DONNA E LAVORO: SARDEGNA ALL'ULTIMO POSTO DELLE REGIONI ITALIANE PER LA DISOCCUPAZIONE FEMMINILE

 
di Oriana Putzolu

Sono sempre le donne, con i giovani, a risentire maggiormente degli effetti della crisi economica della Sardegna. Al punto che diventa sempre più necessario attuare un piano regionale straordinario per il lavoro largamente incentrato su queste due categorie a rischio, così da far diminuire il tasso di disoccupazione assoluto (16,1%) – tanto alto si riscontra solamente nel primo trimestre del 2004 – che colloca la Sardegna all’ultimo posto delle regioni italiane ordinate per tasso di disoccupazione. Il tasso di occupazione femminile (15-64 anni d’età), nonostante alcuni segnali di ripresa che tuttavia non sembrano strutturali, nel primo trimestre 2010 nell’isola non supera 40,8%: 6 punti percentuali al di sotto di quello italiano registrato nel 2009 (46,4%) e distante addirittura 18 punti dalla percentuale europea riportata da Eurostat l’anno scorso (58,6%). Il tasso di disoccupazione donne nel primo trimestre 2010 è pari al 17,9%, quasi uguale al quarto trimestre 2009, poco distante dal tetto (19,7%) del primo trimestre dell’anno scorso. L’ultima rilevazione trimestrale Istat ha sentenziato che su una forza lavoro di 692.000 unità, le donne sono solamente 286.000. Le non-forze lavoro sono 974.000 di cui 563.000 donne. A parte le 100.000 ragazze sotto i 15 anni d’età e le 177.000 over 64 anni, nella fascia più propriamente lavorativa (15-64) figurano ben 286.000 donne. Esplorare il microcosmo della forza lavoro femminile riserva clamorose sorprese: 19.000 cercano lavoro non attivamente, 4.000 sono disponibili a lavorare solamente a certe condizioni, 39.000 non cercano, ma sono disponibili a lavorare, mentre ben 224.000 non cercano e non sono disponibili a lavorare. Molteplici le cause che tengono oltre 200 mila donne lontano dal lavoro extradomestico: assistere genitori anziani e figli ammalati; supplire alle carenze dei servizi per l’infanzia (asili-nido, scuole materne), seguire attivamente l’educazione dei figli, l’impossibilità di pagare baby-sitter e asili comunali. Diventa sempre più urgente abbinare agli ammortizzatori sociali politiche attive per il lavoro e per il reimpiego, individuando strumenti adeguati per conciliare tempi di lavoro ed esigenze familiari, migliorando l’utilizzo del part-time lungo. Un patto per il lavoro, dunque, è indispensabile tra Regione, sindacati e rappresentanze datoriali per un impegno che, ciascuno nella rispettiva responsabilità, metta in campo risorse finanziarie disponibili, strumenti di breve e di lungo periodo, soggetti in grado di contribuire a ridurre gli effetti della crisi e a rilanciare la crescita economica.

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