La drammatica testimonianza tra i desaparecidos in Argentina di Enrico Calamai

di Giovanni Fiabane

 

"Niente asilo politico" non è un romanzo, anche se la scrittura sembrerebbe rimandare al genere menzionato, potrebbe essere piuttosto considerato, a pieno titolo, una testimonianza in prima persona di uno degli eventi più sanguinari che hanno sporcato la fine del secondo millennio: vale a dire il periodo di feroce dittatura che ha insanguinato l’Argentina durante la metà degli anni 70. Scritto con passione e trasporto da Enrico Calamai, che all’epoca dei fatti era un giovane diplomatico inviato dal governo italiano ad assumere la carica di vice console all’ambasciata durante quegli anni di terrore, ed edito dalla Feltrinelli, racconta una vicenda di coraggio fuori dal comune di un uomo che si ribella e tenta con le proprie forze di arginare, con le poche risorse delle quali può disporre, l’orrore del quale è testimone, tentando di usare con destrezza e grande umanità la posizione di privilegio che era andato ad assumere. Mentre l’Argentina era teatro di atroci brutalità che passavano inosservate, dal momento che venivano abilmente occultate da coloro che avevano interesse a che tutto ciò non trapelasse agli occhi del resto del mondo, l’autore del libro divenne una sorta di eroe per tutti coloro che chiedevano disperatamente il suo aiuto per tentare di sfuggire alla persecuzione, aiuto che lui non rifiutò mai, rischiando spesso la propria posizione e la propria vita nel tentativo di farsi vidimare i permessi di rimpatrio degli italiani e non, emigrati in Argentina ed a rischio di scomparire per sempre dalla faccia della terra. Sorte, questa, che toccò anche a tanti sardi emigrati in Argentina per sfuggire alla miseria e alla disoccupazione, i quali affrontarono un viaggio della speranza verso una terra nella quale riponevano i loro sogni per una vita migliore, ma che seppe regalare loro solo morte ed oblio. Ricordiamo, tra tanti mai più tornati né mai più ritrovati, Martino Mastinu e Mario Bonarino Marras di Tresnuraghes, massacrati assieme agli altri 30mila desaparecidos. Proprio come fece Oskar Schindler durante la seconda Guerra Mondiale, al tempo della persecuzione degli ebrei, Calamai contravveniva a leggi, regolamenti e convenzioni per salvare alcune centinaia di persone nascoste in casa propria, fornendo loro documenti falsi per apparire turisti italiani e un passaggio in nave o in aereo con destinazione Roma. Calamai era convinto che quello fosse il modo migliore anche per servire il proprio paese; non il governo, che come molti altri all’interno del mondo occidentale si rese complice dei militari argentini. In 7 anni dal 1976 al 1983, 30mila persone vennero uccise o furono fatte scomparire nei centri di tortura argentini o con i voli della morte. "Contrariamente al Cile di Pinochet" osserva Calamai, "gli orrori della dittatura argentina furono una sorta di delitto perfetto, perché privo del tutto di visibilità. Mentre la vita a Buenos Aires e nel resto del paese proseguiva in un’apparente normalità, i governi imbrigliati negli schemi della Guerra Fredda, fingevano di non sapere qual’era la sorte della gente dispersa". Rientrato in Italia, Calamai è stato chiamato in anni recenti a testimoniare nel processo che ha portato alla condanna di 8 militari argentini. Desaparecidos, questo l’appellativo tristemente famoso, e si trattava per lo più di giovani animati dalla volontà di ribellarsi al regime instaurato dopo la caduta di Peron. Studenti che si riunivano per contestare i provvedimenti sempre più ristrettivi messi in atto dalla giunta militare guidata dal generale Jorge Rafael Videla. Anche l’Italia in quei tempi ebbe la propria parte di colpe, sia politiche che mediatiche. La stessa Rai, nell’era Videla, evitava accuratamente di mandare in onda i servizi sulle barbare uccisioni perpetrate dai militari. A Buenos Aires vigeva una vera e propria congiura del silenzio. Nel 1978 l’Argentina vinceva i Campionati Mondiali di calcio e Videla mostrava una nazione apparentemente tranquilla e pacifica, la realtà quotidiana parlava di rapimenti, retate ed esecuzioni. Venivano prelevati per strada dalle famigerate Ford Falcon nere con motivazioni ridicole. Si intimava ai familiari di non denunciare la scomparsa dei parenti, pena l’uccisione immediata degli arrestati. Un libro importante e impegnativo con l’intento di non far dimenticare quanto accadde in quegli anni oscuri.

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