CASSIOPEA BELLA E TRISTE E CEFEO DOLCE E TIMIDO: IL RICCIO E LA CAPRETTA

di LUCIA BECCHERE

La bellissima capretta Cassiopea viveva in un cortile al centro del paese. Dall’alba al tramonto si inerpicava sulle colline alla ricerca di tenere foglie e giovani virgulti in compagnia di altre caprette. Cassiopea era fra tutte la più bella ma anche la più triste perché di notte nessuno le teneva compagnia e le coccole della sua padrona non erano sufficienti a colmare il vuoto della sua solitudine.

Una notte sognò prati rigogliosi e verdi colline, il vento che sprigionava melodie, il cielo coperto di stelle, la luna che si specchiava sul mare e si sentì immensamente felice. Ad un tratto avvertì una presenza estranea e si svegliò. Con grande sorpresa vide accanto a sé un riccio che strofinava il musetto appuntito contro la sue zampette.

Il piccolo animaletto aveva due occhietti dolci e profondi che la osservavano con una certa timidezza, il colore del suo manto sapeva di caffellatte, il musetto di panna e il visino allungato lo rendevano mite e buono. Cassiopea si sentì pervasa da così tanta tenerezza che accolse lo sconosciuto con intenso trasporto.

Fra i due fu subito intesa, lei così premurosa, lui così docile sembravano complementari l’uno all’altra. «Come ti chiami? Da dove vieni?» – chiese con emozione la capretta – «Mi chiamo Cèfeo* – rispose – e vengo da una casa vicina». Fu così che da quel momento, una accanto all’altro, Cassiopea e Cèfeo condivisero sogni e promesse.

Trotterellando felice sui suoi zoccoletti, la bella capretta raccontava di quel riccio che al suo rientro l’accoglieva con tanto affetto da farla sentire unica e preziosa.

Ma una sera al suo rientro, Cassiopea non trovò più il suo Cèfeo. Lo cercò fra le fessure della legnaia e in ogni angolo del cortile, in preda alla disperazione cominciò a belare sperando che il riccio udisse il suo lamento fino a sentirsi stanca ed esausta quando, divorata dal pianto per quell’abbandono, cadde in uno stato di profonda afflizione.

Un giorno, la piccola capretta udì due giovani colombi raccontare di un bel riccio dagli occhietti dolci e profondi, dal manto che sapeva di caffellatte, dal musetto di panna, dal visino allungato e dall’aspetto mite e buono, che viveva in un giardino di ricchi signori in compagnia di una bella tortora di nome Rugiada.

Per Cassiopea fu un così duro colpo che da quel momento cominciò a disdegnare l’erba dei prati e portandosi in cima ad un promontorio dava voce al suo lamento invocando ripetutamente Cèfeo che certo non poteva udire il suo richiamo, finché un giorno la tenera Cassiopea incontrò un bel capriolo di nome Zefiro che la condusse fra prati fioriti e verdi boschi circondandola di così tanto affetto e di così tanto amore da farle dimenticare il suo riccio.

La capretta sembrava proprio assaporare la felicità ma non appena le tornava in mente il suo Cèfeo si lasciava andare ad un pianto irrefrenabile e a nulla valsero le carezze e le premure del capriolo innamorato.

Ma poiché il destino muove inesorabilmente i suoi ingranaggi, dopo qualche anno il capriolo si ammalò lasciando di nuovo sola la capretta che pianse a lungo per la scomparsa del suo Zefiro.

Un bel giorno, mentre vagava triste fra pascoli e declivi immersa nei ricordi degli affetti trascorsi, Cassiopea si imbatté in una piccola comitiva di animali. Si avvicinò incuriosita e grande fu la sua sorpresa quando fra cani, conigli e tartarughe riconobbe il suo Cèfeo che la guardava con profondo turbamento. Una tempesta di emozioni travolse la capretta che avrebbe voluto chiedergli di tornare da lei, ma pensò che niente più sarebbe potuto essere come prima perché ormai il destino si era compiuto per entrambi. La tenera Cassiopea volle comunque, per una volta ancora, accarezzare con la sua zampetta il riccio imbarazzato. Gli aculei del suo manto le parvero morbidi come la seta e luminosi quanto il sole. A lungo posò i suoi occhi tristi su di lui e mentre una lacrima sfuggiva al suo controllo, andò via senza voltarsi.

*(Cèfeo o Cefèo, leggendario re dell’Etiopia e marito di Cassiopea, da cui prendono il nome le rispettive costellazioni del cielo boreale)

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