LACRIME, CORAGGIO E PASSIONE: CHIUSURA DEL CAMPIONATO PER CAGLIARI IN UN CLIMA COINVOLGENTE PER L’ADDIO DI RANIERI

Doveva essere il sipario dell’ultimo atto. E tale è stato. Per Claudio Ranieri. Per il Cagliari. Per la Sardegna intera. E per gli amanti del calcio. Meglio, per i romantici di un calcio, sempre più “scolorito” da diritti tv, affari e scommesse. Ranieri è, forse, uno dei pochi “ultimi” testimoni di un calcio che non c’è più. Fatto di passioni e sentimenti. Cagliari- Fiorentina di ieri, 23 maggio 2024, è stato soprattutto questo. Partita che non aveva più nulla da dire al campionato. Soprattutto per i sardi, con la salvezza acquisita domenica scorsa in quel di Reggio Emilia contro il retrocesso Sassuolo. E che, in questo “calcio spezzatino” si è giocato il giovedì. Per consentire alla Fiorentina un’adeguata preparazione in vista della finale di Conference League in programma ad Atene il 29 maggio allo stadio AEK Arena contro l’Olimpiakos. La cronaca ha, sostanzialmente, evidenziato come, a crederci di più fossero stati i viola. Soprattutto nel finale. Perché nel primo tempo il vantaggio ospite di Bonaventura al 40’ era sopravvenuto immeritatamente, proprio nel momento in cui il Cagliari stava giocando con maggior piglio. Il centrocampista viola, lasciato troppo solo, ha scoccato un tiro a giro che ha battuto Scuffet. Subito dopo è stata annullata, per fuorigioco, la rete del possibile pareggio a Lapadula. Il Cagliari va negli spogliatoi in svantaggio, ma consapevole dei propri mezzi e di poter ribaltare il match. E la seconda frazione di gioco non ha tradito le attese. Al 64’ arriva il pareggio sardo di Deiola, “rafforzato”, all’84’, dal vantaggio rossoblù di Mutandwa (per lui esordio e prima rete in A, grazie a Ranieri). Sembrava che tutto fosse scritto come un degno epilogo per salutare il mister romano. Ed, invece, ci ha pensato la Fiorentina a “guastare”, bonariamente, l’esito dell’incontro. Prima con il pareggio di Gonzales all’89’ e, poi, con il rigore di Arthur al 103’, il gol più tardivo segnato dai viola nella loro lunga storia di Serie A.  Un risultato che consente alla  Fiorentina di posizionarsi all’ottavo posto, che vale la matematica qualificazione in Conference League per la prossima stagione 2024-25. Di contro, per il Cagliari sfuma la possibilità di “agganciare” il tredicesimo posto. Una sconfitta interna che, per come era maturata, si sarebbe potuta evitare. Caratterizzata da troppi episodi incerti e da un recupero infinito che ha portato a quel calcio di rigore definitivo trasformato dall’ex juventino Arthur. Con il neo, che fa sempre discutere, di come un fallo possa essere valutato a Lissone (sede del VAR) e non a Cagliari od in qualunque altro campo dove realmente si gioca.

Calato il sipario sulla partita, è iniziata la festa. Bella, commovente, partecipata. Con tutti gli spettatori dell’Unipol Domus invitati a rimanere. Per onorare lui, Sir Claudio. Che, però, inizialmente, prende la strada degli spogliatoi, entrando nel tunnel. A “prendersi la scena”, inizialmente, sono, quindi, loro, i calciatori. Con Nandez, inizialmente, da solo, sotto la Curva Nord, quella “calda” del tifo cagliaritano. E gli applausi degli Sconvolts, da leggersi come un addio. Anche per lui. Giocatore che rimarrà, comunque, tra quelli stranieri ed uruguagi, che il Cagliari ricorderà per sempre. Come Francescoli, Fonseca, Herrera, O’ Neil, Lopez ed Abejon. Dopo Nandez, anche Deiola prende la via della Nord. Intonando il coro della salvezza: “Con Ranieri risorgeremo!” Ai due si avvicina Mancosu. Anche per lui, sardo e cagliaritano, questa potrebbe essere stata l’ultima partita. Anche per lui si è “chiuso un cerchio”: ritornando in B lo scorso campionato con una grande stagione e poco utilizzato in questa per via del lungo infortunio. Una migliore chiusura di una bella carriera non ci sarebbe potuta essere.  Applausi che si prende anche un altro sardo, Aresti, il terzo portiere, in piedi sulla balaustra ad arringare i tifosi. Ha giocato pochissimo, ma è stato un uomo-spogliatoio. Necessario al progetto Ranieri.

Poi è il momento centrale, bello, commovente, del ricordo di lui, l’ormai nostro “Nume Tutelare”. Di tutti i sardi. Gigi. Che appare sullo schermo, quasi a proteggere la serata ed a fare da mallevadore del suo Cagliari. E di tutti i sardi. E le struggenti, toccanti e commoventi note di “Quando Gigi Riva tornerà” di Piero Marras. Che accompagnano questi minuti. E’ il ricordo per il Mito che ci ha riportato a quel triste 22 gennaio di quest’anno, in cui tutti siamo stati resi orfani di lui, passato dalla storia alla leggenda. Per sempre.

La squadra, con tutti i dirigenti e lo staff tecnico e sanitario si avvicina verso la tribuna centrale. Entra anche Pavoletti, il capitano eroe di Bari. Per creare un corridoio sul quale passerà Ranieri. Le parole del capitano sono tutte per lui. Prima impacciate e, poi, decise, sicure: “Grazie a tutti voi”- è l’incipit dell’arringa- “Ce l’abbiamo fatta, mettendoci cuore e sudore. Grazie anche a voi. Perché ci avete spinto e soffiato”. La voce del capitano si è, poi, rivolta a tutti coloro che fanno parte del Cagliari. O, meglio, della famiglia Cagliari. Come ha fatto il suo “maestro” domenica scorsa a Reggio Emilia in conferenza stampa. Partendo dagli ultimi: dai magazzinieri, ai cuochi, ai massaggiatori, ai camerieri. Le ultime parole introducono il mister, annunciato da un Pavoletti in versione Claudio Carcassi, speaker dell’ Unipol Domus. E lui, il “ragazzo testaccino”, entra con umiltà e rispetto, uscendo da quel sottopasso che, in questi quasi due anni, lo ha visto indiscusso protagonista. E che trentasei anni fà, assieme allo stadio, non c’era. Perché la Unipol sorge dove prima c’era il parcheggio del Sant’Elia. E lui, l’allora giovane Claudio, aveva conosciuto i due stadi “simbolo” della storia rossoblù: l’Amsicora, quello dello scudetto, nell’ultimo campionato di C1 1988-89 (il Sant’Elia era in ristrutturazione per i mondiali ’90) ed il Sant’Elia, la “casa” dal 1971 al 2014.  Entra Ranieri fra baci ed abbracci. In punta di piedi. Con rispetto. Di tutti. Ed i tifosi intonano “Risorgeremo!” Lo aveva detto il tecnico trentasei anni fa nel suo primo ritiro precampionato di Cascia. Quando si era in C1. L’ultimo abbraccio, prima del saluto ai tifosi, è per Mutandwua, giocatore che ha fatto esordire e “battezzato” con la sua prima marcatura in massima serie. Sullo schermo, intanto, dopo le immagini di Riva, iniziano a scorrere quelle delle cinque stagioni di Sir Claudio in Sardegna, fra 1988- 1991 e fra 2022- 24. Iniziando dalla prima avventura. Arrivò nell’estate 1988 dal Campania Puteolana, con cui era retrocesso in C2 la stagione precedente, a sua volta chiamato dopo essere stato inspiegabilmente esonerato a Vigor Lamezia, con la squadra prima in classifica. La prima esperienza di Ranieri allenatore, a Lamezia, iniziata con un esonero assurdo. Cagliari diventa, quindi, per lui, l’occasione del rilancio. Del “risorgeremo”. Squadra, società e tecnico avevano bisogno di riscatto e di rilancio. E tale è stato. Dopo la C1, la B. Ed una successiva promozione più inattesa. Dopo il 2-2 a Pisa. Emozioni ed immagini che si susseguono, fino all’ultimo, commovente abbraccio di Bari con il dott. Scorcu, il medico sociale. Portato in trionfo verso 1500 del San Nicola un anno fà. E, poi, portato in trionfo verso i 5000 di Reggio Emilia. Domenica scorsa. Ora, per noi tifosi, sarà complicato trovare un altro “amore”.

Accanto al tecnico fa la sua comparsa il presidente Giulini che lo premia e le cui parole, un po’ masticate, anche dall’emozione, vengono seguite dagli applausi. Che, in parte, nascondono qualche fischio.

Ed ecco, allora, il momento centrale, quello del discorso. Quasi fosse un senatore romano nel Senato repubblicano. Un incipit “dal basso”. Come la sua semplice interpretazione di gioco con “costruzione dal basso”. Di “cloughiana” memoria. Prima tutti, il “noi”. Poi lui e gli eventuali (per lui) meriti.  “Grazie per quello che mi state regalando. Abbiamo fatto tutto insieme”- ha arringato al microfono visibilmente commosso. “E’ grazie a voi tifosi che abbiamo potuto fare questo. Voglio dirvi una cosa importante: dovete stare sempre vicino a questi ragazzi. Se voi gli soffiate dietro, loro cammineranno a testa alta”. Discorso di altissimo spessore e di profondo significato, anche culturale e sociale, ben spiegato dal passaggio finale: “Questi ragazzi, se voi gli soffiate dietro, saranno maggiormente consapevoli di tutte le difficoltà che i sardi vivono ogni giorno. Dalle trasferte, ai trasporti, ai grandi temi dell’emigrazione e della disoccupazione. Loro sanno che dietro hanno un popolo ed un’isola che fremono”.

Inevitabile l’abbraccio con i suoi ragazzi. Ed il richiamo della Curva Nord. Non per farsi “processare”, ma applaudire.  Serata indimenticabile per chi ha vissuto lo scudetto, la semifinale europea, l’addio al calcio di Daniele Conti, le due serate promozione di Bari con Rastelli e quella dello scorso anno, all’appena passata domenica scorsa di Reggio Emilia. Ranieri si avvicina ancora di più. E viene letteralmente applaudito. Il coro verso di lui non demorde. Sono tante le strette di mano. Vi è esclusivamente amore. Un saluto molto intenso. Ma sobrio. Tipico da Ranieri . Ancora foto di gruppo nel cuore del tifo sardo, poi giro di campo con tutta la squadra. E’ un allenatore che ha scritto la storia del Cagliari. Una leggenda che ha raggiunto l’apice nel 2016, con la conquista insperata della Premier con il Leicester. 475 panchine in serie A. Oltre al Cagliari, anche Inter, Juventus, Fiorentina, Napoli, Sampdoria, Roma. In tutti gli stadi di quest’ anno dov’è andato,  Ranieri ha sempre ricevuto un applauso di rispetto.

Dopo il giro di campo, il rientro nel tunnel. Sottopassaggio da cui con lui, Sir Claudio da Testaccio, passano, quasi fossero legati in una linea immaginaria di amarcord e nostalgia, tutti gli altri tecnici che, assieme a lui, hanno fatto, con le loro grandi e piccole imprese, la storia ultracentenaria del Cagliari. E che, in queste pagine, è doveroso ricordare. Dagli ungheresi Robert Winkler ed Ernest Erbstein, con cui il Cagliari iniziò ad ottenere i primi successi con le promozioni in B degli anni Trenta e Cinquanta. Passando per Arturo Sandokan Silvestri, il “mago” della prima A nel 1963,  per arrivare al “capo della nidiata”,  Manlio Scopigno, il mago del mitico scudetto 1969-70 e della partecipazione all’unica Coppa Campioni del 1971. Senza dimenticare i segni importanti lasciati da Mario Tiddia, nella seconda promozione in A del 1978-79, nello storico sesto posto in A del 1980-81 e nella drammatica salvezza in C1 nel 1987-88, quella che ha “preparato” l’avvento di Ranieri. Passando per Carlo Mazzone, recentemente scomparso, “condottiero” della scalata UEFA 1993 e Bruno Giorgi, il tecnico della semifinale UEFA 1993-94.  Senza dimenticare Oscar Tabarez ed il nono posto del 1994-95, il primo Giampiero Ventura e la quarta promozione dalla B del 1997-98.  Non possiamo non dimenticare poi Davide Ballardini e l’incredibile salvezza del 2007-08, ancor oggi ricordata. Come il nono posto di Massimiliano Allegri del 2008-09, la promozione 2004-05 di Edoardo Reja, quella 2015-16 di Rastelli e l’impossibile salvezza 2020-21 di Leonardo Semplici, ultima “piccola” impresa prima del “grande ritorno” di Ranieri.

Ora il sottopassaggio è vuoto. Si aspetta con trepidazione e fiducia un nuovo comandante che riprenda il timone. Con la gente ed i tifosi che gli ricordino quanto detto da Ranieri: “a soffiare questa barca vi è un popolo intero, un’isola, con la sua storia millenaria, la sua cultura, la sua forte identità. E le sue problematiche e contraddizioni ataviche”. E non è poco.

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2 commenti

  1. Grazie di ♥️

  2. Ignazio Loche

    boh

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