DA TEMPIO ALLA RUSSIA PER INSEGNARE ITALIANO E CUCINARE GALLURESE: ANTONIO DETTORI RACCONTA LA VITA NEL PAESE IN GUERRA

Antonio Dettori

È di Tempio l’insegnante che sta diffondendo il gusto della cucina sarda nelle scuole russe. Si chiama Antonio Dettori, vive nella città russa di Togliatti e da sei anni lavora come insegnante di italiano presso il comitato “Dante Alighieri” della città che porta il nome di uno dei fondatori del Partito comunista italiano, conosciuta anche come Togliattigrad. Sin dall’inizio del suo soggiorno in Russia, Antonio ha scoperto più di una ragione per amare il Paese che lo ospita. Si è sempre sentito ben accolto, percependo l’interesse del popolo russo per la cultura italiana. E così per lui continua a essere, malgrado le note difficoltà del presente che raccontano di una guerra in corso con la vicina Ucraina, paese che sta subendo le dure condizioni dello sconfinamento dell’esercito russo: città devastate, generazioni di giovani ucraini chiamati alle armi, migliaia di morti, una pace che appare tragicamente ancora lontana e un’economia sacrificata alle logiche della guerra.

L’Italia è un Paese amico dell’Ucraina, ma, ciò malgrado, Antonio non avverte attorno a sé sentimenti di inimicizia o sospetto. A Togliatti tutti lo apprezzano per le sue qualità di insegnante, una professione che gli si addice, coerente con i suoi trascorsi da giornalista sportivo nell’isola. Ora, nella città in cui vive e lavora, tutti hanno un motivo in più per apprezzarlo, dopo averlo visto all’opera, insieme ai suoi allievi, sfornando gnocchetti galluresi, seadas e altri piatti tipici della tradizione culinaria sarda. Quella che è in grado di farlo sentire a casa anche a 4mila chilometri di distanza.

Dopo le ultime performance ai fornelli, Antonio e la sua scuola sono diventati i protagonisti della settimana della cucina italiana che si svolge ogni autunno nella città di Togliatti. «Prima dell’inizio della pandemia – racconta – la settimana della cucina italiana si segnalava come evento clou dell’autunno togliattese, grazie alla partecipazione di cuochi e associazioni di categoria della città gemellata di Piacenza che per tre edizioni consecutive hanno contribuito alla sua riuscita». Tante, nei giorni scorsi, sono state le iniziative che hanno coinvolto bambini, studenti e adulti, con lezioni aperte, concorsi letterari, cimenti artistici e masterclass di cucina.

«In mancanza dei professionisti del settore è toccato a noi insegnanti e studenti sporcarci letteralmente le mani e dar vita a un evento semplice, che, ne sono certo, resterà impresso nelle menti e nei cuori dei partecipanti». Sicuramente nei palati, visto che giudici e assaggiatori sono stati presi alla gola con i classici chjusoni tempiesi, gli gnocchi della tradizione gallurese, tutto fragranza e consistenza. Una squadra di insegnanti aveva preparato i kletzki, versione russa degli gnocchi di patate, fritti e presentati alla fine col condimento classico di panna acida e aneto, ingrediente immancabile della cucina dell’est Europa. Un altro gruppo, invece, ha prima prodotto e poi cucinato i chjusoni.

«I ragazzi si sono dimostrati entusiasti nel riprodurre a 4000 km di distanza una pietanza tradizionale sarda e, armati di semola di grano duro italiana, non facile da trovare, hanno realizzato gnocchetti simili all’originale, consumati in pochi minuti grazie anche – dice Antonio con un pizzico di ironia autocelebrativa – alla bontà dei miei sughi».

Ma l’impegno degli studenti russi e del loro prof tempiese è stato ulteriormente premiato con la partecipazione ai concorsi organizzati dal Pria, istituzione che fa parte del Dipartimento istruzione dell’ambasciata d’Italia a Mosca, diretta da Giorgio Starace. Una partecipazione che è valsa nuovi attestati di merito. Dettori sa di non aver fatto semplicemente degli gnocchi. «La cucina italiana non solo detiene il titolo indiscusso di quella più apprezzata e imitata al mondo, ma assurge anche al ruolo di ponte culturale tra i diversi popoli».

Glielo fa pensare la sua esperienza di insegnante: «Non c’è studente, di qualunque età o provenienza sociale, che arrivi alla sua prima lezione di Italiano senza conoscere già almeno una decina di vocaboli, e il 90% di questi appartengono al linguaggio gastronomico». Alla faccia di chi crede che parlare come si mangia non sia mai una cosa tanto elegante da fare e raccomandare.

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