VIZI E VIRTU’ DEI NUORESI: NEI RITRATTI E RACCONTI DI MIMIU CANU, UN AFFRESCO DELLA NUORO DEL ‘900

ph: Nuoro

di LUCIA BECCHERE

«Cando fimus pizzinnones, chenza fachere brullas non podiabamus istare ». L’imperativo era ordire una brulla. In Zente nugoresa-Birtudes e bissios, brullas e issolorios due opuscoli stampati in città nel 2001 da Centrocopia, Mimiu Canu ci ha lasciato un affresco della Nuoro del Novecento, un vero palcoscenico su cui sfilano numerosi personaggi mossi dalle abili fila dell’autore.

Contos beros in verace dialetto nuorese con espressioni e modi di dire pressoché scomparsi, parole onomatopeiche oggi in disuso o sconosciute, appellativi calzanti, epiteti indicativi dei protagonisti delle storie raccontati nella loro quotidianità e che rendono in modo autentico sos ammentos.

Storie che attingono alla realtà, alle usanze e che scandiscono la vita e la morte, ricordi di una gioventù spensierata in cui l’umorismo, il divertimento e la sana ironia cadenzano i ritmi delle giornate, per non dimenticare le persone scomparse, la loro semplicità del vivere, i valori fondanti quali l’amicizia, la generosità, il rispetto e la condivisione.

Nelle pagine delle due raccolte sfila una comunità intera: su zillerarju e su buttecheri nelle cui botteghe gli amici si ritrovavano per raccontarsi e mettersi a nudo, su massaju semplice e laborioso, su dischente presenza indispensabile per ridicolizzare il padrone, ziu Bumburru, su campanarju che con il tocco delle campane chiamava tutti a raccolta, ziu Umberto su carzolaju, sempre pronto a mettere tutti alla berlina con i suoi scherzi e le sue burle. Con abile cura dei dettagli, l’autore riporta vizi e virtù di questi personaggi che si muovono dentro e fuori le mura domestiche, nei zilleri, durante i funerali, ma è a carnevale che lo scherzo trova il  suo momento più congeniale quando la fantasia si sprigiona per lasciare spazio all’ironia e alla risata. Sfilano i vari mastru ’e linna, mastru ’e muru, mastru ’e ferru e mastru ’e iscarpas, una moltitudine di gente semplice, credulona e modesta che trova in un buon bicchiere di vino un ottimo elemento di aggregazione. Teatro di vita di una comunità intera: il credulone, il ciarlatano, lo sbruffone, lo sprovveduto, il furbo, il burlone con l’unico scopo di divertire e far ridere senza nessun intervento censorio o punitivo da parte dell’autore. Su tutto e tutti il simpatico umorismo, l’arguzia, la bonaria ironia, la creatività e la vivace intelligenza di Mimiu Canu che come Balzac nella sua Comédie humaine, fotografa e dipinge volti e caratteri dei personaggi rendendoli reali con le sue minuziose descrizioni e cogliendoli nei momenti più curiosi ed emblematici li immortala nei suoi ammentos, e come Molière nelle sue pièces, da buon osservatore dell’animo umano, scava nella psicologia dei personaggi e con geniale anticonformismo, con gesti farseschi e una innata comicità scenica deride tutta quella comunità, padre compreso (vedi Pasqualinu Cavalleri). Ecco Fileddu, personaggio immortalato anche da Salvatore Satta nel suo capolavoro Il giorno del giudizio, che la penna beffulana dell’autore definisce « omineddu fattu e lassau chi s’indiosabat de sas fizas bellas de sos riccos» e pur descrivendo il suo degrado fisico in quanto specchio di quello sociale, tempera subito il suo severo giudizio aggiungendo con umana comprensione «fit maleassortau e fachiat pena» e ancora i racconti di su magu turronarju che ha venduto su turrone a brodu e de ziu Roffaelle barberi cassadore chi contabat sas favulas pedichinande.

Mimiu Canu aveva conseguito il diploma Magistrale, ma dopo una brevissima esperienza di sole 48 ore di insegnamento nella scuola di Tanaunella abbandonò quella strada a lui poco congeniale per lavorare come rappresentante di grosse aziende alimentari ottenendo importanti riconoscimenti ufficiali: è stato insignito della medaglia d’oro dalla Martini Rossi nel 1969. Dopo il pensionamento a 63 anni, si dedicò alla pittura. Ebbe come insegnante Giovanni Ciusa Romagna che in lui trovò qualità artistiche non comuni e per questo sempre lo incoraggiò a coltivare la sua passione. Dietro suggerimento dell’amico Giovanni Antonio Sulas, nel 1998 nel palazzo civico di Nuoro allestì a proprie spese una mostra dove esponeva 55 suoi quadri, devolvendo l’intero ricavato (17 milioni delle vecchie lire) all’Associazione Sclerosi Multipla. Morì a 88 anni, nella sua Nuoro.

Era un geniale affabulatore, di grande simpatia e sottile intelligenza. Fare scherzi era nel suo DNA. Le sue qualità maggiori: l’amicizia e la generosità. Nelle frequenti serate conviviali sapeva intrattenere gli amici con i quali amava spesso raccontare e raccontarsi perché «la vita scorre in comunità e non in solitudine».

per gentile concessione de https://www.ortobene.net/

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