“NOI SIAMO TEMPESTA”: QUANDO A MILANO, MICHELA MURGIA COL SUO ULTIMO LIBRO FA PIANGERE ANCHE AMBRA ANGIOLINI

da sinistra Ambra Angiolini, Michela Murgia e Giulia Innocenzi
di SERGIO PORTAS

 “Cummannari è megghiu ‘ca futtiri” diceva quel vecchio mafioso siciliano (ma solo perché era arrivato alla bella età di novant’anni), Giulia Innocenzi nella beata innocenza (ripetizione voluta) dei suoi 26 anni, nove anni fa dava alle stampe, complice Eir editore, l’imprescindibile: “Meglio fottere che farsi comandare da questi” ( avrebbe scritto poi “Trita Carne” per Bur e “Vacci Nazione” per Baldini&Castoldi, 2017). I “questi” erano i partiti che andavano allora per la maggiore (più o meno quelli che anche  sono in pista oggi ), e lei era rimasta scottata dall’esperienza fatta nel candidarsi alle primarie dei “giovani del PD” tre anni prima, la pratica aveva del tutto azzerato gli studi che sulla teoria del partito politico aveva fatto alla LUISS di Roma, prendendosi una laurea in Scienze Politiche. Da allora ne ha fatta di strada nel sistema dei “media” nazionali, prima alla corte di Michele Santoro, poi con le Iene, non le si può negare una “verve” di tutto rispetto e bisogna riconoscere che non ha la minima esitazione di dire pubblicamente quello che pensa e in cui crede. Il 13 febbraio u.s. era il suo compleanno (è dell”84, fate voi il conto) lo so perché ero alla “Feltrinelli” di piazza Piemonte, a Milano, quando presentava l’ultimo libro di Michela Murgia: “Noi siamo tempesta”, storie senza eroi che hanno cambiato il mondo (Salani editore). E gli organizzatori hanno dovuto brigare non poco per trovarle una “torta vegana” (con una sola candelina da spegnere). Poi sarebbe arrivata anche Ambra Angiolini ( troppo famosa perché ne possa dire alcunché: lei è semplicemente: Ambra) e le tre “regine” alla fine della serata avrebbero brindato insieme con uno spumante rigorosamente nazionale. Serata che, potete capire dalla caratura delle ospiti, è stata molto divertente e si è dispiegata secondo quel registro capace di parlare con toni ironici delle cose più serie della vita. Per dire: Michela di questo libro che presenta una veste grafica del tutto particolare, una copertina di colori sgargianti col nome dell’autrice in testa a caratteri volutamente esagerati, e una fascetta gialla che recita: “Perché l’unione fa la forza!” (ma lei non l’avrebbe voluta), che a prima vista parrebbe schiacciare l’occhio solo a un pubblico giovane, lo dice destinato piuttosto “dai nove anni ai quarantanove, che sono quelli che compio io”. “E’ un libro che rompe un sacco di regole, come sanno fare spesso i bimbi nel loro interagire con un mondo che hanno trovato, e non ancora scelto”. “Ogni storia che lo compone è organizzata in modo diverso, e sono storie alla moda di una volta, quindi inventate, con personaggi non rigorosamente “storici”, vero è il substrato che le sostiene: le Termopoli, la Plaza de Majo con le sue madri dolenti e tenaci. “ Il libro è il proseguimento del mio ultimo ( Istruzioni per diventare fascisti, Giulio Einaudi editore. Ndr) e tra i due il più politico è certamente questo. Ancora non mi capacito che ci sia un popolo intero che si pensi piccolo, e si consegni all’”uomo solo al comando”, che si chiami  di volta in volta Renzi o Berlusconi o Salvini. Pare di capire che il collettivo in politica sia completamente azzerato. E che a contare oramai siano le forze di potere organizzate sui “social”. Eppure esistono situazioni di marginalità, vedi ad esempio il femminismo, dove si diventa potenti insieme. Secondo Talleyrand il potere logorerebbe chi non ce l’ha, eppure questa idea del potere crea società conflittuali, c’è un altro potere che è delle minoranze. “Prendiamo la storia di “Mediterranea Saving Humans” contenuta nel libro: “Abbiamo una nave”, una nave non è solo una nave: è un’idea che galleggia e dice che in questo mare, in questo mondo, non siamo soli. Il “Mar Jonio” è un vecchio rimorchiatore (1972) rimesso in sesto alla bell’é meglio perché un gruppo di persone ha trovato intollerabile che non ci fosse più nessuno che testimoniasse della tragedia dei migranti nel mare Mediterraneo. Si sono tassate, hanno fatto mutui dando in garanzia la casa, chiedendo soldi nella rete di internet ( “crowfudning”, finanziamento collettivo), l’obiettivo era raccogliere 700.000 euro. Ci siamo riusciti facendo di tutto, ricorrendo sino alle riffe di baci. Si è messo in moto un mondo di solidarietà, che è sicuramente minoranza nel sentire comune, ma non per questo demorde da un’idea diversa dello stare umani insieme in un unico pianeta. La “Mare Jonio” è la prima nave italiana non governativa a fare questo”. Occorre essere coscienti che a portare avanti simili iniziative si paga un prezzo, le polemiche più roventi corrono sui “social”. Se sei attiva sulla rete, dice lei, non hai paura di niente. Vero che spesso ti arriva addosso una valanga di cacca (testuale). Che certamente dà molto fastidio. Eppure internet è un luogo potente, uno spazio narrativo di biblio-diversità. Quindi la mia è sì una scelta politica, ma anche narrativa. E vorrei che più persone fossero attive sui social ( Ambra: io non ci sono). “Lì collaboro, continua Michela, con un gruppo di nove scrittrici, molto creativo e stimolante, siamo in continuo contatto e ci scambiamo opinioni su tutto. E diciamolo apertamente: non capita a tutti di essere attaccata dal Ministro dell’Interno. Oggi c’è bisogno di essere femministe, soprattutto in un tempo che ad esprimere idee diverse dalla comune vulgata il minimo che ti possa capitare è che ti diano della zoccola”. Tocca ad Ambra scioccare la platea, sceglie di leggere parte di una delle storie del libro e, sarà che ha due figli piccoli di 13 e 15 anni, sarà che la storia è davvero commovente di suo, fatto è che a un certo punto le si incrina la voce e per finire di leggere le lacrime se le deve ingoiare davvero. “Un angelo per capello”: scuola elementare del Colorado, una quarta, bimbi che hanno sui nove anni. A una di loro è diagnosticato il cancro e alla sua migliore amica Cameron i genitori debbono spiegare cosa volesse dire realmente e cosa comportasse nella vita di tutti i giorni: “…ti dovrai abituare a vederla per un po’ senza capelli, perché le sono caduti con la cura. Ma ricresceranno. Cameron fissava il piatto come se nemmeno vedesse il cibo. Poi d’improvviso mi ha detto: “Babbo, anch’io voglio tagliarmi i capelli a zero”. Io e mia moglie l’abbiamo guardata increduli. Mia figlia è bionda e ha bellissimi riccioli dorati di cui va molto fiera…Marlee mi ha scritto che ha paura di tornare a scuola senza capelli, che tutti la guarderanno, che tutti penseranno che non è bella o che è ancora malata…Domani lo annuncio in classe…E’ nobile, ho pensato, ma le ho detto che era una cosa un po’ inutile…Cameron è tornata a casa dicendomi che altri bambini avevano detto di voler fare la stessa cosa…Quando i bambini sono diventati ottanta l’idea di tagliare tutti quei capelli stava diventando ad assomigliare assurdamente a una festa e allora ho chiamato qualche mio collega per darmi una mano. Ne sono arrivati otto ed è finita che abbiamo passato un incredibile pomeriggio a rasare piccole teste felici…Essere malati in un certo senso vuol dire essere speciali, ma solo se c’è qualcuno che quella specialità decide di amarla così com’è…(pag.91/92). Molte forme di associazionismo si sono organizzate per portare allegria e sollievo morale nei reparti di oncologia pediatrica attraverso il gioco, la clownterapia e altre forme di coinvolgimento che aggiungono alle cure chimiche e chirurgiche la componente che per le persone malate è la più necessaria di tutte: la relazione con gli altri (pag.93). Come vi ho detto prima, tutto finisce a “torta vegana e vino”. Il libro per la parte grafica si avvale dello studio milanese “Th world of DOT”e i disegni sono di Paolo Bacilieri, il fumettista veronese che ha cominciato la sua carriera con Milo Manara e ora lavora per la Sergio Bonelli editore, pubblicando comunque con editori di mezza Europa. La scrittura è gradevole : direi che può considerarsi adatto a un lettore di nove, quarantanove e oltre sessantanove anni: “Michela Murgia ha scelto sedici avventure collettive famosissime o del tutto sconosciute e le ha raccontate come imprese corali, perché l’eroismo è la strada di pochi, ma la collaborazione creativa è un superpotere che appartiene a tutti”. Tra i ringraziamenti di pragmatica, paradossale quello al Presidente Trump, il suo “travel-ban” ( destinato in vero per i provenienti di alcuni paesi islamici “terroristi”) le hanno impedito di ottenere il visto per gli Stati Uniti, così che ha potuto finire in tempo il libro. Come fedele lettore di Michela Murgia mi associo: “ Thank you, Mr President”!

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