LE LOTTE PER TRASPORTI ED INSULARITA’: I DIRITTI DEGLI EMIGRATI CON SERAFINA MASCIA, ALLA GUIDA DELLA F.A.S.I.

ph: Serafina Mascia
di ALESSANDRO PIRINA

Può essere considerata la ministra degli Esteri della Sardegna, l’ambasciatrice dell’isola nel mondo, la sindacalista degli emigrati. Dal 2011 Serafina Mascia guida la Fasi, la federazione che racchiude tutti i circoli dei sardi. Una settantina in Italia, altrettanti sparsi per i 5 continenti. Ma le sue battaglie in nome della Sardegna sono iniziate tanti anni prima – siamo nella metà degli anni Settanta -, quando anche lei, come tanti giovani lascia la Sardegna, diventando a tutti gli effetti un’emigrata. Da Carbonia – ma originaria dell’Oristanese: «mio padre minatore era di Sorradile, mia madre di Bidonì» – a Padova, dove, dopo la laurea in Scienze politiche a Cagliari, aveva vinto una borsa di studio all’università per un corso di organizzazione aziendale. «Quelli che oggi chiamiamo pre master – racconta –. Poco dopo ho cominciato a lavorare a Verona alla Mondadori, poi mi sono trasferita a Bologna dove continuavo a occuparmi di selezione e ricerca del personale. Infine, nel 1982, mi sono stabilita definitivamente a Padova». Ed è qui, nella sua nuova vita lontana dall’isola, che inizia a occuparsi quasi a tempo pieno della Sardegna. «I primi contatti con i circoli li avevo avuti a Bologna, dove c’erano molti universitari più una certa emigrazione legata al mondo dei servizi e a quello agropastorale. Ma la vera svolta fu a Padova: un’insegnante dei miei figli, sarda anche lei, mi parlò di un libro che doveva essere presentato nel quartiere, “A Biella se Dio vuole”, scritto da Amelia Arzedi, emigrata qualche anno prima di me per ragioni matrimoniali, dove si parlava di Carbonia. Lei, questa insegnante, faceva parte del circolo dei sardi e io così ho iniziato a frequentarlo».

La vita nei circoli. Ai tempi, epoca ancora lontana dalle tecnologie attuali che hanno ridotto distanze e problemi, il circolo era il punto di riferimento per chi lasciava la Sardegna. «Oggi si vive con gli occhi sul computer o sul cellulare, ma allora c’era solo il circolo per ritrovarci – racconta Serafina Mascia –. Per noi sardi era un modo per sentirci meno soli, ma era soprattutto un aiuto per l’inserimento nella nuova città. Per chi era solo, e quindi viveva momenti difficili, il circolo diventava un punto di riferimento familiare. Al suo interno si ricostituiva una comunità sarda. L’unica soglia di ingresso era essere sardi. C’erano l’operaio e l’intellettuale, lo studente e la casalinga. Si organizzavano corsi di alfabetizzazione per prendere la licenza media, incontri culturali. E poi si mangiava insieme, prodotti rigorosamente sardi. Ai tempi non c’era un mercato come oggi, sono stati gli emigrati a fare conoscere nella penisola il pane carasau e la salsiccia».

Ambasciate dell’isola. Oggi i circoli dei sardi sono 70 in Italia, distribuiti in 10 regioni e 46 province, principalmente tra il Nord e il Centro. «Abbiamo due tipi di emigrazione. Nel Settentrione c’è quella di tipo industriale, più molti militari nel nordest, insegnanti e terziario nel Veneto, mentre in Toscana, Lazio e Umbria è prevalentemente di tipo agropastorale, ormai siamo alle terze generazioni di emigrati che hanno creato importanti aziende nel settore agroalimentare. A questi bisogna aggiungerne altri 70 nel mondo, tra Europa, Canada, Stati Uniti, Sudamerica, Australia». E dal 2011 Serafina Mascia è la loro principale rappresentante. «Ho iniziato nel mio circolo a Padova, dove sono stata presidente per 9 anni. Successivamente mi hanno chiesto di entrare nel consiglio della Fasi e poi otto anni fa sono stata eletta presidente, e poi riconfermata per un secondo mandato».

I circoli al giorno d’oggi. Rispetto al passato la funzione dei circoli è cambiata. La tecnologia ha ridotto le distanze tra l’isola e il resto del mondo. Basta uno smartphone per abbattere migliaia di chilometri. Ma il circolo resiste e, pur modificando la sua ragion d’essere, continua a essere un punto di riferimento per i sardi nel mondo. «Oggi siamo una associazione che promuove la Sardegna in tutti i suoi aspetti, dalla cultura alla enogastronomia – spiega Mascia –. La nostra funzione ha sempre una base sociale, solidale che lavora per i propri soci ma anche per la Sardegna e noi la rappresentiamo con le nostre proposte inserite nei programmi delle città in cui viviamo. Oggi abbiamo anche molti iscritti non sardi, persone che hanno un legame con l’isola oppure vacanzieri che vogliono ritrovare un po’ di Sardegna anche in inverno». Ma i circoli, guidati dalla Fasi, portano avanti le battaglie per i diritti dei sardi emigrati. Su tutti, quella per i trasporti. «Siamo quasi un sindacato degli emigrati – dice ancora Mascia –. Certo, rispetto al passato, quando i sardi erano costretti a bivaccare nei porti perché i posti sulle navi erano destinati solo ai turisti, le cose sono migliorate. Oggi siamo riusciti a ottenere una corsia preferenziale con le compagnie marittime, mentre per gli aerei è più difficile: prima avevamo gli stessi diritti di chi vive in Sardegna, poi nel nome della Ue ce l’hanno tolti. Ecco perché siamo schierati per il principio di insularità nella Costituzione: ci vuole una continuità valida per tutti, la Sardegna deve poter essere raggiunta da merci e persone con prezzi che tengano conto del fatto che è un’isola». Dal canto suo, Serafina Mascia nell’isola torna spesso. «Principalmente per la Fasi e qualche volta in vacanza, d’estate soprattutto. Idem i miei figli: per loro e le loro mogli è proibito andare in Grecia o altrove, le vacanze si fanno in Sardegna».

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Un commento

  1. Roberto Ciccalotti

    Sono un Romano sposato fortunatamente e felicemente con una sarda conosciuta 18enne a Roma e sposata dopo 6 mesi il giorno dopo il matrimonio ero sulla Spiaggia di S. Giovanni di Tharros e fu” il secondo innamoramento infatti lo frequento ancora dopo 50 anni e mi sento un sardius-soli W i sardi la Sardegna con le loro belle ed esemplari rappresentanti….scusate devo partire ma non vi dico dove vado…ciaoooo

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