C’E’ UN TRENO PICCINO PICCINO … RICOMINCIA A SBUFFARE IL TRENINO VERDE LUNGO I PAESINI DEL CENTRO SARDEGNA

di ANTONIO MARIA MASIA

C’è un treno piccino piccino

che lo ami solo a guardarlo,

è “pitturato” di verde,

corre sui monti e arriva al mare,

e a tutti canta come un dolce fiore:

vieni con me, vieni a giocare,

sali sereno, sali contento

tornerai fanciullo con i baci del vento,

Godiamo insieme questo tesoro

che è questa Terra che abbiamo nel cuore.

B’hat unu trenu minore minore,

chi l’hasa affettu a l’abbaidare,

Iss’’est “pintadu” de ‘irde colore

e curret sos montes  fintzas a mare,

e a tottu cantat che dulche flore:

beni cun megus, beni a  giogare

piga serenu e piga  cuntentu

torra pitzinnu a basos de ‘entu.

Gosemus umpare custu tesoro ch’est custa

Terra chi hamus in coro

Mi sembra, ora che finalmente lo vedo, un giocattolo tanto è piccolo, da far tenerezza, specie se mi viene in mente la Freccia Rossa o l’Icaro, di cui spesso mi servo nel Continente, che mi ospita ormai da lunghi anni.  Appare come  un  ludico residuo di un lontano passato, un piacevole pezzettino di archeologia industriale. Ma mi  ispira subito confidenza, serenità, curiosità e amicizia.

 E mi riporta immediatamente indietro nel tempo, un tuffo nei ricordi, al tempo della fanciullezza, quando sognavo, seguendo il volo delle rondini, un aeroplano nel cielo, o una nave nel mare, se giocavo con gli altri ragazzini la sfida delle tavolette/barchette lungo i rigagnoli dell’acqua piovana, o un treno che sfreccia quando, correndo trafelato  dietro un malconcio pallone sulle strade polverose e bianche del mio paese, lo “cantilenavo così”: ecco il treno lungo lungo, che cammina sopra i monti, lo vedete, lo sentite a fischiare fa così…

Ci salgo sopra e mi sento a casa, pronto a vivere un’avventura, un’emozione fra le pietre, le rocce, gli alberi, le erbe e i paesi che riconosco.  Un luglio caldo che assale il paesaggio sin dalle prime ore dell’alba.   Da Mandas a Orroli, in pianura nel suo primo tratto,  corre allegro e veloce il mio trenino verde tra orti, vigne case e muretti a secco, i campi già ben lavorati, ma ora gialli di fieno residuo si  alternano a verdi rassicuranti e ombrose pinete.

Poi d’improvviso, non più quelle poche  persone che dal finestrino si potevano intravedere all’interno di un cortile o piegate sul lavoro dei campi. Il terreno si inasprisce e diventa collinare, scivola Nurri per l’appuntamento solenne con il Flumendosa. Che dolce nome per un bellissimo fiume/flumen!  Boschi di roverella, leccio e quercia. Prevale intenso il verde che degrada dalle alture verso i bordi del grande fiume. Lo sguardo spazia  alla ricerca inutile di tracce umane. Solo colline, il fiume laggiù, nel basso. Chilometri in salite ardite quasi impossibili per il mio  trenino, pieno di passeggeri entusiasti e curiosi che si spostano velocemente da una parte all’altra per ammirare ed annottare.

Sbuffa, fischia quando incrocia stradine di campagna, ansima come da fatica, soffre, ma non molla e imperterrito procede sfidando pendenze e curve da capogiro. Sui binari sfilano alcune casette diroccate, un tempo abitate dal personale e famiglie al servizio del percorso; percorso di collegamento vitale e determinante, allora,  fra un paese e l’altro.  Una breve sosta caffè nella stazione  di Villanova Tulo.

Il mio trenino si affanna sempre di più. Sembra non farcela a volte.  Ma si rincuora perché sente sua, come se fosse animato, la “fortzaparis” dei suoi ospiti, che quasi lo sospingiamo con il pensiero e la passione. Si rassicura per una breve discesa, o  per un piccolo tratto in pianura d’altura. Ed eccolo di nuovo affrontare con piglio e sicurezza la salita che sembra non finire mai. Sale, sale e dall’ alto ancora una volta ci offre i riflessi del Flumendosa. L’acqua appare, da più lontano, talvolta più verde che mai,  come le alture a strapiombo che la sovrastano, e talvolta di un blu profondo come un mare. Si intravedono approdi, una barca che lo naviga e cresce il desiderio di esserci dentro…La prossima volta!

Insenature sontuose, quasi un lago, uno scenario stupendo. L’acqua che non ti aspetti in tanta montagna! Il Gennargentu, la porta d’argento delle nostre alture che tendono al cielo! Ci sono dentro.

 Una brevissima panoramica, sosta in una mini stazione in disuso a filo del dirupo. Da una parte incombe la nostra grande montagna rocciosa quà e là, alberata o brulla, e dall’altra lo strapiombo verso una valle di verde di lentischio, di corbezzolo, di cisto e mirto che degrada verso un punto che sembra infinito.

Assaporo il vento e il profumo di quegli arbusti di quegli alberi e mi sembra di stare in un terra senza tempo e senza spazio. E sono invece, con fierezza e orgoglio nella mia terra, nel cuore della mia Isola. L’effetto magnetico d’interesse e stupore è visibile negli occhi e nei volti di tutti i passeggeri, non sardi e stranieri compresi.  E così sale anche l’indice della mia sarda fierezza d’appartenenza.

Procede il mio trenino verde attraverso lunghe  gallerie e arditi ponti a quote che superano i sette-ottocentro metri. Sarcidano, Barbagia di Seulo, Ogliastra, tre “mini regioni” attraversate dall’interno verso il mare, ed ecco Betili, Esterzili, Sadali, Seulo, Seui, Serri, Taquisara, Ussassai, Ulassai, Gairo, Villagrande, Arzana…e penso che sono lì d’intorno a portata di mano il famoso complesso nuragico  Arrubiu di Orroli, le rinomate e fresche  fontane di Sadali, i boschi e le cime del Gennargentu, i costumi colorati della mia gente. Lanusei, quasi un anfiteatro di case,  che appare  e scompare all’improvviso. Quasi un gioco spettacolare fra il trenino che fischiando pare saltargli sui tetti e poi immergersi in un verde fitto fitto.  E di nuovo il ricordo intenso del trenino lungo, lungo che cammina sopra i monti… 

E mentre  programmo e disegno futuri viaggi e soste e visite accurate lungo il percorso, seguendo anche altre tratte come Mandas-Sorgono o Sassari-Palau, o Macomer-Bosa,  il  mio trenino sfila  contento  e veloce su Elini, Tortolì e finalmente verso l’approdo di Arbatax, soddisfatto come colui che sorride grondante di sudore per aver tagliato vittorioso il traguardo e pare che mi dica: hai visto ce l’ho fatta anche stavolta. 

E ad Arbatx un tripudio di Rocce Rosse lunari, nel sole, sulla sabbia bianchissima baciata da un mare splendido in cui ci si specchia. Una promessa: un ritorno a breve, magari  insieme ai tanti amici sardi e non sardi  del mio Gremio di Roma.

l’articolo è tratto dal libro “Antiga Limba,poesias e meledos peri sas àndalas de sa vida (Antica Lingua, poesie e riflessioni lungo i sentieri della vita) di Antonio Maria Masia – Edizioni Nempress 2019

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2 commenti

  1. Giovanna Cabiddu

    Grazie per un attimo un tuffo nel passato nata a esterzili vissuta qualche anno a Elini e poi tortoli arbatax ora anch’io da tantissimi anni in continente .Ho fato un paio di volte gli ultimi anni il viaggio trenino verde arbatax Sadali alle grotte bellissimo grazie di cuore

  2. Un racconto, un ricordo che mi riporta indietro nel tempo, quando ad Arbatax salii su quel trenino che sembrava uscito da una fiaba, ricordo ancora il suo odore e le emozioni che provai e le immagini che fissai su la vecchia cinepresa d’allora. Fu tutto così come la penna preziosa e dolce di Antonio Maria Masia ha descritto nella sua bella prosa poetica!

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