Incontro fra emigrati a Cagliari: Josephine dalla Francia, Mario dalla Finlandia

di Mario Sconamila

 

E’ la mattina del 17 febbraio in una Cagliari che mi appare sonnolenta e poco ciarliera. L’appuntamento è fissato nell’edicola di Piazza Garibaldi.  Per me questa non è una piazza qualsiasi, una delle tante: rappresenta invece il luogo della mia primissima infanzia, le scuole elementari "A.Riva", i giardinetti prospicienti. Quel pezzo è rimasto immutabile nel tempo, magicamente salvatosi dal rumoroso e invadente traffico che poco distante attanaglia tutto e tutti. Ma la mia piazza di un tempo ha perso lo splendore della presenza dei bambini che festanti giocavano nelle "furrische", quel confuso e bellissimo vociare e correre che noi adolescenti imponevamo con la nostra allegria. Adesso la piazza sembra spenta, nessuna presenza di bambini, quasi un posto desolato frequentato dai vecchietti che nelle incerte panchine trascorrono la loro mattinata.  La intravvedo subito, la simpatica Josephine, col suo soprabito bianco, gli occhi vispi e lo sguardo attento e scattante.  Siamo due sardi: per motivi concomitanti ci troviamo a trascorrere qualche giorno in Sardegna. Lei vive in Francia, a Parigi, io in Finlandia. Ci siamo conosciuti virtualmente, se ricordo bene, circa tre anni fa, frequentando il forum di un quotidiano regionale. L’idea di incontrarla personalmente mi incuriosiva per il semplice motivo che ho sempre apprezzato i suoi interventi nello stesso forum, il più delle volte finalizzati a fare delle proposte riguardanti il benessere ed il miglioramento della nostra Isola.  Dopo le presentazioni, ci avviamo alla ricerca di un bar, che finirà per essere localizzato nella piazza San Benedetto.  E’ piacevole e distensivo interloquire con lei. E’ molto importante, in questi casi, la considerazione comune che ci lega: essere sardi all’estero. Solo chi vive questa esperienza può totalmente entrare in questo spirito. Chi come me e Josephine trascorre le sue giornate lontano dall’Isola, percepisce immediatamente il legame che quasi inconsciamente ci lega ad essa.  Scopriamo con piacere che siamo entrambi dei privilegiati. Negli Stati in cui risiediamo, infatti, siamo stati accolti con grande civiltà, con grande educazione, con grande rispetto.  Mi viene da pensare, al riguardo, all’altissimo numero di nostri corregionali che allontanandosi per necessità dalla terra natìa, hanno dovuto affrontare una serie di difficoltà ed anche di umiliazioni prima di poter ottenere una piccola percentuale di quello che speravano. La discussione tocca molteplici aspetti della nostra quotidianità in terra straniera. Ma all’improvviso, quasi per incanto, l’argomento si dirige sempre verso la situazione della Sardegna.  La Sardegna: quale direzione sta prendendo? Mediamente riesco a venire, seppur per pochi giorni, tre volte all’anno. Devo amaramente confessare che, ad ogni tornata, va sempre peggio, ascoltando i resoconti dei numerosi amici. Noi sardi siamo dei "rassegnati", questa è la verità. Sembra che tutto ci vada male per una maledizione divina. Siamo piegati dal destino. Non riusciamo a reagire.  Perchè non reagiamo? La mia analisi è spietata, al riguardo. Noi siamo sempre stati considerati come una "colonia", dal potente di turno, fosse esso italiano o straniero. Sempre emarginati, tenuti volontariamente lontani dalle decisioni, sempre alla mercè del "ricco" che arriva, finge di sorriderci, finge di darci una pacca sulle spalle, finge di prometterci un posto di lavoro.  E solo a giochi fatti comprendiamo di essere stati gabbati. Per l’ennesima volta.  E’ sempre stato così, se osserviamo la nostra storia dell’ultimo sessantennio. Siamo dei predestinati, delle vittime che subiscono sempre senza, ahimè, replicare.  Sembra quasi che noi godiamo di questa poco confortante situazione. Ci schiaffeggiano, ci danno delle botte, e non reagiamo. Anzi, porgiamo cristianamente l’altra guancia.  Questa rassegnazione che vedo stampata nelle espressioni dei miei corregionali mi sconforta, quasi mi ossessiona. Sembra di capire che a noi sardi sia scomparso il proverbiale orgoglio che una volta si diceva possedessimo. Niente da fare: passano sopra il nostro corpo perchè si rendono conto che noi possiamo essere facilmente addomesticati.  Se è così, e mi pare di capire che è così, ben ci sta, in fondo. Ma questa situazione, vissuta ed osservata da un sardo lontano dalla Sardegna, è addirittura straziante.  Espongo queste mie sensazioni e constato che Josephine, con la sua fine intelligenza, le vive, replica sempre in modo arguto, con precisi riferimenti, con una padronanza di linguaggio e soprattutto di idee davvero encomiabili.  Due sardi, oserei dire, accomunati dal meraviglioso ideale di sperare di poter vedere (ma accadrà mai?) un giorno l’Isola finalmente avviata verso quella riscossa principalmente da un punto di vista dell’orgoglio e della passionalità.  Devo ringraziare Josephine per questa piacevole opportunità. La Sardegna è fortunata ad avere una persona come lei che da lontano offre un fervore così impressionante.  Ci salutiamo convinti che questo baricentro chiamato Sardegna non sarà mai possibile distoglierlo dalla nostra mente.

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2 commenti

  1. Alessandra Atzori

    Volevo segnalarvi un blog di cui curo la grafica ed è quello del soprano cagliaritano Giusy Devinu, artista

    mancata due anni fa a soli 47 anni. E’ stata mia compagna di studi al Conservatorio ed ho voluto, con il giornalista algherese Lanfranco Visconti, dedicarle appunto questo blog. Lei era conosciutissima in tutti i teatri del mondo e lo testimoniano le centinaia di testimonianze che arrivano da tutto il mondo ogni giorno. Era proprio

    una portabandiera della nostra terra. Artisti come Zeffirelli, la Cavani o Riccardo Muti hanno scritto di lei. Questo il link http://amicidigiusy.blogspot.com/.

    Un cordiale saluto e auguri per il vostro bellissimo blog

  2. Grazie MAX e Mario ,avere degli amici sardi come voi, anche se molto lontani, è un’altra ragione per amare la Sardegna.
    Un salutone Giusy porru

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