C'è un pezzo di Sardegna nelle Filippine: la solidarietà non conosce confini

di Francesco Furcas (nella foto: madre Flora che pone la prima pietra del "Polyclinic Sardegna)

 

Il libro "Diario di un medico missionario", testimonia l’attività di Padre Amelio Troietto, 59 anni, di Poggiana di Riese Pio X (Treviso), medico e sacerdote dell’Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli infermi – più noti come Camilliani, dal nome del fondatore San Camillo de Lellis – presso l’ospedale "Polyclinic Sardegna" di Dolores, nell’isola filippina di Samar, che dirige dal 2004. La struttura, intitolata alla memoria del domenicano Padre Luigi Loi, prematuramente scomparso, è stata inaugurata nel 2001 e si affianca alla scuola "Mater Divinae Gratiae College" e alle biblioteche, centri d’accoglienza e soggiorno per i più poveri del "Sardegna Village". Il "Polyclinic Sardegna" è stato il primo progetto realizzato a favore delle missioni filippine di Madre

Flora Zippo, missionaria delle Suore Francescane dei Sacri Cuori, responsabile e fondatrice di numerosi apostolati in Oriente, e fortemente sostenuto dall’associazione "Solidarietà Sarda Onlus", costituita 9 anni fa a Cagliari per appoggiare progetti di solidarietà, rivolti in particolare ad alcune popolazioni povere del terzo mondo. L’incontro di Padre Amelio col "Polyclinic Sardegna" è stato casuale: "All’inizio non conoscevo Madre Flora – racconta il missionario – un giorno due delle sue suore passarono per l’ospedale dove lavoravo in quel periodo, nell’isola di Samar, per chiedere un aiuto logistico per la loro struttura; parlai loro della mia attività e mi invitarono a fare alcune assistenze mediche a Dolores. Recatomi sul posto, mi resi subito conto

della povertà che c’era, e che ancora c’è, e dell’estrema necessità che qualcuno fornisse un’adeguata assistenza sanitaria. Terminato il mio servizio presso la struttura dove lavoravo, mi fu proposto di dare una mano e così cominciò la mia collaborazione col Policlinico. Abbiamo impostato un buon lavoro, posso dire che tutto funziona bene e sono molto contento. Ora faccio ancora un po’ di chirurgia, ma ciò che più mi sta a cuore è l’attenzione per i malati poveri, che non avrebbero altra possibilità di cura, non potendosi rivolgere a strutture private a pagamento. Certo, è un posto "fuori dal mondo" – sorride – anche per chi viene a trovarci, ma il servizio che facciamo è realmente importante". Le difficoltà e i disagi frequenti in quelle terre sembrano non scoraggiare Padre Amelio, anzi, lo stimolano ancor di più: "Mi sento sereno. È una vita dura, ma molti malati vanno via con un sorriso, un senso di speranza. Anche dal punto di vista medico per me quella che vivo laggiù è una sfida continua, perché vedo casi medici nuovi e, con non poca creatività, devo far conciliare gli scarsi mezzi con le realtà che mi si presentano: questo è il bello del lavoro che continuo a fare con la stessa passione. I momenti di sconforto non mancano, ma non sono solo: ho accanto tante persone, specialmente provenienti dalla Sardegna, che mi aiutano, e senza le quali spesso non troverei via d’uscita da certe situazioni complicate. A loro va il mio più sincero e profondo ringraziamento".

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