Vademecum per la conduzione delle interviste

a cura di Simone Pisano

 

Le interviste seguiranno la tecnica del colloquio "semidirettivo": un’intervista strutturata, cioè, che consentirà all’intervistatore di proporre al proprio interlocutore alcuni argomenti da sviluppare e approfondire pur consentendo che l’intervistato possa operare digressioni, raccontando a suo piacimento episodi ed esperienze; il raccoglitore così darà all’informatore la possibilità di far spaziare il discorso non solamente sulla realtà ma anche «sulla sfera affettiva e della soggettività» dell’intervistato. Questa tecnica ha numerosi vantaggi poiché è scevra di vincoli troppo stretti che potrebbero inibire il narratore; l’impressione che l’intervistato stia parlando da solo può essere opportunamente mitigata, qualora il narratore si dimostri esitante, richiamando la sua attenzione attraverso quelli che possiamo definire interventi ‘fàtici’ che assicurano gli interlocutori sulla permanenza del canale della comunicazione come: "Certo!", "e allora?", "davvero?", o, più semplicemente, mediante l’utilizzo di segnali gestuali che certificano l’interesse del raccoglitore. Tali espedienti consentono anche di evitare che colui che racconta sia eccessivamente inibito dalla telecamera fissa o dal microfono. La possibilità di lasciare compiere all’informatore ampie digressioni non è però priva di rischi, ai quali l’intervistatore deve essere preparato: un intervistato particolarmente egocentrico potrebbe trasformare la libera conversazione in una lunga esaltazione della proprie imprese. In tal caso è opportuno che l’intervistatore intervenga cercando di riportare la conversazione sugli argomenti proposti, magari sfruttando la disposizione del narratore a riportare esperienze personali interessanti. Essendo il progetto mirato a raccogliere "storie di emigrazione" saranno privilegiati alcuni argomenti che potranno essere parzialmente diversi a seconda della tipologia dell’intervistato.  Per quanto riguarda gli informatori abbiamo individuato le seguenti categorie:

Gli anziani sono particolarmente adatti a fornire delle informazioni sulle attività tradizionali della Sardegna di un tempo, ma potrebbero rivelarsi anche assai interessanti dal punto di vista strettamente linguistico in quanto potrebbero fornire un’ampia documentazione di varietà linguistiche particolarmente conservative che non hanno partecipato alle innovazioni che hanno investito il sardo a partire dagli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso. L’ anziano, inoltre, è un ottimo informatore per quanto riguarda le prime difficoltà degli emigrati, la fatica dell’integrazione, le esperienze di lavoro.

L’intervista a un informatore appartenente a questa tipologia potrebbe seguire il seguente schema:

La situazione familiare in Sardegna prima della partenza.

Il percorso scolastico.

L’eventuale attività lavorativa nel paese d’origine.

I motivi dell’emigrazione.

Il primo viaggio.

La scelta del luogo nel quale emigrare.

La rete di amicizie.

La difficoltà /facilità di integrazione nella terra di arrivo.

Usi, costumi, norme che hanno semplificato/complicato la vita nella terra di arrivo.

I rapporti con gli altri conterranei.

I rapporti con i nativi.

Rapporti amicali e affettivi.

Educazione dei figli.

Ritorni in Sardegna.

La percezione dei cambiamenti in Sardegna.

Le donne, specialmente quelle più anziane, possono fornire informazioni interessanti riguardo alle storie del ricongiungimento (spesso le donne raggiungevano successivamente i mariti partiti in cerca di lavoro). Come dimostrano numerosi studi in proposito, sono state promotrici della crescita culturale dei propri figli e si sono sempre dimostrate più aperte ai cambiamenti (anche in campo strettamente linguistico). In alcuni casi hanno conservato il ruolo di depositarie di antichi saperi e hanno contribuito non poco alla gestione dell’economia familiare. L’intervista può seguire lo schema visto sopra ma può essere integrata da alcuni punti:

La decisione di seguire il proprio marito nella terra di emigrazione.

Le difficoltà legate alle problematiche culturali legate alla diversità di usi e costumi.

Il mantenimento/l’abbandono di alcune abitudini alimentari legati alla terra d’origine.

L’eventuale inserimento nel mondo del lavoro.

Contatti/ esperienze comuni con le altre donne nella terra d’arrivo.

I giovani sono una categoria assai interessante e fluida: una distinzione preliminare, infatti, può essere ope
rata tra giovani nati e cresciuti in Sardegna che continuano a lasciare l’isola per motivi di studio o di crescita culturale e lavorativa (e che pure mantengono forte il legame con la lingua e le tradizioni della propria terra) e i giovani di seconda o terza generazione che, specialmente in alcune aree specifiche e in alcuni contesti favorevoli (p. es. due genitori provenienti dalla stesso paese), imparano una varietà sarda e continuano a impiegarla quotidianamente nella terra nella quale sono nati. La lingua diventa perciò quasi uno strumento affettivo rivelandosi vitale e efficace anche nell’espressione di una realtà in parte distante da quella della terra nella quale si è sviluppata. L’intervista in questo caso deve soffermarsi su alcuni argomenti specifici che sono in parte diversi a seconda che l’informatore sia di prima o seconda generazione nel primo caso si potrebbe seguire il seguente schema:

Decisione di andare a studiare/lavorare/ specializzarsi lontano dall’isola.

Diversità tra la vita in Sardegna e quella nel luogo di arrivo.

Legami con gli altri studenti/lavoratori.

Conoscenza e uso di altre lingue oltre all’italiano.

Contatti con studenti/lavoratori provenienti da paesi stranieri.

Contatti con le Associazioni culturali sarde.

Ritorni sull’isola e contatti con i coetanei rimasti in Sardegna.

Progetti per il futuro, desiderio di tornare?

La realtà dei giovani di seconda generazione è senz’altro diversa da quella dei giovani nati nell’isola; l’intervista dovrà necessariamente tener presente questa specificità, considerando inoltre anche il differente retroterra culturale nel quale questi giovani si sono formati; in questo modo, anche grazie a un’attenta analisi preliminare dei circoli e del comitato scientifico, sarà forse possibile rispondere a alcune domande fondamentali per lo studio del mondo dell’emigrazione: cosa rimane delle varietà sarde dopo la prima generazione? L’apprendimento del sardo è legato solo a una determinata realtà (ad esempio quella agro-pastorale del centro Italia) oppure si trovano parlanti, figli della diaspora, anche in contesti sociali diversi come quelli industriali o post-industriali del nord della penisola? Ancora, è possibile che, in alcune realtà specifiche in cui le varietà linguistiche locali hanno un forte appeal tra i giovani anche in ambiente urbano (per esempio alcune zone del Veneto), i ragazzi di seconda generazione, prevalentemente sardofoni in famiglia, abbiano acquisito una competenza attiva anche del dialetto locale; arricchendo notevolmente il loro repertorio linguistico (dialetto locale con amici, varietà sarda con i familiari, italiano standard nella scuola e in contesti comunicativi formali).

L’intervista può seguire questo schema:

Interessi e attività dell’intervistato.

Come e perché si è imparata una varietà di sardo.

Con chi di solito ci si esprime in sardo.

A quale età si è fatto il primo viaggio sull’isola.

Quali sono i contatti che si intrattengono con il paese d’origine dei genitori.

Come sono i rapporti con i coetanei residenti in Sardegna?

Quanto conta nella propria identità il mantenimento del sardo?

Quali sono i rapporti che si è instaurato con le associazioni culturali sarde? (Ammesso che ci siano dei contatti e dei rapporti di collaborazione)

Quale livello di conoscenza si pensa di avere della realtà socio-culturale dell’isola?

Quanto ci si sente legati alla terra di origine e quanto a quella nella quale si è cresciuti?

L’ultima tipologia di informatori, che ha per noi un valore storico forte, è quella che riguarda i dirigenti e i fondatori delle nostre associazioni. Anche in questo caso è necessario considerare con attenzione le peculiarità geografiche, sociali e culturali delle realtà nelle quali sono sorti i circoli. La traccia dell’intervista potrebbe essere la seguente:

Contatti con i conterranei.

Decisione di fondare l’associazione.

Quali sono stati i mezzi con i quali si sono riuniti i sardi residenti nell’area in cui si intendeva creare l’associazione?

Difficoltà nella gestione dei rapporti con le istituzioni.

Diffidenza della popolazione locale?

Contatti e collaborazioni con le istituzioni locali.

Oltre alle domande specifiche, naturalmente, l’intervistatore può comunque servirsi di quelle più generali viste al punto
1) evitando di intervenire troppo quando l’informatore si riveli spigliato e dia indicazioni interessanti sugli argomenti selezionati.

 

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