LA DIGNITA’ DI VIVERE E DI MORIRE: LA RETE DELLE CURE PALLIATIVE IN SARDEGNA PER UN VIRTUOSO MODELLO DI ASSISTENZA DI BUONA MEDICINA

Denise Vacca è medico oncologo, esperta in cure palliative

Bisogna arrivare ad una medicina che cura ed è per questo che dobbiamo curare la medicina! Ritengo che l’azione, una volta identificata la criticità, debba avvenire a diversi livelli: sicuramente il motore deve essere la formazione culturale che faccia riavvicinare l’essere umano alla dimensione della vita, che gli faccia contemplare il senso ed il limite della vita, quindi anche l’evenienza della malattia e la certezza della morte. La rieducazione alla morte attualmente rimossa dal pensiero umano medio potrebbe aiutarci a ricollocare priorità e significati esistenziali, attribuire maggior pienezza alla vita, senza generare ovviamente stati di angoscia connessi all’ignoto della nostra fine umana. In tutta questa impegnativa e complessa azione di cambiamento non si può prescindere dai piani di politica sanitaria e dunque dal dialogo tra gli “operatori del settore” e chi è chiamato a coordinare la comunità a livello istituzionale.

Ed è a tal proposito un obiettivo raggiunto che nei mesi sia stato costante e progressivo il dialogo dei componenti del tavolo tecnico di cure palliative regionale ed i rappresentanti della Regione stessa (Assessore alla sanità in primis). Gli operatori in cure palliative, chiamati come tecnici in Regione, hanno consegnato il documento del piano di potenziamento regionale delle cure palliative che dovrà essere trasmesso ad Agenas (l’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) quanto prima. È questo un piccolo ma significativo passo in avanti sulla costruzione della rete di cure palliative in Sardegna. Tra gli obiettivi la creazione di nuclei operativi di cure palliative nelle varie zone della Sardegna che fungano da coordinamento ai nodi della rete, la consapevolezza della distinzione tra le cure palliative a domicilio e l’assistenza domiciliare in generale (ADI), la creazione degli Hospice laddove mancano, l’individuazione di persone competenti e formate ad hoc.

È faticoso interfacciarsi con le istituzioni perché spesso il registro linguistico e la metodologia sono diversi, ma identici sono gli obiettivi: dare impulso alla medicina palliativa nella nostra regione, per l’adulto e per il bambino, per tutte quelle malattie che lo richiedano. Nessuno può più sottrarsi o temporeggiare, non solo per gli indirizzi di legge ma soprattutto per l’imprescindibile necessità di realizzare anche in Sardegna un virtuoso modello di assistenza di buona medicina che permetterà dignitosa qualità di buon vivere e buon morire!

C’è ancora tanta strada per arrivare ad uno spirito di vera condivisione di competenze tra operatori e per affermare la dignità delle cure palliative come medicina che cura. È necessaria una revisione critica di molta attitudine medica per riuscire a vedere nelle cure palliative “qualcosa di più che tentativi di rispondere alla bella e meglio a situazioni disperate”!

Le cure palliative servono. Perché danno parole che curano assieme ai farmaci che alleviano i sintomi.  Perché non tolgono la paura della morte ma gestiscono la paura del come si muore. Perché non danno colpe a nessuno e valorizzano i ruoli di chi vive quella morte.  Perché non cambiano le traiettorie di vita ma percorrono le stesse traiettorie accanto a chi muore e a coloro che accompagnano a morire. Perché smorzano l’inadeguatezza di chi fa i conti col fine vita, proprio e degli altri e mettono in condizione di saper essere e saper stare. Perché fanno la differenza tra l’ineluttabile e la rassegnazione alla sofferenza. Perché in un mondo di derive imbarazzanti di assistenza all’essere vivente ammalato offrono medicina umanizzata.  Perché non hanno tutte le risposte, ma non fuggono dinanzi a nessuna domanda.

Assistere una persona ammalata seriamente, le cui condizioni peggiorano giorno dopo giorno e che di lì a poco morirà, comporta la messa in campo di energie fisiche e psicologiche non indifferenti. L’assistenza a casa nelle malattie inguaribili poi si connota di tanti particolari. Comporta un inevitabile: “questa cosa per me la faccio dopo”. Saltano spazi e tempi che normalmente ci fanno destreggiare nelle stanze della nostra vita e nel circuito sociale. Non possiamo perdere il contatto con la realtà, perché “ora bisogna fare, poi penseremo a noi”. Si aprono cassetti di sensi di colpa, di frasi e approcci forse inadeguati.

Si aprono armadi di impotenza, sistemata negli scomparti più alti per i cambi stagione che vorresti non arrivassero mai. Bisogna essere forti, che significa che bisogna saper anche essere deboli: contemplare di “crollare” per la stanchezza e la tristezza, di lanciare un urlo a chi meno se lo merita in quel momento, di piangere tanto sotto fugaci docce in attimi di respiro. Il paziente si chiama tale perché soffre (da patior), sopporta. Ma sono pazienti e soffrono anche coloro che vivono la fatica della morte che si avvicina per un loro amato. E non perché non la si contempli e non la si veda come evento naturale, ma perché è comunque dolorosa. Il tempo giusto può essere quello ‘dello stare’ invece che ‘dell’aspettare’ in senso stretto.

Ma si può fare. Non tutto ciò che si vorrebbe è ciò che si può. Ma talvolta si realizza che una persona possa star male di forma ma non di contenuto, nel senso che il suo corpo può essere ammalato ma può trovare appropriata assistenza nel contesto affettivo più eutocico, dove non ci sarà chi ti dice “si entra uno alla volta”, o “è già un miracolo che sia arrivato fino a qui” o proponga esami e cure del tutto sproporzionate con un registro comunicativo che distrugge cuori e animi.

Stare accanto comporta plasmare sui bisogni sull’altro, cercare competenze mediche e relazionali, verificare fin dove si può che il ‘fare non diventi strafare’. La fatica di chi morirà e di chi resta trova sfogo in una qualità di fine vita e di morte che ha tante personalissime sfaccettature positive. Si esce ammaccati, tristi, ma non necessariamente inconsolabili.

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6 commenti

  1. Tania Hordovan

    Grazie mille a tutti voi per tutto quello che fate per noi

  2. Angelica Puddu

    Grazie dottoressa♥️

  3. Brunella Frau Zara

    Per mio marito e la mia famiglia tu insieme a Carla e ai tuoi collaboratori siete stati gli Angeli delle cure Palliative…ancora grazie💗

  4. Dottoressa Denise Vacca Grazie ❤️❤️

  5. Barbara Corrias

    Le Cure Palliative in Sardegna raccontate da chi ci crede, ne ha le capacità professionali e umane come medico palliativista, le immagina nella loro evoluzione e le concretizza quotidianamente senza mettersi nessun limite che sia geografico o di altro tipo

  6. Cristina Dessì

    Sempre grazie

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