LE PERDAS FITTAS, I MENHIR SARDI: LE “PIETRE CONFICCATE”, DISSEMINATE SU TUTTO IL TERRITORIO DELLA SARDEGNA

di BENEDETTA PIRAS

Perdas fittas o “pietre conficcate”: così sono state chiamate le grandi e alte pietre che oggi è possibile trovare disseminate su tutto il territorio dell’isola, tra una passeggiata nelle campagne e una visita ai parchi archeologici del territorio.

Eppure, migliaia di anni fa e fino al ventesimo secolo per molti non erano delle semplici pietre ma qualcosa di molto più significativo: dei ponti tra il mondo terreno e l’aldilà, delle effigi dedicate agli antenati, dei luoghi di preghiera.

Disposte singolarmente, in linee o circoli, le perdas fittas oggi si inseriscono nel panorama più ampio della Sardegna megalitica, una Sardegna appartenuta alle civiltà del neolitico e oltre, che alle proprie divinità hanno innalzato per millenni dei grandi monumenti fatti di pietra, tanto misteriosi quanto affascinanti. Oggi di questi restano ancora numerose testimonianze, dai nuraghi ai dolmen -le tombe realizzate con grandi lastre sovrapposte – fino ai menhir.

Non si hanno testimonianze decisive che possano aiutarci a comprendere a pieno lo scopo dei menhir: così come quelli di Stonehenge e di numerose altre parti d’Europa, anche in Sardegna si pensa che queste pietre potessero essere innalzate per fini religiosi, per segnare dei luoghi di sepoltura o come indicazione per l’osservazione delle stelle e l’allineamento con gli astri.

Se poi il loro scopo resta tutt’oggi un mistero, anche il modo in cui gli antichi sono riusciti a portare queste grandi pietre fino ai luoghi in cui si trovano resta un’incognita, così come le tecniche usate per riuscire ad innalzarle.

È interessante notare inoltre come nel corso del tempo questi menhir abbiano subito un’evoluzione. Dalle semplici rocce dalla superficie liscia si è infatti passati a delle incisioni che seppur semplici ad un primo sguardo, in realtà portavano con loro il racconto della nascita, della vita e della morte. Ne sono un esempio le stele esposte al Menhir Museum di Laconi, che sulla loro superficie riportano delle fattezze umane o, ancora, il simbolo dell’uomo rovesciato e quello del pugnale bipenne, che simboleggiano rispettivamente la morte e il ritorno alla terra, forse un’eredità del popolo egizio. In altre occasioni invece, le grandi pietre hanno le fattezze della Dea Madre, a simboleggiare un costante collegamento con la terra come madre suprema, inizio e fine di tutto.

Nel corso del tempo, ai menhir sono stati attribuiti diversi significati a seconda delle civiltà che li hanno incontrati nel loro cammino. Particolare è l’esempio dei menhir di Luxia arrabbiosa, una donna per alcuni e strega o fata per altri molto celebre nelle leggende sarde, a cui oggi sono dedicati menhir di Morgongiori, della necropoli di Montessu e quello di Simala. Anche la religione cristiana fece uso delle stele, intitolandole a diversi santi e rendendole luoghi di preghiera per i pellegrini.

Oggi, è possibile ammirare queste silenziose guardiane del mondo soprannaturale in diversi luoghi dell’isola. Uno dei più celebri è il Parco Archeologico di Pranu Mutteddu a un’ora da Cagliari, un luogo cristallizzato nel tempo in cui potrai osservare le grandi pietre di più di 5000 anni fa disposte in fila o in cerchio, immerse nel silenzio spezzato soltanto dal vento e dalle fronde degli alberi vicini.

Ma è proprio quest’aura così arcana e il loro passato ricco di incognite che rende le perdas fittas così interessanti: osservarle da vicino, immerse nel silenzio della natura e all’ombra degli olivi e dei lecci secolari è un’esperienza unica nel suo genere, che ti trasporta subito in un’altra epoca intrisa di mito e magia.

www.costasmeralda.it

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Un commento

  1. Bello e interessante!

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