GIOVANNA SIGNORINI FALCHI, L’ANIMA PULSANTE DEL CIRCOLO DEGLI EMIGRATI SARDI DI LA PLATA IN ARGENTINA

Giovanna Signorini Falchi

di STEFANIA CUCCU

Quando si emigra, molti cambiamenti coinvolgono la vita delle persone, sia che si tratti di studiare per qualche mese, o di essere determinati a cercare migliori opportunità all’estero per un periodo di tempo indefinito.

Purtroppo emigrare non è sempre sinonimo di una migliore qualità della vita, come molti credono, visto che bisogna passare dei periodi di precedente adattamento per poter recuperare parte dello stile di vita che si aveva, e non solo quello monetario.

Emigrare comporta anche altri tipi di perdite; l’emigrazione implica una frattura, un distacco. Significa anche abbandonare, andare via, lasciare un involucro protettivo, la patria, e dirigersi altrove…

E l’altrove è un luogo lontano dai suoni, dagli odori, dalle sensazioni che costituiscono le prime tracce su cui si è stabilito un codice di funzionamento psichico. Significa strappare le proprie radici dalla terra d’origine, cercando un modo di trapiantarsi nella nuova terra, con la necessità di non rinunciare a se stessi, alla propria identità…

Giovanna Signorini Falchi nasce a Mar del Plata nel 1950 da genitori Italiani; madre sarda e padre marchigiano con una forte connotazione sarda in quanto residente nell’isola per motivi di lavoro per svariati anni. Era “Primo Corno” al conservatorio Rossini di Pesaro e professore di musica, approdato a Cagliari nel ‘45 per contribuire alla realizzazione dell’orchestra di venti strumenti nella compagnia di Dario Alessandri; è stato in quel frangente che ha conosciuto l’amore della sua vita.

“I miei genitori si sono conosciuti in Sardegna, a Cagliari, dove mia madre assisteva una sorella partoriente e mio padre, musicista, abitava nella casa di fronte, tra le vie strette in Castello…. dove le strade avvicinano le case, e le case avvicinano le persone e i loro cuori.

Si sono sposati nel ‘46 e hanno vissuto a Mara (Sassari). Dopo la nascita di mia sorella, nel ‘48, si sono trasferiti a San Pablo di Brasile dove mio padre suonava alla ‘Sinfonica’ di San Pablo. Nel ‘53 era entrato a suonare nel ‘Teatro Argentino’ di La Plata, città nella quale la mia famiglia ha deciso di stabilirsi per sempre, anche se spesso lui andava a suonare a Buenos Aires, all’orchestra sinfonica del ‘Teatro Colon’.

Mio nonno materno viveva già da alcuni anni in Argentina. Si era trasferito per fare il muratore e, dopo di noi, anche mia nonna e mia bisnonna si sono trasferite in Argentina.

All’inizio non è stato facile; non venivamo ben visti dagli argentini, perché eravamo un popolo di grandi lavoratori e rappresentavamo un pericolo soprattutto per il timore di occupare posizioni apicali. Ma non ci siamo scoraggiati. Siamo andati avanti a testa alta, portando nel cuore sempre l’amore per la nostra Terra.

La nostra famiglia non ha mai perso le abitudini a parlare il dialetto e le usanze della nostra regione, questo ha fatto sì che io, benché nata in Argentina, ne abbia assimilato la cultura, i valori e l’amore.

Ricordo tutte le storie che nonna ci raccontava durante l’infanzia, mentre noi stavamo in cerchio attorno a un braciere per riscaldarci i piedi.

È rimasta sempre fedele al suo paese, non solo per ragioni affettive, ma perché riteneva che tutto ciò che accadeva rispecchiasse una condizione umana esemplare. A Mara aveva lavorato in piccolo negozio e aveva vissuto le carestie e la povertà. Ci raccontava che, quando in negozio si presentavano delle persone povere, lei preparava un sacchetto con alcuni alimenti affinché non andassero via a mani vuote; questo ha contribuito a formare in noi il senso di solidarietà e di compassione.

Mio nonno Tottoi faceva il muratore e noi lo aiutavamo a sminuzzare le pietre per fare il cemento. Lui ci ha trasmesso la cultura del lavoro e della abnegazione: ogni persona deve lavorare per poter avere una vita degna di essere vissuta.

Quelle storie, quegli esempi che arrivavano dai nostri avi, hanno costruito nella nostra mente l’immagine di una Terra meravigliosa.

Quelle emozioni che ci trasferivano nei loro racconti si sono trasformate in una ricchezza di valori che ha formato la nostra personalità e un amore forte per la Sardegna.

Sarò sempre grata, per questo, a mia nonna, mia bisnonna e a tutte le persone anziane che hanno fatto parte della mia vita.

Le persone anziane sono state un tesoro prezioso per me e per la Sardegna perché ne hanno conservato la memoria storica. Sono state loro che attraverso le fatiche e le gioie di una vita si sono prodigate a migliorare il paese e a migliorarci.

Un sentimento di stima nei loro confronti che non viene meno col tempo e che mi porta a provare ammirazione e rispetto per il pensiero e le parole di chi ci è accanto e di chi ci ha lasciato.”

Giovanna e tutti i sardi d’Argentina, lavorano e cercano di proiettarsi nella società locale senza negare le loro radici, non dimenticando la cultura d’origine.

È così che nel 1987 nasce il Circolo di La Plata. Nasce da una esigenza di consolazione e assistenza, ma anche dalla volontà di far conoscere la nostra cultura all’estero.

“Io non avevo mai visto la Sardegna, ma grazie al Circolo di La Plata, la Regione ci ha offerto molte possibilità come i soggiorni in Sardegna del 1993 grazie ai quali sono andata a conoscere la mia amata Terra.

In qualità di Presidente del Circolo e segretaria della Federazione Sarda in Argentina, ho avuto altre occasioni per ritrovarmi in Sardegna, come nel 2001, quando sono andata al convegno degli emigrati a Cagliari.

Furono soprattutto i colori e le atmosfere tipiche dell’isola che mi colpirono allora e che non scorderò più.

Di quei viaggi in Sardegna, ricordo molto bene il caldo, il mare, il cielo blu: mi sentivo coccolata dal calore del mare e del clima e dalla bellezza di quei luoghi che non avevo mai visto.

Ma quello che in Sardegna resta anche quando vai via è il calore umano. La Sardegna riesce a parlarti guardando negli occhi della gente. Si percepisce il grande orgoglio di sentirsi sardi, come se fossimo tutti una grande famiglia…

Noi emigrati in Argentina siamo tanti e tutti abbiamo provato più o meno le stesse emozioni e sperimentato gli stessi sentimenti al ritorno nella nostra Terra madre.”

Il circolo di La Plata nasce da una esigenza di consolazione e assistenza, ma anche di difesa dei diritti.

“Da quasi tre anni poi, è esplosa la crisi che ha messo e mette in ginocchio sia sul piano sociale, sia economico, sia politico, questo grande paese sudamericano che accoglie una delle Comunità italiane più numerose al Mondo e, tra questa, una importante componente sarda. Diamo atto della rapidità con cui la Regione Autonoma della Sardegna è intervenuta a favore della comunità sarda emigrata in Argentina.

Gli anziani che fanno parte del nostro Circolo si trovano con diverse realtà. Ci sono dei sardi nativi che hanno i documenti in regola e possono beneficiare di certi interventi, ma ci sono i figli di sardi che arrivarono a La Plata prima della Prima Guerra Mondiale che per diversi motivi mai si sono preoccupati del problema della cittadinanza; oggi, già avanti negli anni, hanno perso i contatti con i loro parenti che sicuramente esistono.

Alcuni di questi sono indigenti. Stiamo facendo l’impossibile dedicando gran parte del nostro tempo a trovare una soluzione ai problemi di questa gente sarda che sono arrivati in Argentina, hanno dedicato una vita al lavoro e alla fatica ed oggi si trovano privi di qualsiasi mezzo, travolti dalla grande crisi.

Teniamo contatti con Comuni, chiese, gente che viaggia, internet, Istituto di Genealogia ed Araldica della Provincia di Buenos Aires che ha messo gli archivi a nostra disposizione. Ultimamente abbiamo inviato diverse lettere al Messaggero Sardo alle quali abbiamo ricevuto risposta.

Oltre a questo, nel Circolo facciamo tante attività e conferenze che hanno come scopo principale la trasmissione della cultura sarda.

Lo scambio reciproco con la Sardegna è importante.

Abbiamo creato la rivista annuale “La voce Sarda” dove raccontiamo tutte le nostre iniziative, e ogni tanto organizziamo delle attività gastronomiche in piazza alle quali partecipano sardi e argentini. Facciamo i dolci e lavoriamo per la trasmissione della nostra cultura anche nelle scuole.

Le donne nei circoli lavorano e si comportano come se fosse la loro casa e la loro famiglia. Sono sempre quelle che cercano di avvicinare tutti coloro che abbiano interesse per la Sardegna, sia piccolo, giovane o anziano, sia sardo, sia discendente o di qualche altra regione. Lo scopo è di attirare tutti a conoscere le tradizioni, la cultura, l’artigianato, l’archeologia, la musica, il folclore (abbiamo creato il gruppo di ballo “Fortza Paris”) e anche la gastronomia sarda, che viene apprezzata in tutto il mondo.

Tra l’altro si promuove il turismo, si valorizza il patrimonio storico e culturale rappresentato dai Sardi nel Mondo, e si cerca di sviluppare l’interesse delle nuove generazioni a mantenere le proprie radici, rafforzare la propria identità, avere una rappresentanza specifica per costituire nuovi gruppi di bambini e di giovani che col tempo siano capaci di rappresentare la nostra cultura.”

Figli e nipoti di chi, in periodi storici anche peggiori di questo, hanno avuto la forza di dare un futuro a se stessi e alla propria famiglia, che non si sono arresi a una vita di stenti e hanno lottato perché altrove potessero vivere con più dignità e che ancora oggi frequentano circoli e vogliono conoscere la cultura dei loro antenati.

Sono un patrimonio prezioso perché in un modo o in un altro, anche queste nuove generazioni pur vivendo altrove, hanno deciso di restare… e di restare sardi.

“Oggi, mia figlia, Maria Victoria, è diventata la presidente del Circolo di La Plata e io mi occupo della segreteria amministrativa. E di questo ne vado orgogliosa.

Porto con me il mio grande rimpianto di non aver riportato i miei genitori in Sardegna. Ma ormai noi avevamo creato la nostra famiglia qui in Argentina e loro ci hanno accompagnato sino agli ultimi giorni della loro vita.

Può sembrare strano, ma pur non essendo nata in Sardegna, io sento di amarla. È la mia vita. Vivo pensando di essere lì ogni giorno e vorrei morire lì.”

Cara Giovanna, non c’è niente di strano nelle tue parole, perché forse, la realtà di noi sardi, emigrati e residenti, è molto vicina alla descrizione che ci viene offerta dal grande scrittore Giuseppe Dessì …

“… Nascere in un’isola è una cosa che non ti abbandona mai, che ti resta tatuata addosso per sempre, è un modo preciso di percepire gli spazi, il tempo e il destino. Ti dice che stai da una parte della riva, che calpesti quella terra e non un’altra.

Il mare è quell’orizzonte che ti fa intendere da subito che hai la possibilità di andartene, così che diventi immigrato prima di fuggire, lo sei in potenza prima che in atto, nella testa prima che nella realtà.

E allora resti tutta la vita a chiederti come saresti stato a “casa” se alla fine hai deciso di sbarcare in un altro porto, o come saresti stato nel “continente” se hai deciso di restare.

Il sardo vivrà comunque con la nostalgia di una vita che ha deciso di non intraprendere…”

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10 commenti

  1. Sandra Capuzzi

    Mitica

  2. Giovanna Signorini Falchi

    Grazie, grazie, grazie!!!

  3. Complimenti Giovanna e Stefania

  4. Angela Solinas

    Complimenti Giova

  5. Felicitaciones!!!! Linda historia la de Juana. Gracias a Stefania Cuccu por escribir el libro de tantos sardo-argentinos. Gracias a TOTTUS IN PARI, por hacer visibles estos trabajos.

  6. Bella Giovanna!❤️

  7. Francesco Manca

    Felicitazioni

  8. Super Gio!

  9. Maria Nives Cabizzosu

    Bravissima Giovanna! Ci vediamo a Cagliari?

  10. La nostalgia….

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