Rapporto annuale di "Amnesty International" sulla pena di morte

di Chiara Masia

 

Ogni anno, l’Organizzazione non governativa indipendente "Amnesty International" pubblica un rapporto che riporta i dati sulle condanne a morte ed esecuzioni nel mondo. Il documento del 2009 relativo al 2008, riporta dati che, pur rilevando un miglioramento generale rispetto agli anni precedenti, continuano a rimanere agghiaccianti.  Secondo l’Associazione, nel 2008 sono state condannate alla pena capitale 8864 persone. Le esecuzioni sono state 2390. Il continente asiatico, ha fatto registrare il maggior numero di esecuzione negli 11 paesi che ancora ricorrono a questo strumento punitivo. I paesi sono, fra gli altri, l’Iran (346 esecuzioni), l’Arabia Saudita (102), Pakistan (36), Giappone (15) e Cina. Quest’ultima ha giustiziato circa 1718 detenuti nel braccio della morte. "Amnesty" a riguardo evidenzia il fatto che il numero potrebbe essere molto più alto a causa del segreto di Stato. Dato sconcertante ma prevedibile. La Cina è una dittatura ed è anche il paese con la densità di popolazione maggiore. Fra le vittime iraniane anche dei minorenni. I metodi utilizzati negli Stati variano e vanno dall’impiccagione, alla lapidazione, alla fucilazione, fino alla decapitazione pubblica e, a volte, alla crocifissione. In alcuni paesi asiatici, è stato rilevato quanto la pena sia spesso inflitta al termine di processi iniqui o come sia, spesso, sproporzionata nei confronti delle minoranze etniche e religiose. In questo spaventoso elenco, vengono inseriti anche gli Stati Uniti con 37 condanne, eseguite per la maggior parte in Texas. Negli USA il metodo più utilizzato dal 1977, oltre alla sedia elettrica, è l’iniezione letale. Il documento di "Amnesty" evidenzia anche alcuni dati positivi. Solo 25 dei 59 paesi che ancora non hanno abolito la pena di morte, hanno effettivamente eseguito delle condanne. L’Europa, che il 18 dicembre 2007 ha ratificato la moratoria universale della pena di morte, è libera dalle esecuzioni capitali, fatta eccezione per la Bielorussia. L’ex Repubblica Socialista Sovietica è rimasta l’unico Stato che possiede ancora detenuti nel braccio della morte. Sempre nel rapporto, si legge che dal 1991 sono state uccise circa 400 persone, con un procedimento, anche in questo caso, avvolto dal segreto di Stato. I prigionieri vengono giustiziati con un proiettile nella nuca e non vengono fornite informazioni ai familiari, né sul giorno né dell’esecuzione, né sul luogo della sepoltura. Anche in Giappone – dice "Amnesty" – l’ordine d’impiccagione viene annunciato il giorno stesso al condannato e i familiari solo a cose avvenute. Una situazione intollerabile, in aperta violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. "Amnesty" ha promosso una petizione online per fermare le esecuzioni in Bielorussia (www.amnesty.it). E’ certo che la pena capitale non abbia alcun potere deterrente sul crimine. Più di uno studio e svariate ricerche statistiche lo hanno dimostrato. La pena capitale soddisfa un desiderio di vendetta, rendendo, l’istinto umano, legge.

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