ILARIO E SIMMACO, I DUE PAPI NATI IN SARDEGNA

ph: Papa Ilario e Papa Simmaco

di ROBERTA CARBONI

Due papi nati in Sardegna e vissuti in un periodo cruciale per la storia della Chiesa e dell’impero romano, minacciato dalle invasioni barbariche e dalla crisi teologico-dottrinale provocata dall’espansione dell’arianesimo.

Tra il 456 e il 535 d. C. la Sardegna si trovava sotto l’occupazione dei Vandali: una dominazione molto breve, durata circa 80 anni, che non lasciò segni particolari nell’economia, nella cultura e nell’arte, ma comportò alcune conseguenze religiose, dal momento in cui gli imperatori germanici avevano sposato l’arianesimo.

L’arianesimo è una dottrina cristologica elaborata dal presbitero Ario nel IV secolo, che provocò una prima grande frattura nella nascente ideologia cristiana. Ufficialmente condannata nel primo concilio ecumenico della storia – il celebre Concilio di Nicea del 325 – la dottrina ariana negava la consustanzialità di Cristo, sostenendo che le due entità di Padre e Figlio fossero separate e che la natura divina del Figlio fosse di fatto inferiore a quella di Dio.

Secondo questi principi, Ario non negava la Trinità, ma subordinava il Figlio al Padre, negando, dunque, la coesistenza di un’entità umana e divina in Cristo.

Alla base della sua tesi vi era la convinzione che Dio, principio unico, indivisibile, eterno e quindi ingenerato, non potesse condividere con altri la propria essenza divina. Di conseguenza il Figlio, in quanto “generato” e non eterno, non può partecipare della sua sostanza e quindi non può essere considerato Dio allo stesso modo del Padre, ma può al massimo esserne una creatura finita. Padre e Figlio non possono dunque essere identici, e il Cristo può essere detto “Figlio di Dio” soltanto in considerazione della sua natura creata, e non di quella increata, posta allo stesso livello di quella del Padre.

Dopo il Concilio di Nicea, che aveva accusato Ario di eresia e condannato le posizioni ariane come deviazioni dal cosiddetto Credo Niceno, anziché scomparire, l’arianesimo spostò il suo asse verso il nord dell’impero, trovando seguaci presso i popoli barbari che in quel periodo si stavano spingendo contro i confini dello Stato. Tra questi, soprattutto i Vandali, i Goti e i Longobardi. Presso queste genti l’arianesimo conobbe una grande diffusione almeno fino al VII secolo.

Il successo di questa dottrina presso le popolazioni germaniche, più pragmatiche e digiune da qualsiasi concezione di tipo filosofico, era dovuto alla visione più semplice del cristianesimo che l’arianesimo portava con sé. In particolare il monaco Ulfila svolse un ruolo fondamentale nella diffusione dell’arianesimo tra le genti germaniche. Traduttore, tra l’altro, della Bibbia in lingua gotica e inventore di un tipo di alfabeto latino che sostituì gli antichi caratteri runici, Ulfila svolse un ruolo fondamentale non solamente dal punto di vista strettamente religioso, ma anche linguistico per lo studio delle antiche lingue germaniche.

Con l’occupazione vandalica del Nord Africa e delle isole del Mediterraneo (Sardegna, Sicilia, Corsica e Baleari) la Chiesa subì una prima frattura, e l’impero romano, nel 476, sarebbe crollato con la deposizione dell’ultimo imperatore Romolo Augustolo.

Quali furono le conseguenze religiose della dominazione vandalica? L’appartenenza dei Vandali all’arianesimo comportò l’imposizione forzata della religione ariana in tutti i territori occupati. Tra questi, per volontà del re Trasamondo, la Sardegna divenne luogo d’esilio per tutti i vescovi cristiani nordafricani che rifiutavano di piegarsi alla volontà dei conquistatori e non disconoscevano il Credo Niceno. Tra questi San Fulgenzio da Ruspe, che giunse a Cagliari intorno al 508. In questo scenario di cambiamenti politico-religiosi si inseriscono le figure di due papi, citati nel Liber Pontificalis, e passati alla storia come Ilario e Simmaco, entrambi nati in Sardegna.

Ilario fu eletto dopo la morte di Papa Leone I, intorno al 461. Il suo pontificato fu caratterizzato dalla stessa linea politica del suo predecessore per la difesa dell’unità della Chiesa, ed egli si occupò principalmente degli affari della Chiesa in Gallia ed in Spagna. Ricorrendo all’intervento dell’imperatore Antemio, cercò anche di combattere la diffusione a Roma dell’eresia ariana, sostenuta allora dal generale goto Ricimero.

Nel 465 convocò un sinodo in cui furono emanati importanti canoni circa le ordinazioni ecclesiastiche e contro le traslazioni dei vescovi. Morto nel 468 e fu sepolto nella Chiesa di San Lorenzo fuori le mura.

Papa Simmaco, invece,era probabilmente originario di Simaxis, piccolo paesino in provincia di Oristano che da lui potrebbe aver preso il nome. Ancora oggi nel paese si celebra la festa patronale che ricorre il 19 luglio. Simmaco, di fede ariana, successe al soglio pontificio dopo la morte di Anastasio II, nel 498, ma nello stesso giorno, una fazione dissidente di fede cattolica e vicina al governo bizantino elesse l’arciprete Lorenzo, che assunse il ruolo di antipapa.

Per sanare il problema della doppia elezione, entrambe le fazioni fecero appello al re goto Teodorico, che tuttavia non era cattolico ma ariano, affinché i due candidati fossero convocati a Ravenna e si attenessero alla sua decisione. Teodorico si pronunciò in favore di Simmaco per il fatto che era stato scelto per primo e dalla maggioranza del clero.

Su Simmaco è stato avanzato il sospetto che abbia corrotto qualche funzionario di corte vicino a Teodorico, e d’altra parte sulla decisione di Teodorico può aver pesato la posizione sfavorevole di Simmaco nei confronti di Bisanzio ed il calcolo politico di poter usare il papa contro l’impero d’Oriente. Lorenzo comunque si sottomise alla decisione, ma la contesa tra i due e tra le due fazioni non si placò, ponendo le basi per il grande Scisma. Nel 514 Simmaco si occupò della vicenda dell’esilio dei vescovi cattolici d’Africa, perseguitati dai capi dei Vandali ariani. Morì nel 514 e fu sepolto nel portico di San Pietro, anche se oggi la sua tomba è andata perduta.

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