EVA MAMELI CALVINO E LA MADRE DI PLOAGHE SECONDO LIBERESO GUGLIELMI, "IL GIARDINIERE DEI CALVINO"

Calvino Mario, Eva Mameli, con Italo e Floriano

Calvino Mario, Eva Mameli, con Italo e Floriano


di Paolo Pulina

Quando lessi il volume della scrittrice sarda-genovese Lina Aresu “Fondali. Percorsi sommersi di geografia letteraria in Sardegna” (Cagliari, Zonza, 2005)  presi buona nota di un’informazione lì contenuta: “Nel libro di Ippolito Pizzetti e Libereso Guglielmi pubblicato da Muzzio di Padova col  titolo ‘Libereso, il giardiniere di Calvino’, è dato spazio a Evelina Mameli  (madre di Italo Calvino) e della madre di lei, Maddalena Cubeddu di Ploaghe”. A me originario di Ploaghe queste due figure erano ben note e di esse ho scritto (anche sul “Messaggero Sardo”: cfr. p. 25 del numero datato maggio 2006: Eva Mameli, nata a Sassari nel 1886, fu la prima donna italiana laureata – a Pavia –  in Scienze Naturali e diventò scienziata famosa ben oltre i confini nazionali).

Spiegava la Aresu: “Secondo il giardiniere Libereso  le due donne erano di statura sorprendentemente minuscola. In particolare, Libereso è colpito dal rigore puritano della scienziata e dalla sua chioma, fiabesca come quella di lady Godiva”. Altre informazioni fornite dalla Aresu su Evelina: 1) era figlia di Giovanni Battista Mameli, nato a Lanusei, morto negli anni Venti a Iglesias come capitano dei carabinieri in pensione; 2) “condusse con sé a Sanremo una tata originaria dell’Ogliastra per i suoi bambini Italo e Floriano, che lei aveva affidato alla nonna Maddalena Cubeddu di Ploaghe al momento in cui  aveva accettato una cattedra di botanica all’Università di Cagliari e, insieme, la direzione dell’Orto Botanico. La tata ingaggiata  a Cagliari dalla scienziata Mameli si chiamava Aurelia Pisu; sappiamo che era di lingua madre ogliastrina perché testimoni della vita in casa Calvino descrivono l’incomunicabilità tra questa tata e la ploaghese nonna materna dei bambini, a causa della differenza dei dialetti, foneticamente estranei seppure sardi”.

La prima edizione del libro “Libereso, il giardiniere di Calvino” è del 1993  e la seconda edizione di questo testo, da anni esaurito, è uscita solo nel 2009 (ancora presso Muzzio, 200 pagine), sempre con la prefazione di Nico Orengo ma con una nuova premessa di Libereso Guglielmi. Anche il frontespizio di questa nuova edizione è leggermente diverso da quello della prima: in testa come autore figura il solo Libereso Guglielmi; il titolo viene completato così: “Libereso, il giardino di Calvino: da un incontro di Libereso Guglielmi con Ippolito Pizzetti”.

Vediamo alcune delle cose che racconta a Pizzetti questo signor Libereso (è un nome originale che deriva dall’esperanto, lingua di cui era appassionato il padre, e significa “assolutamente libero di pensiero, parola e azione”), che quindicenne, nel 1940,  si vide proporre  dall’agronomo, botanico ed esperto di piante tropicali Mario Calvino  una borsa di studio per cominciare a lavorare  a Sanremo nelle Stazioni sperimentali di botanica, floricoltura e frutticoltura (una sul Corso degli Inglesi, l’altra a Villa Meridiana) che egli dirigeva.

1.«Calvino, il professore, era una persona molto rigida ma la moglie era proprio una tremenda, uno di quei tipi duri. Non so, forse le giravano un po’ le scatole perché io amavo il giardinaggio e i suoi figli  non lo amavano affatto. Lei li vedeva lì, che facevano volare via le forbici e dicevano: “Io voglio fare il giornalista’(Italo) e ‘Io voglio fare il geologo’ (Floriano):  ma eran bambini, perché avranno avuto quindici anni, io ne avevo tredici o quattordici, quell’età lì”.[…]Eva Mameli, una piccolina così, pensa che era la figlia di un capitano dei carabinieri sardo, di Sassari. Era una grande botanica anche lei. Lavorava insieme a Pollacci, che è stato il primo, mi pare, che ha scoperto che non solo nelle leguminose c’erano degli azoto-fissatori, ma anche in altre piante. Lei era una delle più potenti, però non era proprio botanica pura, faceva più la ricercatrice, forse era più biologa, una delle grandi biologhe italiane. Suo fratello, Ildebrando Mameli, era il direttore della Polenghi Lombardo ….».

2. “Quando partì per il Messico il professor Mario Calvino non era sposato. Eva Mameli era la sua segretaria. È stata coraggiosa a partire con uno così, essendo poi una sarda… ma era una donna di valore. Mi raccontava il prof. Calvino: ‘Ho guardato il mio taccuino: lunedì sono impegnato, martedì pure, mercoledì non ho niente da fare, e allora mi sposo’. Ha detto: ‘Eva, mi vuoi sposare?’. E si sono sposati sulla nave, hanno preso il capitano e così è cominciata la loro storia: sono arrivati in Messico che erano già marito e moglie; così mi ha raccontato”.

3. “La Villa Meridiana  era dei Calvino che l’avevano messa a disposizione perché c’era stato il fallimento della Banca Garibaldi, per cui non c’erano i soldi per la Stazione sperimentale. La villa è anche quella del racconto di Italo, ‘La speculazione edilizia’. Io ero in mezzo a loro: ci abitavano Italo, Floriano, Mario, Eva Mameli e una zia. La vecchia  Mameli era molto piccola; un giorno mi dice: ‘Libereso, ah sì, un bel giardiniere… Come sta il nostro Umberto’. ‘Oh, sta bene’. ‘Ha fatto pace con Garibaldi?’. ‘Sì, sì adesso vanno proprio a bere insieme’”.

4. “Il prof. Calvino arrivava a casa e tutte le mattine – era un cinema… – diceva alla moglie. ‘Eva, ho portato i finocchi, oggi voglio i finocchi’. Dopo cinque minuti sentivo lei che mi chiamava: ‘Liberesooo’. ‘Cosa?’. ‘Porta i finocchi ai conigli’. Allora arrivava lui: ‘Porco qui…’; e lei: ‘Sacra polenta, Mario! Ma sempre finocchi?’. Ci sono stato dieci anni: non ho mai potuto mangiare un finocchio! Lui li portava giù e lei. ‘Sacra polenta, Mario!’ e lì finocchi non ne mangiava nessuno… Per dieci anni hanno fatto questo scherzo”.

5.“La signora Calvino era piccola così, con quei bei grandi rotoli di capelli…Una volta me la sono trovata davanti con tutti capelli sciolti e mi sono spaventato: sembrava un fantasma! Portava questi capelli arrotolati dieci volte, le veniva un testone grosso così. E poi aveva quelle sottane a balzo: tre, quattro, cinque balze…A terrazze! Anche i figli la temevano perché era dura”.

6.“Dopo l’armistizio dell’otto settembre 1943 hanno preso i coniugi Calvino, li hanno messi contro il muro e li han fucilati due volte senza fucilarli, sai come accadeva… Volevano sapere dov’era Italo. Italo era coi partigiani in montagna. Dev’essere stato uno shok terribile per loro. La madre è stata molto coraggiosa: pensa, metterla lì al muro e fucilarla, invece era viva, e per due volte chiederle dove era. E’ stata una donna veramente eroica”.

Eva Mameli Calvino è morta a Sanremo a 92 anni il 31 marzo 1978.

In uno dei rarissimi cenni autobiografici il figlio Italo l’aveva denominata “la maga buona che coltiva gli iris”. Un giudizio sicuramente più critico lo scrittore espose nel racconto “La strada di San Giovanni”: “Che la vita fosse anche spreco, questo mia madre non l’ammetteva: cioè che fosse anche passione. Perciò non usciva mai dal giardino etichettato pianta per pianta, dalla casa tappezzata di buganvillea, dallo studio col microscopio sotto la campana di vetro e gli erbari. Senza incertezze, ordinata, trasformava le passioni in dovere e ne viveva”.

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