unilaterale, di privilegiare “una trasmissione televisiva che solo una minoranza degli emigrati potrà seguire” è troppo azzardata. Per quella mia piccola esperienza trentennale di giornalismo, posso dire: – che una trasmissione televisiva, per essere all’altezza, sarà ben più dispendiosa e impegnativa di un adeguamento del MS e avrà vita molto breve, come si è già potuto constatare nel recente esperimento di Videolina. (Uno dei diecimila pareri degli emigrati: “Cara Videolina, ripensa allo sfregio che ci hai fatto! Altro che tv dei Sardi, invece è diventata un’aggiunta alle tv commerciali di sky”); che non potrà coprire lo spazio, l’incisività e la lunghezza temporale che il MS si è conquistato in quasi quarant’anni di onorato servizio, perché una trasmissione televisiva rimane episodica, superficiale e si spegne nel momento che si spegne il televisore, mentre il MS resta lì sul tavolino del tinello o nella credenza di cucina, sempre a disposizione; – che una trasmissione televisiva, essendo un’esperienza nuova, impiegherà un bel tratto di tempo a farsi accettare (dove potrà essere captata… altro grosso ostacolo), nel migliore dei casi. Chi, degli emigrati, invierà più a una rete televisiva, una sua poesia, una testimonianza, una richiesta, il resoconto di una festa, l’esposizione di un problema, o una semplice corrispondenza e potrà in seguito rivederla pubblicata? Chi può assicurare che nell’orario della trasmissione, i nostri emigrati saranno lì davanti al televisore per seguire la loro trasmissione? Signor Assessore, ci ripensi un po’. Voler convogliare la realtà degli emigrati in una trasmissione tv è come pretendere che una cura venga praticata solo con le pastiglie, mentre ci sono le pomate, le punture, gli sciroppi: il Messaggero è una cura completa (anche se molto da ristrutturare). Eliminando il MS, cari amministratori regionali, state sbagliando l’eziologia (i pareri univoci che vi arrivano da tutto il mondo) e la cura per quel bisogno di identità che si chiama emigrazione.

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