Tottus in Pari, 252: festa della bellezza

Passano gli anni, Sessanta per la precisione, ma la Cavalcata Sarda non smentisce mai le famose parole della regina Margherita confermandosi ancora una volta come "festa della bellezza". Sono stati moltissimi i visi giovani di questa edizione, dai bambini agli adolescenti che, freschi di barbiere, indossavano il costume tipico o si esibivano sui cavalli sino ai tamburini di Cabras; le ragazze fresche e solari sorridono sotto i pesanti scialli e le temperature proibitive. Ed è fortissimo in questa esplosione di colori, dialetti e suoni, l’amore per la tradizione e per quei costumi tanto diversi tra loro che s’incontrano in un unico percorso.  Eccoli i mille volti di una sfilata che non si ripete mai uguale negli anni. Sono i dettagli, i particolari, i colori ma soprattutto i visi, le espressioni simbolo di una sardità mostrata senza esitazioni. Bambini, timide ragazze che sorridono frastornate agli obiettivi, anziane abbondanti nei loro corpetti che offrono dolci agli spettatori e ragazzi che ammiccano. E’ questa la vera Cavalcata Sarda.  Quella dei costumi e dei sorrisi, dei visi, delle gonne e dei pantaloni in fustagno che si poggiano sui cavalli. Questo anno la kermesse ha superato se stessa con ben 60 gruppi provenienti da 58 paesi, 300 cavalli per un  totale di tremila figuranti in costume. Il percorso è rimasto quello dello scorso anno: 1.400 metri da Via Asproni a Via Manno passando per una Piazza d’Italia traboccante di autorità. Affianco al soddisfatto padrone di casa, il sindaco Gianfranco Ganau c’erano la presidente della provincia Alessandra Giudici, il prefetto Marcello Fulvi, il comandante della Guardia di Finanza Giovanni Casadidio, i parlamentari Piero Testoni ( Pdl ) e Guido Melis, gli assessori regionali al turismo, Bastianino Sannittu, alla Cultura, Lucia Baire, la soprintendente ai beni artistici ed etnoantropologici della Sardegna Lucia Arbace ma anche Rita Borsellino (Pd), Franco Cuccureddu (Autonomie) e Bruno Dettori (Pd). Novantamila euro spesi per l’efficace pubblicità istituzionale e grandissimo interesse da parte di turisti e tv straniere che hanno approfittato dei voli low cost.  Questa è stata di sicuro la Cavalcata più puntuale di sempre e, come ribadito in conferenza stampa, miracolosamente alle 13.30 gli ultimi gruppi a cavallo salutavano i tantissimi presenti per dar loro appuntamento allo spettacolo delle pariglie nell’ippodromo.  Ad aprire la sfilata, subito dopo il gremio dei Massai di Sassari,  è stato il gruppo ospite di questo anno la "Lothian & Borners police pipe band" di Edimburgo che con le sue cornamuse ha offerto un’apertura da brivido seguita dalle piccole filarmoniche del gruppo folk "Sassari". Il colore dei costumi si interrompeva a tratti per lasciar spazio ai ritmi ancestrali delle antiche maschere della Sardegna che con i loro riti di matrice pre cristiana oltrepassano i confini internazionali: i Mamutzones de Samugheo con le teste di capra sormontate da corna lunghissime; i volti neri dei Boes e merdules di Ottana e i famosissimi Mamuthones e Isohhadores" di Mamoiada che come segno di buon auspicio hanno preso al lazzo sindaco e la presidente della provincia. Poi i balli e i canti che intervallavano la sfilata  di carri, costumi e ornamenti caratteristici del luogo di provenienza: dalle reti da pesca dei coloratissimi pescatori di Cabras all’austerità bicroma delle donne di Tempio passando per quelle di Oliena che facevano bella mostra della tipica collana di corallo detta sa gutturada, le fisarmoniche di Atzara e i dolci tipici del campidano. A corredo della manifestazioni ben tre per questa edizione le serate musicali. Il suggestivo scenario di Monte d’Accoddi, l’altare prenuragico a pochi passi dalla città, ha accolto nella sera di venerdì le prodigiose launeddas del maestro Luigi Lai, le antiche voci dei Tenores di Bitti e l’armonia delle donne del coro di Dorgali, elegantissime nei loro abiti neri e arancio il loro gioiello tradizionale. La serata presentata da Giuliano Marongiu ha vantato un vasto pubblico che ha seguito l’intero spettacolo mentre il sole tramontava sulla ziqqurat. La serata di anticipazione della cavalcata ha accolto invece in una affollatissima piazza d’Italia i balli e le voci della tradizione travolgendo gli spettatori che si sono lasciati trascinare dal suono degli organetti. A chiudere ufficialmente la cavalcata e a rinnovare l’invito per la prossima edizione è stato ancora Giuliano Marongiu che ha presentato nel corso della serata conclusiva, la vera star di questa edizione, il prodigioso ballerino di Serdiana: Ziu Borriccu Spada, che a 102 anni continua a dimenarsi nei passi della "Sciampitta" con il gruppo folk Santa Sibiola di Serdiana. L’appuntamento con la Cavalcata divenne annuale dal 1951, anno in cui Sergio Costa, allora presidente dell’Ente provinciale per il turismo, ripropose l’antica tradizione isolana di raccogliere in una sfilata le diverse e variegate realtà della Sardegna. Ma l’evento non era nuovo alla città di Sassari che già nel 1711 organizzò una sfilata in occasione della visita di Filippo V, sovrano di Spagna. Si sfilò anche per celebrare il trionfale ingresso di Giovanni Maria Angioy dopo i moti antifeudali e nel 1899 quando Umberto I di Savoia vide la prima cavalcata moderna. Fu questo il vero evento storico perché in tale occasione venne inaugurato il monumento a Vittorio Emanuele in Piazza d’Italia e la regina Margherita proprio in tale occasione, rimanendo estasiata dall’eleganza delle donne in costume, non esitò a definire l’evento " festa della bellezza"  e le donne "regine". L’ultima cavalcata occasionale fu invece quella cui assistettero Vittorio Emanuele III e la regina Elena.
In occasione dei 60 anni della cavalcata che coincidono con la celebrazione dei 100 anni della morte dell’eclettico Enrico Costa, l’amministrazione comunale ha distribuito una ristampa anastatica del volume "Esposizione di Costumi Sardi", edito da Dessì e contenente un’attenta e sottile descrizione del Costa della sfilata in onore di Umberto I. Non sembra un caso che quella del 2009 sia stata non sono un’edizione di particolare successo, ma caratterizzata dalla puntualità e dalla partecipazione di un folto pubblico locale e straniero. E’ interessante guardare al passato e leggere quanto accadde nel 1889 quando, scrive il Costa: "la riuscita dell’Esposizione dei costumi sardi ebbe un successo che sorpassò ogni aspettativa: un vero trionfo che rilevato con articoli entusiastici e di plauso da tutti i principali giornali dell’Italia e da parecchi della Francia, la maggior parte dei quale aveva mandato i loro rappresentanti nell’Isola. I Sovrani furono soddisfatissimi dello spettacolo a cui assistettero, né cessarono dal lodarlo e dal dichiarare ch’era tornato loro gradito, quanto nuovo e inaspettato".

Mariella Cortès

 

IL CONCORSO LETTERARIO PROMOSSO DAL CIRCOLO SARDO DI BRESCIA

OTTAVA EDIZIONE "SU CONTIXEDDU" PREMIATI I VINCITORI< /strong>

Venerdì 26 giugno, nella bella cornice della Sala Don Andrea Recaldini, si è concluso con la cerimonia di premiazione dei vincitori, il concorso "Su Contixeddu"; avvenimento letterario, tra i più importanti del circuito dei sodalizi sardi nella penisola, ideato e promosso dal Circolo Culturale Sardo di Brescia sempre guidato con entusiasmo culturale dal vitale e combattivo presidente Paolo Siddi di Sant’Antioco e dall’encomiabile segretario Giovanni Antonio Lai di Illorai. Evento giunto all’ottava edizione, si riconferma ulteriore occasione di confronto, di ascolto e di spazio per le tante voci liriche sarde e bresciane che alimentano, in un crescendo di qualificate partecipazioni, il mondo della poesia e della prosa identitaria. La cerimonia si è aperta con la consegna dei riconoscimenti della sezione speciale "Bambini" e "Ragazzi", di cui ne segnaliamo il successo per il progetto innovativo che ha permesso di apprezzare la genuinità e freschezza di giovanissimi autori. Vincitrice della sezione è risultata Noemi Porcu (padre originario di Sedilo) di Cazzago S. Martino, con la composizione in italiano "La nonna", ai posti d’onore Roberto Medicato di Brescia e Nicol Manenti di Cazzago S. Martino. Assegnate numerose segnalazioni. Tre i premi speciali: Francesca Patatu di Sassari per il sonetto in italiano "Agli eroi della Brigata Sassari"; Martina Brufani di Brescia per il racconto in italiano "Un asinello sardo un po’ speciale" ed infine il riconoscimento agli alunni della V° Classe Elementare (Maestra Lucia Piccinotti) dell’Istituto Card. Bevilacqua di Cazzago San Martino per la poesia in bresciano "Na stèla nél ciél fosch". A seguire, l’attenzione e curiosità intellettuale del pubblico (la Sala era gremita ed ha legittimato la scelta operata dalla giuria composta dal presidente Salvatore Tola e da Gino Di Rosa, Cristoforo Puddu, Paolo Pulina, Simone Pisano, Vincenzo Pisanu e Paolo Siddi) è stata catturata dalla declamazione degli elaborati premiati, che l’eccezionale versatile attore Sergio Isonni e gli stessi autori hanno saputo interpretare con intensità ed emozione. Nella sezione prosa in limba ha trionfato Pasquale Ciboddo di Tempio Pausania, voce della tradizione gallurese degli stazzi, con il racconto "Lu juramentu falzu", secondo premio a Peppuccio Pilia Piras di Quartucciu e terzo a Gesuina Cheri di Castel Mella (BS) ed originaria di Sarule. Riconoscimenti a Luigi Tatti di Arbus, Renzo Rosa di Scano Montiferro e premio speciale FASI all’orunese Giuseppe Delogu, residente a S.Maria a Monte (PI). Nei racconti in Italiano il primo premio (ex aequo) è stato attribuito a Maria Chiara Firinu di Iglesias, con una prova e riconferma da grande scrittrice, per la prosa "Tramonto" e a Francesca Gardenato di Desenzano dG. Rivoltella per "Gli occhi dell’amore eterno", secondo ad Adriano Zordan di Brescia e terzo a Vincenzo Calzia Pintor di Porto San Paolo (OT), mentre i premi speciali del Circolo sono stati assegnati a Franco Barroccu di Ravenna, con radici in Pattada-Bantine, e a Maria Laura Prinzis nativa di Mogoro e residente a Brescia. Per quanto riguarda la poesia in lingua italiana è risultata vincitrice Angela Nervi di Brescia e  menzione d’onore al sardo Giovanni Melis Onnis di Assemini. Il premio speciale, celebrativo del 70° anniversario della fondazione della Città di Carbonia, è stato meritatamente assegnato alla significativa lirica sul tema delle miniere "Maschere Nere" di Laura Ficco di Assemini, artista poliedrica che si sta affermando a livello nazionale. Altro premio speciale è andato assegnato alla nota poetessa bresciana Giuliana Bernasconi. Non sono mancate le piacevoli sorprese e conferme di qualità lirica anche nella sezione della poesia in limba, dove si è imposta una terna al femminile: primo premio a Rosaria Floris di Cagliari per la composizione "Est tempus de torrare!"; secondo premio a Teresa Piredda Paoloni, residente a Perugia e originaria di Escolca, per la lirica "Su frutu prù bramau", che oltre alla pregevolezza dell’elaborato si è fatta apprezzare per l’intensa e coinvolgente declamazione dei versi; terzo premio a Rosanna Podda di Cagliari per la poesia "Ci ses…". Attribuiti riconoscimenti alle composizioni di Giovanni Agus di Villagrande Strisaili, Tore Deriu di Nuoro, Giuseppina Francesca Nieddu, nuorese, residente a S. Giuliano Terme (PI),  Giovanni Bellisai di Selargius,  Giorgio Bulla di Cagliari e Giovanna Calvisi di Nuoro. Premi speciali per la  poesia in limba a Gesuino Curreli di Oliena e a Carla Caddeo di Brescia. L’iniziativa è stata possibile per il patrocinio e sostegno della Regione Autonoma della Sardegna Assessorato al Lavoro, Provincia di Brescia, Comune di Brescia, Credito Cooperativo di Brescia e la Federazione Associazioni Sarde in Italia (FASI).

Cristoforo Puddu

 

DUE CHIACCHIERE CON PAOLO SIDDI, PRESIDENTE DEL CIRCOLO SARDO

UN SULCITANO A BRESCIA

Paolo Siddi, sulcitano di Sant’Antioco, da una vita a Brescia. Soprattutto una vita per Brescia (vi è giunto nel lontano 1958), per l’Arma dei Carabinieri, che lo ha visto protagonista di tante azioni, storie e successi, e per il Circolo Culturale Sardo: espressione identitaria e d’impegno-amore per la Sardegna, con un sano rimpianto di memorie-ricordi senza nostalgie. Inoltre Siddi, ai vertici della FASI, annovera ben tre mandati consecutivi come segretario nazionale dell’esecutivo. A margine della cerimonia di premiazione del concorso letterario "Su Contixeddu", gli rivolgiamo alcune domande. Brescia è una realtà che conosci profondamente, cosa mi puoi dire del tuo rapporto personale con la Città?

Direi ottimo. Vi sono giunto giovanissimo e la mia attività ha sempre gravitato in Città e Provincia. Per certi versi mi sento molto bresciano…

E come presidente del sodalizio sardo, incontri disponibilità?

E’ naturale trovare disponibilità e collaborazione in Comune, Provincia ed istituzioni locali: noi sardi godiamo di grande stima e rispetto conquistato con il nostro operare.

Quali sono i valori che accomunano principalmente sardi e bresciani?

Assolutamente la fede nell’amicizia. E’ valore che ha radici lontane comuni e affonda nel rapporto di stima tra Giuseppe Zanardelli, un politico che anticipò il ‘900, e il nostro protagonista dell’Italia liberale Francesco Cocco-Ortu. Come circolo abbiamo contribuito a rafforzare i legami promuovendo il gemellaggio tra Odolo, patria di ferriere e di produzione del tondo per cemento armato, e il Comune di Gonnosfanadiga. E ancora tra Bovegno, cen
tro di tradizione estrattiva che ha in atto il recupero del patrimonio dismesso, e Narcao. E’ nostra intenzione, come circolo, favorire un continuo interscambio culturale e turistico tra le realtà lombarde e sarde.

All’orizzonte, oltre la continuità del concorso letterario, quali nuovi progetti e traguardi?

Nell’immediatezza due iniziative: onorare la figura letteraria di Giuseppe Dessì, in concomitanza con il centenario dalla nascita, e ricordare la battaglia di San Martino (1859) con una rievocazione storica e commemorazione dei sardi sepolti nel bresciano.

Cristoforo Puddu 

PROGETTO "LE STRADE DEL TEMPO": LE VIE DEI PELLEGRINAGGI

IL CIRCOLO SARDO DI MILANO PRIMA TAPPA ITALIANA

E’ il circolo sociale culturale di Milano a far da aprifila italiano al progetto "Le Strade del tempo" partito in Svizzera lo scorso febbraio. Il 30 maggio un folto pubblico ha ripercorso, nella suggestiva sede di Piazza Duomo, nel corso della conferenza presieduta dallo storico dell’arte Francesco Ledda, i passi dei pellegrini nell’Isola. La presidentessa Pierangela Abis ha scelto il percorso che dai primissimi secoli dopo Cristo conduce sino all’epoca medioevale quando compaiono i primi ordini monastici. Dai primi cristiani esiliati ad metalla, al lavoro forzato nelle miniere sarde,  sino ai primi papi sardi e alle lettere di Papa Gregorio Magno che parlava di un popolo "che ancora adora i legni e le pietre" si è arrivati sino all’epoca medievale quando si diffonde il cosiddetto monachesimo eremitico. La presenza di importanti ordini monastici in Sardegna ebbe conseguenze sul piano religioso e culturale e influenzò le decisioni politiche in età giudicale. Di fatto rimangono ancor oggi i segni tangibili della presenza di percorsi dei pellegrini evidenziati dalle planta pedis e altri simboli incisi sui muri delle chiese e dalla devozione, ancor oggi fortemente sentita, per i martiri locali il cui culto affonda le radici proprio nei primissimi secoli del cristianesimo.  Lo scopo del progetto "Le strade del tempo" è anche quello di proporre degli itinerari alternativi per chi viene in vacanza nell’Isola o ci torna come padrone di casa. Al termine della conferenza, in occasione della recente edizione della Cavalcata Sarda è stato proiettato un video- fotografico con immagini della kermesse e si è fatto dono alla biblioteca del circolo del testo di Nicola Tiole con i dipinti dei costumi della Sardegna e, congiuntamente a due cartografie dell’Isola, della poesia "A tie Sardigna" del poeta Montanaru.

Mariella Cortès

 

INCERTEZZA IN GIUNTA SU CHI SI OCCUPERA’ IN FUTURO DELLE COMPETENZE MIGRATORIE

PREOCCUPAZIONE FRA GLI EMIGRATI DEI CIRCOLI SARDI

I destini della Giunta regionale in Sardegna, hanno avuto preoccupante eco anche all’interno dei circoli degli emigrati sardi. Diverse voci che in questo periodo si sono rincorse, hanno tenuto banco alla ciclica riunione dei circoli sardi della Lombardia coordinati da Antonello Argiolas con il supporto del Presidente della FASI Tonino Mulas. L’ormai certo addio all’assessorato al Lavoro di Valeria Sanna con un probabile interim al responsabile attuale del Bilancio, Giorgio La Spisa, ma ancor più il passaggio delle competenze del mondo dell’emigrazione direttamente alla Presidenza Cappellacci, lascia sconcertati soprattutto nella forma adottata, le dirigenze delle Federazioni dei circoli sardi. Tonino Mulas evidenzia imbarazzo principalmente in riferimento al fatto che di queste ipotetiche metamorfosi, non si è discusso. Nessuno del mondo migratorio sardo a livello mondiale è stato interpellato a riguardo. Poi, ogni trasformazione può anche esser vista come una opportunità. Il problema – si è avvalorato nella riunione che si è tenuta a Cinisello Balsamo, presso la sede del circolo AMIS – sono i contenuti politici, sui quali era ed è imprescindibile discutere di volta in volta: coma la progettualità per il futuro, la riforma della legge 7, i Piani Annuali e Triennali, le risorse (che sono, dati alla mano, di un milione di euro in meno rispetto a quanto annunciato nel dicembre 2008). Nello specifico – sottolinea Mulas – c’è l’emergenza dei tempi dei contributi, il piano di utilizzo e la semplificazione burocratica. E’ palese agli occhi di tutti che la condizione che si sta creando in Assessorato, ostenta profonda incertezza per il futuro. Al momento attuale non è stata ancora formata la Consulta per l’emigrazione e i mesi di ritardo accumulati peseranno in maniera ponderosa sulle associazioni. Quesiti e dubbi si pongono sul come verranno gestite d’ora innanzi le competenze sull’emigrazione: che procedure verranno adottate? Dove si discuterà e con chi? Gli emigrati sardi rappresentano un grande movimento di volontariato sociale che ha bisogno comunque dei riferimenti ben precisi. E l’idea che si ha nel raffrontarsi con la "politica isolana" è quella di interagire con una struttura interassesorile in seno alla Presidenza, che poi abbia rapporti operativi con i vari Assessorati: come la Cultura, l’Agricoltura e il Turismo. C’è di mezzo anche l’informazione – ha aggiunto Mulas – cioè il Messaggero Sardo, che è da sempre "filo-governativo" (riporta fedelmente voce e direttive di Giunta e Assessorato), ma anche indipendente, pluralista, perché riporta anche i resoconti delle attività dei circoli e soprattutto, le nostre opinioni. Si rende così indispensabile un intervento della rappresentanza del mondo dell’emigrazione perché i sardi nel mondo hanno il diritto di comprendere cosa sta avvenendo. Un incontro fra i Presidenti delle Federazioni dei circoli sardi e il Presidente Cappellacci è fondamentale. Si deve aprire un ampio dibattito che coinvolga i "sardi di fuori" per concepire il futuro dei circoli. La burocrazia e i continui cambiamenti politici hanno irrigidito l’iter del meccanismo delle risorse e tanti circoli, oggi, rischiano di scomparire per mancanza di forza economica. Fra gli altri argomenti dell’incontro a Cinisello Balsamo, è
stato fatto poi il punto della situazione sul progetto 2008 dedicato alla lingua sarda. Il progetto consiste nella raccolta di interviste fra gli emigrati dei circoli, attraverso supporti digitali, videocamera e registratori. Le interviste sono in limba. La lingua è quella del paese d’origine di ciascun invitato. Lo scopo è quello di rappresentare tutte le varietà della lingua sarda (lugudorese, campidanese, nuorese, gallurese) con le specificità dialettali di ciascun paese. Oltre a dare visibilità allo straordinario patrimonio antropologico e linguistico custodito dai sardi della "diaspora" si potranno anche verificare alcune peculiarità del sardo parlato fuori dalla Sardegna. Per i sardi fuori dall’isola, "sa limba" (in tutte le sue varietà) è presto diventata uno strumento di identità forte che ha comportato una maggiore capacità di ascolto e confronto tra i conterranei, anche dal punto di vista linguistico. In chiusura, Antonello Argiolas ha tracciato un resoconto di questi primi sei mesi del 2009 in cui i circoli sardi della Lombardia si sono ampiamente prodigati nel promuovere la cultura sarda: su tutto la manifestazione delle associazioni presenti sul territorio che il 26 aprile scorso hanno organizzato a Milano, "Sa die de sa Sardigna", un appuntamento storico che si ripresenta da diversi anni e che anche in questo, è riuscito per competenza e partecipazione.

Massimiliano Perlato

 

 LE ESIBIZIONI DE "SA OGHE ‘E SU CORO" FIRETTO DA PINO MARTINI

SU E GIU’ PER LA LOMBARDIA, CANTANDO IN SARDO

Duplice esperienza artistico-sociale per "Sa Oghe ‘e su Coro", il gruppo diretto da Pino Martini Obinu che ambisce a scalare posizioni non di nicchia nel panorama della musica etnica e sarda in particolare. Giovedì 25 a Villa Pallavicini si può senz’altro derubricare sotto la dicitura :"grande successo di pubblico e di critica". Con la presa d’inventario che il pubblico era "drogato" dalla superiore preponderanza di parenti e amici, ma non solo. E anche il tentativo di meticciare la tradizione della musica sarda con quella salentina (Nanneddu meu in salsa di pizzica)non ha suscitato l’indignazione del sardo DOC che si poteva paventare. Tentativo dunque da replicare in sede meno "intima" di quella consentita dalla sede pallaviciniana. Meno bene nel contesto del "SUD SUD  Festival" di Gaggiano sabato 27. Sarà che le zanzare, assolute signore del Naviglio, tutte si sono date appuntamento per l’ora del concerto. E a nulla è servito fare docce d’Autan. Il pubblico poi, intento a mangiare per nulla (o quasi) si è fatto scalfire dalle sonorità isolane. Per la verità per un attimo abbiamo pensato che , come Orfeo con le bestie selvagge, saremmo riusciti ad affascinare i convitati presenti ma è risultato ben presto che ogni sforzo sarebbe stato vano. Più che "Procura de moderare" potè la birra e la salsiccia. Solo il liquore di mirto comparso alla fine (grazie alla perseveranza di due angelici raccoglitori di bacche di Gallura) ha potuto mitigare lo sconcerto dei coristi. Per le punture di zanzara unica salvezza si è rivelata, ahimè, la fuga.

Sergio Portas

 

CENTO DOMANDE A UGO CAPPELLACCI

MILANO CHIAMA LA SARDEGNA

Non sono momenti, questi, di grande popolarità per i partiti politici italiani, tutti. Ma se ti arriva a casa un invito. "Milano chiama Sardegna", 100 domande a Ugo Cappellacci, Presidente della Regione Sardegna, anche se è per il pomeriggio del 2 giugno, si rinuncia a qualsivoglia ponte di primavera e si va. Sbagliando. Parzialmente però, che dopo "l’introduzione" all’evento da parte di Stefano Maullu ,neo assessore regionale alla corte di Formigoni (protezione civile,prevenzione e polizia locale!), Guido Podestà che vuole il posto di Filippo Penati alla provincia di Milano (qualcosa come tre milioni di abitanti, altro che Medio Campidano!), il Cappellacci promesso che si tira dietro dalla sfilata dei Fori Imperiali nientepopodimeno che il ministro della difesa onorevole La Russa Ignazio, insomma dopo tanti potenti in terra che pontificano, meno male, c’è stato un’ora di sano cabaret con Benito Urgu e la sua eterna "spalla" : Alverio Cau. Che hanno tirato su la giornata. Non che i politici siano sempre noiosi o scontati in quel che dicono, solo che le 100 domande promesse dall’invito si sono mutate in un breve intervento del presidente la regione Sardegna che nei suoi primi cento giorni di governo è ancora con la sua giunta in una fase di "ascolto di tutti territori, perché l’ambiente è il nostro più grande patrimonio, la sensibilità ambientale non è né di destra né di sinistra, la terra è come un prestito da lasciare intatta o migliorata per i nostri figli". Non una parola sul ventilato nucleare nella regione più geologicamente stabile d’Italia,( questo si da lasciare a i nostri figli, e ai loro, e ai loro nipoti, fino a 500 anni di radiazioni mortifere) né sul "piano casa" che prevedrebbe di poter aumentare le cubature delle abitazioni private del 20% senza "troppa burocrazia". Le altre regioni hanno quasi tutte deliberato in merito, la Sardegna sembra attendere lumi governativi, alla faccia dell’autonomia conclamata. Ugo Cappellacci parla anche dei funerali per i morti della Saras, della compostezza che li ha caratterizzati, dei valori dell’animo che i sardi portano in giro per il mondo. "Ringrazio voi per l’onore e la dignità dei sardi." E poi l’eterna promessa di utilizzare gli emigrati a mò di ambasciatori e di rinsaldare i rapporti con la regione Lombardia, fino a copiarne il modello sanitario d’eccellenza. Che è una di quelle leggende metropolitane sulle quali Formigoni (e Comunione e Liberazione) hanno fondato le loro fortune elettorali. Comunque sia anche Ugo Cappellacci si lascia andare a una confessione personale parlando della scomparsa dei suoi genitori, ambedue di Iglesias, che, nell’ultimo atto della loro vita, sono dovuti emigrare nei più attrezzati nosocomi milanesi. In verità c’è stato un tentativo di dare la parola, e il microfono, al popolo in sala. Ma qui è prevalsa l’anarchia spontanea della gente, sarda e non, che ha chiesto tutto e il contrario di tutto, dal " ci salvi l’iglesiente, per carità" ( neanche fosse la Madonna pellegrina!), a quella che gli ha consegnato uno "studio di fattibilità per la Barbagia", un’altra chiedeva conto di speculazioni edilizie nel nord Milano, al che anche il "tollerante
" Maullu (così si è autodefinito) ne ha proposto l’espulsione immediata dalla sala, visto l’insistenza con cui portava avanti la richiesta. Potenza dell’assessore alla sicurezza! Comunque la platea applaudiva il provvedimento auspicato. Cappellacci, imbarazzato e lusingato che lo si considerasse esperto di ogni cosa, ha comunque promesso di ritornare per, questa volta, a tutti rispondere. Per ora "siamo al tavolo dove si deciderà della continuità territoriale e i fondi per la Sassari-Olbia ci sono, così come sono salvi gli appalti a procedura speciale per l’ex G8 alla Maddalena." Ignazio la Russa, che conosco dagli anni ’70 quando "i neri" contendevano "ai rossi" l"agibilità" di piazza S. Babila, cosa che mi da un effetto di straniamento totale tutte le volte che lo vedo impettito in TV mentre passa in rassegna un reparto delle nostre truppe, si sofferma sul valore dei "nostri ragazzi" nelle "missioni di pace" in cui sono invischiati. L’ultimo ferito sardo, al Celio, l’ospedale romano, a sentire lui non vede l’ora che si rimargini la ferita al piede per poter tornare in Afganistan. Glielo ha detto indossando una maglietta neroazzurra. Dopo che il Cagliari ha fatto il campionato che sapete! Podestà dice di venire da due legislature a Strasburgo e che il Capo in persona lo ha pregato di correre per la provincia di Milano. Anche lui si spreca in elogi per la Brigata Sassari, quella che subito dopo Caporetto, ha ristabilito l’onore dell’esercito italiano. La Russa ci tiene a farci sapere che sta imparando a cantare l’inno della Brigata. (ma è difficile!) Insomma siamo in campagna elettorale e nel solleticare l’orgoglio isolano non c’è niente di male. Ammesso che basti questo per catturare qualche voto in più. Uno che ci riuscirebbe a mani basse è, a mio personale avviso, Benito Urgu da Oristano. Lui sì che è un mito vivente. E anche quando si presenta con la fascia tricolore al petto nella sua famosa macchietta del sindaco ha molto da insegnare ai politici veri per quanto riguarda la comunicazione immediata. Che lui, al suo paese, le strade le asfalta tutte in discesa. E per gli anziani scarpe con sotto le rotelle, per andare dal verduraio, unica bottega del posto. Quando si mette intesta "su muccadori"a più sottolineare quei baffi sempre neri che lo caratterizzano, la gente comincia a ridere da sola, che sa che Desolina Vacca le racconterà delle anziane che se ne vanno a Lourdes e a Fatima, dove Gianni Morandi canta la sua "Fatima…ndare dalla mamma a prendere l’acqua." Senza lasciarsi sfuggire uno di quei posti dove "violentano le donne", che non si sa mai. Mi viene da dire che Urgu è il Totò sardo, perfetto nei tempi tecnici della battuta, lui fa scoppiare l’applauso con un "boh!", con un corrucciare di ciglia. Qui a Milano ripropone il suo repertorio più tradizionale, quello che tutti hanno sentito innumerevoli volte nei quaranta e più anni che calca le scene dei palchi isolani. Eppure tutti ridono a crepapelle. Anche se tutti conoscono la battuta che verrà. O la canzone. Infatti quando si butta nel suo pezzo più famoso lascia che il pubblico gli si sovrapponga gioioso in coro:"…pica su quaddu/ curre curre a ti cambiare/ pro su twist tu ballare/ bogarì su gambale/ ah ah ah ah ah/ pro ballare su twist." Alla fine metà del pubblico gli si accalca contro, molti sono quelli che lo conoscono personalmente e sono venuti solo per lui. L’altra metà si avventa sul tavolo degli aperitivi (offre l’ospite di casa Stefano Maullu) e considerato che il teatro ha quasi novecento posti a sedere, più i palchi, tutti occupati in grazia anche della gratuità dell’avvenimento, vi assicuro che farsi versare un bicchiere di vermentino è un’impresa che richiede un’energia superiore alle possibilità del vostro cronista. Che se ne torna meditando di intervistare al più presto il personaggio di gran lunga più importante visto oggi, senz’ombra di dubbio: Urgu Benito, aristanesi.

Sergio Portas

IL CONCORSO PER I WRITING A MAGENTA, NELL’AMBITO DI "COLORANDO 150 ANNI"

FRA I PREMIATI, MATTIA PILIA, SOCIO DEL "GRAZIA DELEDDA"

Il concorso "Colorando 150 anni" di writing ispirato alla "Battaglia di Magenta" nell’ambito delle iniziative per il 150° promosso dall’Assessorato alle politiche giovanili, dedicato a tutti i giovani artisti del territorio appassionati di writing, porta anche la firma di Mattia Pilia, ventenne, studente presso il Liceo Artistico sperimentale "Leonardo" ad indirizzo grafico-visivo nonché vincitore del secondo premio del concorso e socio del circolo "Grazia Deledda" di Magenta. L’opera di Mattia (in collaborazione con l’amico Fulvio Marino) è visibile sulla parete esterna della palestra della scuola Santa Caterina in piazza Mercato. Mattia, ha conciliato l’espressione tipica "writer" contemporanea accostandola a soggetti di forte rievocazione storica, ponendo al centro dell’opera una cornice raffigurante il generale Mac Mahon. Sullo sfondo è visibile un paesaggio cittadino che richiama gradazioni cromatiche simili al rosso Magenta, sulla destra il logo del Comune ed una pergamena in onore ai caduti della Battaglia di Magenta. E’ stato utilizzato spray acrilico e mascherine. Il Comune aveva messo a disposizione un budget rispettato con un risparmio considerevole. I riconoscimenti per i due giovani di Magenta non sono mancati da parte dell’Amministrazione che ha messo loro a disposizione una somma complessiva di 500 euro in omaggio. Il sindaco Luca Del Gobbo ha espresso un sentito ringraziamento ai componenti della commissione che ha valutato i progetti di "Colorando" composta da docenti, pittori e galleristi.

ci riferisce Irene Saba

LAUREA A MILANO, PROFESSORE A TRIESTE, RICORDATO ALL’ACSIT DI FIRENZE

"SA BIBBIA SACRA" DI SALVATORE RUIU

La FASI ha sostenuto la pubblicazione de "Sa Bibbia Sacra" presso l‘editore nuorese Solinas (è stata poi pubblicata anche dall’Unione Sarda) acquistandone 100 copie, delle quali è stata fatta omaggio alle biblioteche dei circoli sardi. Bene ha fatto dunque il circolo di Firenze, nell’ambito delle manifestazioni dedicate a "S’annu de Sa Limba", a ricordare questo nostro dirigente dell’emigrazione e amico che è un importante personalità del ‘900 in Sardegna.

Giornalista, scrittore, poeta,
Salvatore Ruju manifesta da subito il suo spirito poliedrico attraverso una variegata produzione, che lo porta ad ottenere la Medaglia d’argento ai benemeriti della scuola. Numerose le opere da lui pubblicate tra saggi, narrativa e poesia. Per citarne alcune: "Ritorno all’Isola" (Cagliari 1989 con prefazione di Mario Ciusa Romagna, Edizioni Castello), "Sequestro di un Anima" (Società Editrice Trieste 1990), "La Casa del Corso" (Edizioni Castello, Cagliari 1995), E’ stato inoltre direttore di "Alba Serena", periodico dell’istituto ciechi di Milano, e"Il Tamburino Storia, Cultura e Arte in Sardegna" (edizione Il Fauno) insieme a Gianni Conti. Tra i suoi più alti riconoscimenti vi è il poderoso lavoro di traduzione della Sacra Bibbia in lingua sarda nuorese, opera con la quale ha ottenuto il riconoscimento da parte del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, esposta all’interno del Museo Mondiale di Bucarest. Precursore dell’Associazionismo dei Sardi emigrati, nella sua vita ha partecipato a numerosi congressi e convegni in Italia e all’estero; tra le altre cose si è occupato di volontariato, mostrandosi attivo nel sociale. E’ stato Docente per l’Università della Terza Età di Trieste col compito di illustrare della Sardegna le origini, la storia, la cultura e la lingua; sempre a Trieste ha ricoperto inoltre incarichi di prestigio all’interno del Lions club dove ha ottenuto numerosi riconoscimenti. Salvatore Ruiu era un intellettuale impegnato e schivo. La sua fatica letteraria più importante, con un lavoro durato 15 anni, la traduzione della Bibbia in lingua sarda, lo farà ricordare tra i protagonisti della letteratura sarda. Il contributo dato alla valorizzazione della lingua sarda, attraverso la traduzione dell’opera più universale della storia umana è grandissimo, in particolare serve a confermare la duttilità e le potenzialità del sardo, confermando il suo essere vera lingua. Era nato a Nuoro nel 1928 da una famiglia di intellettuali fortemente radicata nella cultura barbaricina. È stato un emigrato precoce per esigenze culturali: si è infatti laureato a Milano dove ha vissuto fino al 1971 e dove è stato preside dell’Istituto dei Ciechi. L’impegno verso i disabili e i più deboli è stata una costante della sua vita. Trasferitosi a Trieste, ha insegnato nelle scuole medie superiori, è stato poi preside dell’Istituto Rittmejer. La sua profonda e vostra cultura classica l’ha aiutato nella traduzione del testo sacro, confrontato continuamente con le fonti in latino e greco. Ha pubblicato romanzi e poesie. Per la traduzione della Bibbia ha consultato alcuni dei più grandi linguisti sardi, in particolare quelli di origine nuorese, Enzo Espa, Massimo Pittau e Luigi Farina; ha goduto anche della consulenza e del sostegno di una grande personalità della chiesa, l’Arcivescovo di Cagliari Mons. Ottorino Alberti. Lo voglio qui ricordare anche come vicepresidente dei circoli sardi di Trieste, dove ha operato, portando la sua cultura oltre che la sua grande umanità. Bobore Ruiu ha contribuito molto in quell’opera di trasformazione dei nostri circoli, da dopolavoro sociale a centri culturali. La sua passione per la musica e il canto in lingua sarda lo ha portato a formare un coro, da lui diretto, con un repertorio di canti sacri, protagonista in diverse occasioni della messa cantata in limba, durante le manifestazioni delle "Settimane Sarde".

Tonino Mulas

 

SILIGO RICORDA MARIA CARTA CON LA SETTIMA EDIZIONE DEL "PREMIO"

PREMIATA FIORELLA MANNOIA. RICONOSCIMENTO AI SARDI DI NEW YORK

E’ stato assegnato a Fiorella Mannoia "una delle più raffinate artiste della canzone italiana" la settima edizione del Premio Maria Carta a Siligo, paese natale dell’artista simbolo della canzone sarda scomparsa quindici anni fa. Fiorella Mannoia si aggiunge alla lista di artisti o ricercatori insigniti del Premio promosso dall’omonima Fondazione, nato con l’obiettivo di mantenere viva l’attenzione e l’interesse sul patrimonio etnomusicale sardo, da Noa a Savina Yannatou, da Giovanna Marini a Vinicio Capossela, da Elena Ledda a Andrea Parodi, all’etnomusicologo Bernard Lortat Jacob ai poeti Alda Merini e Franco Loi. Oltre al riconoscimento delle sue doti artistiche e professionali emerse in una carriera cominciata 40 anni fa (debutto a Castrocaro nel 1968) il premio – come si legge nelle motivazioni – vuole evidenziare la grande sensibilità umana dell’artista romana manifestatasi anche con la sua partecipazione al concerto tenuto all’Olimpico di Roma a favore dei terremotati in Abruzzo. Da Londra, un’altra premiata, una giovane cantante, compositrice e performer teatrale sarda, Filomena Campus, che ha saputo imporsi in questi anni nei circuiti non solo londinesi a testimonianza della capacità degli artisti sardi di suscitare interesse e attenzione all’estero. Il Premio in questa sua settima edizione celebra anche artisti e ensemble polivocali. Riconoscimenti sono andati al cantautore nuorese Piero Marras, al gruppo olbiese dei Cordas et Cannas, che celebra i trent’anni di attività, e alla Corale Canepa di Sassari, attiva da cinquant’anni. Tra i premiati, nell’ambito della ricerca e degli studi sugli aspetti del patrimonio etnomusicale isolano, Don Giovanni Dore, scomparso di recente, che a Tadasuni ha creato l’unico e straordinario per ricchezza di pezzi, museo dedicato agli strumenti musicali sardi. I familiari, intenzionati a tenere vivo quel museo, hanno ritirato il Premio. Un Premio particolare per il suo significato è stato assegnato alle maschere del carnevale mamoiadino, mamuthones e issocadores, quindi alla comunità di Mamoiada che di questa singolarissima espressione della cultura radicata in quel centro é ancora gelosa e appassionata custode. L’ultimo riconoscimento è rivolto, come tradizione da alcuni anni, al mondo dell’emigrazione, in considerazione del fatto che Maria Carta è stata ambasciatrice della cultura sarda nel mondo. Il premio è stato attribuito al circolo Shardana di New York, punto di riferimento di una nutrita pattuglia di emigrati sardi negli Stati Uniti e che proprio lo scorso anno ha voluto ricordare la figura di Maria Carta con una riuscita iniziativa.

 

MARIA ANTONIETTA MAMELI ALLE OLIMPIADI DELL’ARTE DI BASILEA

L’ARTISTA SARDA CHE VIVE A NEW YORK

Per Maria Antonietta Mameli, fotografa-avvocato cagliaritana con studio e casa a New York, è arrivata di nuovo Art Basel, "le Olimpiadi del mondo dell’arte", secondo il New York Times, "la migliore Fiera del mondo", per Le Monde. E così a Basilea, dal 10 al 14 giugno, l’artista sarda ha offerto – in una eccezionale panoramica tra pittura, disegno, scultura, installazioni, video e fotografia – le sue immagini. Aveva già esposto in prestigiose gallerie newyorkesi (Bruce Silverstein Photography), ha partecipato
a esposizioni internazionali (Art 39 Basel, 2008; Paris Photo 2007 e 2008) e ha raccolto lusinghiere recensioni (fra tutte quella sul The New Yorker). Le sue foto sono state acquistate in Giappone. A Basilea, quest’anno, erano ospiti 300 tra le principali gallerie d’arte provenienti da Africa, America Latina, Asia, Europa, Nord America. Oltre 2.500 artisti in mostra: dai maestri dell’arte moderna all’ultima generazione di stelle emergenti. Tra queste, appunto, Maria Antonietta Mameli. Una carriera artistica fulminante nel campo delle immagini dopo i successi tra i libri di Diritto internazionale. Il segreto del successo? "Un fortissimo desiderio di rappresentare la realtà allontanandosi da essa, ricostruendo con l’apparato fotografico un percorso di rivalutazione delle forme e delle proporzioni". Per ammirare le foto by Mameli andare nel sito della galleria che l’ha scoperta: http://www.brucesilverstein.com

 

LA SARDEGNA PROTAGONISTA NEGLI STATI UNITI

AGROALIMENTARE, VETRINA A NEW YORK

Pane carasau, bottarga, olio, formaggi, vini e pasta. Sono i prodotti che la Sardegna ha presentato alla 55ª edizione del Fancy Food Summer di New York, la più importate fiera agroalimentare del Nord America e una delle più prestigiose al mondo. Alla manifestazione allestita al Jacob K. Javits Center di Manhattan dal 28 al 30 giugno, hanno partecipato, con la Regione Sardegna, 10 aziende sarde. Il Fancy Food è una delle principali porte di accesso al mercato americano, una vetrina che offre agli operatori la possibilità di farsi conoscere alla media e grande distribuzione, di siglare accordi di partenariato e di favorire l’interscambio tra imprese e aumentare così il proprio volume di esportazioni. L’evento richiama ogni anno circa 25 mila visitatori e 2500 espositori provenienti da 81 Paesi del mondo. In mostra oltre 250 mila prodotti. Per la Sardegna si tratta di una presenza ormai consolidata, che ha consentito ad alcuni produttori di entrare nei ristoranti e nei supermercati specializzati degli Stati Uniti. Il pane carasau viene oggi servito in molti ristoranti newyorkesi, dove sempre più spesso capita di imbattersi in menu che offrono specialità alla bottarga. Diversi negozi alimentari vendono oggi regolarmente i formaggi, l’olio e i vini sardi e altri prodotti sardi. Il Fancy Food è un’importante occasione di incontro con distributori e clienti. Gli Stati Uniti rappresentano per la Sardegna, il secondo mercato estero per volume di esportazioni dopo il Giappone. Negli Usa, e a New York in particolare, la bottarga, pur restando un prodotto di nicchia, ha una grande diffusione anche nella vasta comunità ebrea, essendo certificata con il marchio Casher. Nonostante la crisi economica quello americano è un mercato promettente, ma anche molto competitivo. Per affermarsi non basta partecipare al Fancy Food, è necessario lavorare prima e dopo per coltivare le relazioni. Oltre all’esposizione, bisognerebbe svolgere in modo continuativo attività promozionali collaterali alla fiera.

Vanessa Usai

TANTE LE AREE MARINE PROTETTE IN GIRO PER LA PENISOLA

LA SARDEGNA E’ LA REGIONE PIU’ BLU

Da Lampedusa a Portofino sono 26 le aree marine protette del Bel Paese. La regione più "blu" d’Italia è la Sardegna a pari merito con la Sicilia con ben 6 aree marine tutelate, a seguire la Campania e la Liguria con 4 e la Puglia con 3, il Lazio ne conta 2, la Calabria, la Toscana e il Friuli Venezia-Giulia ne hanno una.

Questa la lista dei gioielli blu del nostro Paese. In Sardegna: l’area marina protetta della Penisola del Sinis – isola di Mal di Ventre, l’area marina protetta Tavolara – Punta Coda Cavallo, l’area marina protetta Capo Carbonara, l’area marina protetta Capo Caccia isola Piana, l’area marina protetta isola dell’Asinara, il Santuario internazionale per i mammiferi marini. In Sicilia: l’area marina protetta del Plemmirio, la riserva marina isole Pelagie,la riserva marina isola di Ustica, la riserva marina isole Ciclopi, la riserva marina isole Egadi, la riserva marina Capo Gallo isola delle Femmine. In Campania: l’area marina protetta Punta Campanella,l’area marina protetta Regno di Nettuno, il parco sommerso di Baia, il parco sommerso di Gaiola. In Liguria: l’area marina protetta delle Cinque Terre, l’area marina protetta Isola di Berteggi, l’area marina protetta di Portofino, il Santuario internazionale per i mammiferi marini. In Puglia: la riserva marina di Torre Guaceto, l’area marina protetta Porto Cesareo, la riserva marina delle isole Tremiti. In Lazio: la riserva marina di Ventotene e Santo Stefano, l’area marina protetta Secche di Tor Paterno. In Calabria: l’area marina protetta Capo Rizzuto. In Toscana: il Santuario internazionale per i mammiferi marini. In Friuli Venezia-Giulia: la riserva marina di Diramare.

 

IN VETRINA L’ECONOMIA ALTERNATIVA CON DIBATTITI, SPETTACOLI E MOSTRE

LA SARDEGNA DAL G8 AL GSOTT8

Mentre l’Abruzzo, martoriato dal terremoto, si prepara ad ospitare il G8 dei potenti della Terra, la Sardegna è pronta ad accogliere il "Gsott8". Con una settimana d’anticipo rispetto al summit dei grandi, il Sulcis-Iglesiente e il Medio Campidano ospiteranno il forum organizzato dalla società civile, che coinvolge centinaia di esperti, associazioni cattoliche e laiche provenienti da decine di paesi di tutto il mondo. Carbonia, Iglesias, Monteponi, Montevecchio e Villamassargia faranno da cornice al G8 con: dibattiti, spettacoli, visite guidate, mostre, laboratori delle produzioni locali. Con un obiettivo: mettere a confronto le riflessioni dei partecipanti e proporre alternative produttive, economiche, ambientali e sociali all’attuale modello di sviluppo. L’iniziativa nasce in Sardegna, nella zona del Parco geominerario del Sulcis, per valorizzare chi, in un tessuto locale tanto simbolico rispetto ai limiti di sistema del cosiddetto sviluppo come quello sardo, e in particolare del Sulcis Iglesiente Guspinese, già da anni si confronta concretamente con i limiti del modello di sviluppo industriale basato sullo sfruttamento intensivo delle risorse naturali, e con le alternative produttive, economiche e sociali da contrapporvi dal basso. All’
origine del Gsott8 una semplice constatazione: «La Commissione di esperti sulla riforma del sistema finanziario e monetario internazionale istituita dal presidente delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon e presieduta dal nobel 2001 per l’Economia prevede con l’Organizzazione internazionale del lavoro che i 30 milioni di disoccupati in più che si registreranno al termine del 2009 rispetto al 2008 a causa della crisi, potrebbero diventare 50 milioni. Circa 200 milioni di persone, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, potrebbero essere spinti al di sotto della soglia della povertà mentre altri milioni di famiglie nei Paesi sviluppati stanno rischiando di perdere la casa, l’assistenza sanitaria o la pensione». Numeri che parlano di un collasso diffuso all’interno di un sistema economico in crisi. Questa edizione del G8, insomma, sarà la prima a non poter vantare un risultato positivo nella lotta alla povertà. Secondo questi esperti, senza una risposta che riconosca il ruolo di ciascuna comunità nel processo di riforma di questo sistema, la stabilità economica e politica globale non potrà essere ripristinata». Insomma, per i promotori, non basteranno « i G7, né i G8, ma tanto meno i G20 per affrontare questa crisi e superarla, ma ci sarà bisogno del contributo e dei rappresentanti di tutto il pianeta: dai G-192 rappresentati nelle Nazioni Unite fino a ciascuno di noi». Da qui la risposta al vertice elitario: «Alternative concrete dal basso, a Nord e a Sud, per uscire dalla crisi». Il Gsott8 sardo sarà una piccola vetrina sul mondo: in programma una serie di trasmissioni radiofoniche intitolate Bazar e prodotte dalla web radio comunitaria Amisnet che preparerà l’evento in tutta Europa in collaborazione con Sheffield live (Sheffield), Radio Vallekas (Madrid) Radio Tas Tas (Bilbao), Radio Tilos (Budapest), Fuzion Radio (Budapest). Amisnet produce, inoltre, con una regia mobile, servizi e collegamenti nel corso delle giornate del Gsott8. C’è, poi, un TG web prodotto da Arcoiris.tv: racconta gli avvenimenti e i temi salienti di ciascuna delle giornate centrali.

Cinzia Isola

SEMPRE MENO VISITATORI NEI MUSEI SARDI: IL CALO E’ DEL 12%

IL COMPENDIO GARIBALDINO A CAPRERA IN CRISI

Tra i musei più visitati d’Italia non c’è alcun sito della Sardegna. L’ultimo della classifica dei top-trenta stilata dal ministero dei Beni culturali è il castello Scaligero di Sirmione (Lombardia) con oltre il doppio di presenze registrate dal Compendio Garibaldino di Caprera. La casa colonica con la tomba dell’Eroe continua ad essere il museo più frequentato dell’isola, ma lo scorso anno ha rischiato di perdere lo scettro. Dopo decenni di predominio assoluto il compendio caprerino ha perso in due anni 35 mila visitatori. Un vero tonfo, con un trend che quest’anno potrebbe segnare il sorpasso. Il complesso del Sinis con il sito archeologico di Tharros, il museo di Cabras e la torre spagnola hanno chiuso il 2008 con 70.674 visitatori, un numero ormai vicinissimo ai 72.324 biglietti staccati a Caprera. E dietro incalza anche la reggia nuragica Su Nuraxi di Barumini con 64.216 presenze. I dati ufficiali del ministero dei Beni culturali confermano quelli annunciati dal Touring Club italiano che a Milano ha presentato il dossier annuale sui musei nazionali. Ne esce una radiografia impietosa che documenta lo stato di abbandono dell’enorme patrimonio culturale italiano. Per il secondo anno – denuncia il Touring – calano i visitatori: da meno 2,6% del 2007 al meno 3,8% nel 2,8. In Sardegna – dati del ministero – la situazione è ancor più pesante, se non drammatica: 32 mila visitatori in meno in tre anni, da 337 mila del 2006 ai 305 mila nel 2008 con un valore di meno 12%. Una crisi, quella dei beni culturali sardi, ben più profonda del resto d’Italia, che dovrebbe far riflettere in una terra che punta molto sul turismo e quindi sulla valorizzazione del patrimonio archeologico e museale. Caprera è l’esempio più evidente. Nel 1982 in occasione del Centenario della morte dell’Eroe, conobbe il massimo successo con 200 mila visitatori. Dieci anni dopo ne contò 175 mila. Sino al 2006 si è mantenuto sempre sopra i centomila visitatori. Poi il crollo. Mentre Tharros-Cabras è cresciuto e Barumini ha tenuto bene il calo generale. «Il primo semestre del 2009 presenta dati ancor peggiori» avvisa Mario Resca, direttore generale del ministero, parlando del panorama nazionale. Che succede? La crisi economica non ha risparmiato il settore, anzi lo ha pesantemente colpito. E la Sardegna non fa eccezione. Il ministro Sandro Bondi, ha illustrato la sua ricetta per salvare il settore: i musei devono smettere di essere uno dei tanti compiti delle Soprintendenze e diventare fondazioni autonome con un direttore e un bilancio. I responsabili del ministero hanno lanciato l’allarme: i 6500 musei e siti archeologici statali – un patrimonio unico al mondo – sono in agonia. Pochi hanno strutture adeguate, mancano audioguide, servizi per bambini, ma soprattutto devono fare i conti con la carenza cronica di personale. «Il personale attualmente in servizio è una categoria in via di estinzione» spiega l’archeologo e docente oristanese Raimondo Zucca: «Dai dirigenti ai custodi sono tutti figli della legge 285 del 1977. Hanno iniziato già ad andare in pensione e si calcola che nel 2016 saranno estinti. Nel frattempo non vengono sostituiti perché i concorsi per ogni qualifica si fanno col contagocce. Di questo passo non vedo una soluzione». Il caso Caprera insegna. I dipendenti (statali) sono appena una dozzina. Riescono a tenere aperto tutti i giorni (festivi compresi) dalle 9 alle 13,30. Da luglio l’orario estivo verrà esteso sino alle 18,30 con la chiusura del lunedì e della domenica pomeriggio. «In questo modo si cerca di venire incontro alla massa dei turisti che arrivano anche con gruppi numerosi» sottolinea la soprintendente Luciana Arbace. Da appena un anno in Sardegna, proveniente da Napoli, si ritrova ad affrontare la crisi dei musei sardi. «Credete che in Campania sia meglio? Anzi, siti famosi come Pompei ed Ercolano hanno problemi ancor maggiori». Perché il compendio Garibaldino è crollato? Secondo l’architetto Arbace paga il rincaro dei traghetti, il costo dell’ingresso (ora 5 euro) e gli orari ridotti a causa della carenza di personale. «Ho chiesto al ministero di assumere ex dipendenti della Nato che potrebbero dare un grosso aiuto, ma per ora dobbiamo fare i conti con quelli che abbiamo», dice. Per rilanciare il museo, oltre ad allargare la fascia oraria, la soprintendente punta sugli eventi: dal 4 luglio arriva la mostra sui cimeli restaurati di Garibaldi. «In realtà – dice Luciana Arbace – Caprera vive i problemi degli altri musei nazionali. È la crisi delle attrazioni del tempo libero a pagamento, la gente non ha più soldi. Pensiamo che un concerto di Lucio Dalla a Cagliari ha richiamato meno di mille spettatori all’anfiteatro. Impensabile sino a pochi anni fa». Secondo la soprintendente è una crisi strutturale su cui poco potrà fare la ricetta Bondi. «Nessun m
useo al mondo, neppure il Louvre o il Metropolitan, si mantengono con gli ingressi, ma vivono grazie alle donazioni e ai contributi pubblici. Nessun museo italiano potrebbe sopravvivere solo sulle spalle di una fondazione», conclude la soprintendente. Come mai Tharros resiste e, al contrario, cresce? «Sicuramente è il sito fenicio punico più vasto e famoso del Mediterraneo» sostiene l’assessore alla cultura del Comune di Cabras Sergio Troncia: è ben pubblicizzato, ma soprattutto si trova in una felice posizione al centro dell’Isola. Non c’è tour turistico che non preveda almeno una sosta al sito. Molti aggiungono il museo che, dalla sua, organizza mostre ed eventi. «Contiamo di crescere ancora dal prossimo anno quando, come speriamo, verranno riportate a Cabras le statue dei giganti di pietra trovate a Monte Prama, attualmente in fase di restauro a Sassari», rileva Carla Del Vais curatrice del museo che da solo nel 2008 ha accolto 9328 visitatori, ai quali si sommano i 56.761 di Tharros e i 4590 della torre spagnola. Risultato importante nel panorama regionale, ma lontanissimo dai numeri dei siti nazionali.
Carlo Figari

 

UNA NUOVA LEGGE RISARCISCE I SOLDATI E I CIVILI CON UN TUMORE

URANIO, LO STATO RIMBORSA I MALATI

La richiesta di risarcimento deve pervenire entro sei mesi. Per gli indennizzi si parte da 200 mila euro. Risarcimenti certi per i soldati o i civili che si sono ammalati di tumore durante le missioni di pace all’Estero oppure nei poligoni militari come quelli sardi di Quirra e Teulada. Li stabilisce una nuova legge, un decreto del Presidente della Repubblica che ha accolto la proposta arrivata dal ministro alla Difesa Ignazio La Russa. La svolta è storica: per la prima volta lo Stato riconosce di dover risarcire chi si è ammalato svolgendo la sua opera di soldato oppure perché abita nei pressi delle basi militari teatro delle guerre neanche troppo simulate. In pratica si indennizza chi è rimasto esposto al cosiddetto inquinamento bellico (e portatore di tumore). E di fatto si accoglie sia le azioni dei pacifisti, sia le risultanze dei lavori delle commissioni parlamentari di inchiesta e degli esperti che si sono occupati del caso uranio impoverito. In passato i militari dovevano affrontare delicate cause di servizio per ottenere il cosiddetto equo indennizzo. Oppure tentare la strada del risarcimento danni davanti al tribunale, la stessa che hanno tentato di percorrere i civili a stretto contatto con le zone militari. Strategie lunghe e complicate, che spesso hanno scoraggiato tante persone alle prese con delicate cure o con familiari da piangere. «Abbiamo vinto una battaglia – spiega Mariella Cao, portavoce del comitato pacifista "Gettiamo le basi" – che avevamo cominciato nel 2001. Sia chiaro, il ministro La Russa non sta regalando niente, ha soltanto preso atto del lavoro delle commissioni parlamentari. Ed è una legge da migliorare: oggi sono troppo ristretti i tempi per chiedere gli indennizzi (sei mesi), si viene inseriti a una sorta di graduatoria e quindi ricevere il giusto risarcimento diventa come partecipare a un concorso. Inoltre vengono esclusi i civili che risiedono in centri lontani più di un chilometro e mezzo dai poligoni. Per esempio, un muratore che ha lavorato nella Base di Quirra e che si è ammalato di tumore, non potrebbe chiedere il risarcimento se risiede a Ballao. Ovviamente noi invitiamo tutti a presentare ugualmente richiesta: è una questione di giustizia». Il punto cardine della nuova legge è frutto degli studi della biologa Maria Antonietta Gatti di Modena. È lei che ha studiato le nanoparticelle di metalli pesanti con forme particolari che possono essere prodotte soltanto da esplosioni a una certa temperatura e che provocano il cancro. Queste nanoparticelle sono state ritrovate nelle pecore a Quirra, negli organi dei militari o dei civili che hanno lavorato sia in zona di guerra sia nei poligoni sardi, facendo sorgere il sospetto, dichiarato a più riprese dai pacifisti, che anche in Sardegna siano state testate armi all’uranio impoverito. Massimo Leggiero, presidente dell’Osservatorio militare, un’associazione vicina ai graduati e ai civili vittime di tumori, esprime la sua soddisfazione per la nuova legge: «L’abbiamo sollecitata per anni, adesso finalmente è arrivata e farà giustizia per chi ha perso un familiare o per chi lotta contro i tumori a causa delle inadempienze della Difesa che ha mandato i soldati allo sbaraglio nelle zone di guerra». E aggiorna una statistica da brivido. «I casi di malati sono 2357, i morti 177. E una trentina riguardano soldati che presumibilmente si sono ammalati in Sardegna perché hanno partecipato soltanto ad esercitazioni a Teulada e a Quirra senza essere mai stati impiegati in missioni di pace nell’ex Jugoslavia, Iraq, Somalia o Afghanistan». I risarcimenti partono da 200 mila euro, ma in base ai punti di invalidità o in caso di morte si possono raggiungere cifre importanti. Se è possibile risarcire un familiare che ha perso un proprio caro vittima di un tumore causato dall’inquinamento bellico.

 

E’ USCITO IL NUOVO LIBRI DI GIACOMO MAMELI

SARDEGNA DI DENTRO, SARDEGNA DI FUORI

Giacomo Mameli nasce a Perdasdefogu, nel1941. Giornalista, scrittore nonché direttore del mensile "Sardinews". Laureato in Sociologia, alla Scuola superiore di giornalismo di Urbino ha discusso la tesi con Paolo Fabbri ("Quattro paesi, un’isola"). Insegna Teoria e tecnica della comunicazione nelle scuole superiori, docente a contratto con l’Università di Cagliari, facoltà di Scienze politiche (Master in Comunicazione nella pubblica amministrazione) e alla facoltà di Lingue (laboratorio di giornalismo). Ha lavorato presso la testata giornalistica l’Unione Sarda e, ad oggi, collabora con La Nuova Sardegna. Ha condotto per vent’anni programmi tv come "Facciamo i conti" e "Quelli che fanno" su Videolina, "Ma però" su Sardegna 1. Per la Rai conduce su Radio 1 il settimanale "In famiglia". Per due anni (1991-1992) è stato addetto stampa del ministro degli Esteri. Ha pubblicato per la Cuec "La squadra" (1999)," Sardegna
anni 2000", "Sedici ore al giorno" (2003), "Non avevo un soldo" (2004), "Donne sarde" (2005). E "Con La ghianda è una ciliegia" (2006) ha esordito nella narrativa. In questo nuovo lavoro lo scrittore ci conduce attraverso la Sardegna meno nota, che procurerà al lettore molte sorprese e gli farà intuire stili di vita, memorie e aspettative dei suoi abitanti. Si concentra sopratutto sulle radici, senza peraltro esaurirsi in sterili celebrazioni. Un cofanetto contenente due distinti volumi, nei quali e raccontata una Sardegna che lavora, che si dà da fare, nei mestieri e nelle professioni, con i sardi che vivono tra il golfo degli Angeli e l’Asinara; quelli affermati nel mondo che nel mondo ci vivono bene e volentieri, con e senza rimpianti. C’è la Sardegna di Gonare amata dai botanici tedeschi, la Sardegna crocevia europeo di tecnologia mineraria nell’Ottocento, la Sardegna che si specializza nell’agroalimentare con le regole della shelf life. C’è la Sardegna di Oliena che, con "Bèrtulas", interpreta la Sardegna di ieri ma la sa proiettare nell’oggi con intelligenza. C’è Veronica Usùla di Villacidro che vuol vivere colorando le stoffe con i colori delle erbe raccolte nel suo paese d’ombre. E c’è anche la Sardegna che rischia di perdere i suoi paesi, che si spopola. Trovate gente del mondo, emigrati dai cinque Continenti e che in Sardegna hanno messo casa. E ci stanno bene. E ci sono i sardi che vivono nel mondo. E che nel mondo lavorano, studiano e hanno studiato con profitto. Trovate insieme attori- doppiatori e direttori di musei, sarti a Torino e infermiere professionali in California, ricercatori e ricercatrici. Tanti. Tante. Alcuni di loro hanno scritto sul tema "La Sardegna che vedo, la Sardegna che vorrei". Emerge una Sardegna che – ovviamente – tutti amano ma che tutti vorrebbero più aperta al mondo, più rispettosa delle diversità. Vorrebbero una Sardegna che rispetta la natura e le tradizioni. Una Sardegnaisola non più isolata.

Giovanni Fiabane

 

SEICENTO ANNI FA, LA BATTAGLIA DI SANLURI

SA BATALLA DE SEDDORI

Era una domenica, il 30 giugno di seicento anni fa. Un giorno ignorato dai libri di storia. Un giorno fatale.
In storiografia non è lecito né utile spiegare tutto sulla base del mero avvenimento, ma un singolo avvenimento può essere simbolicamente significativo. Oltre, naturalmente, a costituire uno spartiacque, un "prima di" e un "dopo di", che senza di esso non ci sarebbero stati. Ci sono avvenimenti di questo tipo, singolarità del processo storico che riassumono antefatti complessi e dispiegano significati nel futuro. La Battaglia di Sanluri (sa Batalla de Seddori) è uno di questi. In una assolata domenica di fine giugno, con i fuochi delle feste di prima estate ancora caldi e decenni di guerra alle spalle, si arrivò alla resa dei conti tra due eserciti, due sovrani, due popoli. Non era più la classica guerra feudale. Forse non lo era mai stata. Era lo scontro per la vita e per l’esistenza come soggetto storico tra sardi (la naciò sardesca delle fonti iberiche, sa republica sardisca della Carta de Logu) e i catalani, popolo egemone del potente regno di Aragona. Comunque si fosse arrivati a quel momento decisivo, ormai non contava più. Quel che era certo era che chi fosse uscito vincitore da quel "giudizio di Dio" avrebbe ottenuto l’intera posta in palio: il dominio sulla Sardegna. Migliaia di sardi, mal comandati (quasi solo da stranieri), al seguito di un sovrano imbelle e poco amato, scesero in campo contro uno degli eserciti più forti dell’epoca, guidato dal grande condottiero Pedro Torrelles e dal re di Sicilia e infante d’Aragona Martino il Giovane. L’epistolario tra i comandi catalani e il re  d’Aragona, Martino il Vecchio, rende bene l’attesa e la preoccupazione per uno scontro dall’esito per nulla scontato. Era da decenni che i sardi sconfiggevano, a volte clamorosamente (come nel 1368, a S. Anna, presso Oristano, o nel 1391, sotto la reggenza di Eleonora), gli eserciti catalani. La guerra era stata una causa di indebolimento finanziario e di perdita di prestigio internazionale per la casa dei conti-re barcellonesi e per la Catalogna. Un’altra sconfitta avrebbe decretato una sentenza storica difficilmente appellabile. I sardi, dal canto loro, arrivavano alla prova decisiva estenuati da decenni di conflitto, dall’imperversare della peste nera e dalla crisi economica generale che, insieme al resto, colpiva l’isola in quegli anni. L’esito dello scontro è ben noto (o dovrebbe esserlo). Dalle parti di Sanluri, oltre a su Bruncu de sa Batalla (il poggio della battaglia), esiste un luogo dal nome inquietante: s’Occidroxiu, il Macello. Lì venne stroncata l’ultima resistenza di quel che restava dell’esercito dei sardi, mentre Guglielmo di Narbona, zuighe arborense, immeritevole erede e successore di Mariano IV ed Eleonora, scappava con i suoi cavalieri francesi verso il castello di Monreale. La sconfitta fu disastrosa. Eppure, non sarebbe lecito attribuire ad essa tutto ciò che ne seguì. La storia ha percorsi che spesso rispondono a logiche diverse da quelle della forza pura e semplice e l’inerzia dei processi profondi ha la meglio sul singolo evento. I catalani alla fine ottennero quel che volevano non con la forza delle armi, ma per tradimento (conquista di Oristano) e per compravendita (del titolo e del territorio da Guglielmo di Narbona). Ma anche la stagione della potenza catalana era finita. Proprio nel momento del massimo trionfo, l’ultimo erede della casata barcellonese, Martino il Giovane, morì a Castel di Calari (l’attuale Cagliari) meno di un mese dopo la battaglia di Sanluri. Un fatto che, a dispetto della vittoria conseguita, ebbe conseguenze drammatiche per la Catalogna e il suo ruolo politico. Fino ai giorni nostri. Una nemesi che, purtroppo, può consolare ben poco gli sconfitti di allora. Noi. La memoria di questi eventi, ben viva in Catalogna, è stata a lungo rimossa in Sardegna. Nessun libro di storia, tra quelli su cui i sardi per generazioni hanno studiato, li riporta. Troppo difficili da incastrare nell’arrangiato collage della storia d’Italia. Troppo forti, dal punto di vista simbolico, per non aver anche potenziali (e "pericolosi") esiti politici. Quanti di noi celebreranno oggi la memoria di quell’episodio di seicento anni fa? Quanti sapranno attribuirgli il giusto significato? Pochi, temo. Nell’opuscolo che presenta le commemorazioni di questi giorni, prodotto dalla
pro loco di Sanluri, c’è la dimostrazione di quanto ancora venga tradito, consapevolmente o inconsapevolmente, il senso di un passato ingombrante. "Dove morirono la Catalogna e la Sardegna e nacque l’Italia" si dice testualmente. L’Italia! Cosa mai avrà a che fare un’espressione geografica aliena con un fatto del 1409 riguardante sardi e catalani è un mistero che varrebbe la pena di chiarire. L’Italia, intesa come stato e come comunità nazionale, non solo allora non esisteva, ma nemmeno era nella
mente di alcuno. Quell’evento, quei decenni di conflitto, i processi culturali e politici che li avevano prodotti, avevano un loro senso, una loro portata simbolica, cause ed effetti che solo la compulsiva applicazione di una ideologia può denotare come la premessa storica dell’Italia. Allora eravamo sardi, la nazione sarda, che lottava per la propria libertà (per la "liberazione della patria", recitava la campana bronzea di Ugone III, fusa nel 1382), per la propria dignità. Questo prima ancora che tali processi di identificazione prendessero piede nella modernità europea. E allora ricordare oggi quell’evento e quell’epoca non dev’essere la stanca commemorazione di una sconfitta, da "nazione fallita", ma deve essere la riconciliazione con un passato in cui eravamo sovrani, eravamo un "noi" che si confrontava con le altre collettività umane come soggetto attivo della propria storia. Deve essere la base per guardare al futuro con uno sguardo diverso, libero, aperto. Da consapevoli abitatori di questa terra preziosa, eredi di una storia grande della cui altezza dovremo mostrarci degni.

Omar Onnis

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Un commento

  1. Il 1° Maggio 2016 Cagliari e tutta la Sardegna festeggiano la 360^ Festa di Sant’Efisio.Un intenso momento di devozione, fede, cultura e tradizioni centenarie che si fondono in una processione che non ha eguali. Sant’Efisio, nato in una città dell’Asia Minore, visse all’epoca dell’Imperatore Diocleziano nel III sec. d.C. Giovanissimo intraprese la carriera militare e, inviato in Italia per contrastare la diffusione del cristianesimo, la tradizione vuole che si convertì in seguito alla visione straordinaria di una croce splendente nel cielo che successivamente si impresse nel palmo della mano e sentendo la voce di Cristo che lo rimproverava per la sua missione sanguinaria. Giunto in Sardegna, mentre i suoi soldati combattevano i barbari, Sant’Efisio si convertì al cristianesimo e ne divenne difensore, disobbedendo agli ordini di Diocleziano il quale ne comandò il martirio che avvenne il 15 gennaio del 303 d.C. nella prigione di Nora. Il rito ha origine da un Voto del 1652 della Municipalità di Cagliari, oggi custodito presso l’Archivio storico, nel quale s’invoca l’intercessione di Sant’Efisio per far terminare la peste e ci si impegna a celebrare ogni anno e perpetuamente una Festa solenne. Dal 1657 si ripete annualmente con una cerimonia solenne la Festa di Sant’Efisio, il Pellegrinaggio da Cagliari al luogo del martirio del Santo e i riti di scioglimento del Voto voluto dalla Municipalità di Cagliari. Ogni 1° di maggio, quindi, i fedeli accompagnano il Santo in questa tradizionale processione, ripercorrendo il tragitto che giunge dal carcere in cui venne imprigionato al luogo del martirio a Nora, per poi tornare alla sua Chiesa di Stampace il 4 maggio entro la mezzanotte.

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