SALVATORE SARDU IL DOCUMENTARISTA CON L’ISOLA NEL CUORE

Salvatore Sardu con cinepresa amatoriale durante uno sciopero contro la chiusura delle miniere – Iglesias, anni ‘70

di RITA CODA

Ho avuto il grande onore di conoscere Salvatore Sardu, in occasione dell’organizzazione di un evento culturale. Uno straordinario professionista che non si è mai posto limiti nell’espressione della sua sensibilità scegliendo la contorta via del superamento di ogni confine. Si è sempre concentrato sul sentire, portandosi avanti nel duro cammino dell’esploratore della vita, della storia del popolo e del territorio sardo. Le sue opere si sono fatte strada oltre il muro del silenzio, inviando messaggi chiari e concisi che arrivano, ancora oggi, a destinazione senza perdersi, per poi incarnarsi nel chiaroscuro della cellulosa per essere imbrigliati e trasmessi ai posteri e resi immortali e liberi dal giogo del tempo. Salvatore Sardu nasce ad Arbus nel 1942 e poi si trasferisce a Cagliari nel 1950, dove si laurea in Economia e Commercio. Docente di Geografia Economica, poeta, scrittore, è il più grande documentarista sardo per numeri di lavori, riconoscimenti e fama, come riportato in un articolo sul sito del comune di Cagliari: “La Sardegna, raccontata in 40 anni”, per la realizzazione di ben 200 documentari sulla Sardegna, riconosciuti con prestigiosi premi in rassegne nazionali ed internazionali.Vive a Quartu Sant’Elena nella sua casa museo, dove ogni singolo oggetto è la testimonianza della sua storia d’amore per la cinenematografia, lunga oltre 50 anni.Troneggiano nel suo salotto la mastodontica telecamera con annesso videoregistratore Umatic, con cui passò al professionismo nel 1984. Ma nelle vetrine fa bella mostra  di se anche la piccola cinepresa 8 millimetri, acquistata in un piccolo villaggio del Sulcis, Terraseo, da un ambulante napoletano e con cui, filmando le prime manifestazioni sessantottine a Cagliari, nel Febbraio del 1967, scoprì la sua vocazione per la documentazione. Nelle stesse vetrine sono ben disposte altre cineprese, in super 8, con relativi proiettori, giuntatrici e persino una pistatrice, con cui gli fu permesso di sonorizzare le pellicole.

Salvatore Sardu con telecamera professionale a Nebida, anni ’80

Con quest’attrezzatura spartana Salvatore Sardu, compì dei veri e propri miracoli, realizzando filmati d’alta qualità, come i film sulla storia delle miniere del Sulcis: ”Addì 11 Maggio”, sulla strage di minatori ad Iglesias, 1920, “Buggerru, dove nacque la speranza”, sulla nascita delle prime organizzazioni sindacali, che porterà alla lotta contro il colonialismo minerario e ad un’altra strage e “Carbonia una città che resiste” sulla nascita della città mineraria e sulle disperate lotte dei minatori, sostenuti da tutta la popolazione, quando si decise che il carbone Sulcis non era più utile.
Ma non furono solo le pellicole minerarie quelle realizzate con queste piccole cineprese amatoriali:
Sardu aveva cominciato con l’iniziativa di Pinuccio Sciola, di trasformare il borgo agricolo di San Sperate in un paese museo. “Nasce il paese Museo” fu quindi il suo primo documentario, 1968, che gli valse importanti riconoscimenti: due primi premi, uno dei quali dal Ministero della Cultura, e mezza pagina su L’Unione Sarda”, che lo definiva “Ad alto livello”.

Salvatore Sardu durante la premiazione a Retequattro, con Maurizio Costanzo, Il regista Giuliano Montaldo e altri, 1985

Seguiranno poi una serie di filmati a difesa sull’ambiente, a cominciare con “Sant’Antioco, paese grigio” con cui documentava il saccheggio dell’isola sulcitana e l’apatia degli abitanti. Per proseguire con “La legge del profitto” e “Un domani per Portoscuso” , tutti film di denuncia per cui l’autore fu spesso attaccato e  definito “nemico della classe operaia” .Oggi Salvatore Sardu, in una  pagina del maggior quotidiano sardo, è stato definito: “Io come Greta, poeta dell’ambiente”.  Ma allora difendere l’ambiente non era di moda. Realizzerà poi una decina di film sul ’68 in Sardegna. Nel 1984 fonda la Sarfilm e con l’acquisto dell’attrezzatura professionale in Umatic, entrerà con uno scoop a lavorare in Rai e poi a collaborare con  Videolina. Dove tuttavia non si adatta a seguire le “leggi vigenti”, per cui sceglierà di continuare a lavorare in libertà, producendo quasi sempre a sue spese, filmati sempre più belli, come “Sardegna Magica” prodotto in 6 lingue, sardo compreso,  di cui si vendettero ben 10.000 copie in tutto il mondo. La collaborazione con famosi scrittori come Giulio Angioni e Natalino Piras, o con Ottavio Nieddu e Maria Grazia Melis, Università di Sassari, e altri ancora porterà alla realizzazione di film spettacolari, come “Sartiglia Oristanese”,”Barbagia” , “Eleonora d’Arborea”, “Sardegna Prenuragica”, “Sardegna Nuragica”. “Sardegna Fenicia” fu invece realizzata col testo del prof. Bartoloni, mentre “Sardegna Fenicia a Venezia”  vincerà il primo, secondo e terzo premio nella città lagunare. Premiatissimo anche “Gent’Arrubia”, primo premio al Festival del Mediterraneo. Sino al 2000 Salvatore  Sardu aveva realizzato tutti i lavori  in solitaria, realizzando riprese, scrivendo i testi, scegliendo le musiche, e montando il tutto. E sino al ’90, duplicando anche le copie con la sua attrezzatura. Poi l’arrivo del digitale, cominciò a cambiare le cose. L’avvento di piccole telecamere poco costose, portò al nascere della concorrenza. Mentre, con la laurea in grafica a Londra del figlio Andrea, tutto il lavoro di post produzione, fu affidato a lui, con ulteriore beneficio per la qualità dei documentari . Notevole quindi il successo di “Molentargius” “Andare per grotte”, “Bosa, una città un fiume” “Ogliastra da sognare” “Riserve Marine”, “Tuvixeddu”  e “C’era una volta un prato” uno struggente documentario, forse il suo capolavoro ambientale.  Per cui il grande giornalista Sergio Naitza, gli dedicherà un ulteriore riconoscimento:”DOCUMENTARISTA CON L’ISOLA NEL CUORE”.

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Un commento

Rispondi a Gianfranco Sarigu Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *