SA FESTA DI CASA ATZERI A MARACALAGONIS: DA 60 ANNI SI RACCONTA LA TRADIZIONE SARDA TRA GASTRONOMIA E USANZE POPOLARI

di MARCO COLOGNESE

A pochi chilometri da Cagliari, a Maracalagonis, da quasi sessant’anni la famiglia Atzeri racconta la grande tradizione sarda tra gastronomia e usanze popolari.Maracalagonis, da pronunciare praticamente uno scioglilingua, è un piccolo paese di ottomila abitanti in provincia di Cagliari a poco meno di quindici chilometri dal capoluogo sardo, il cui nome deriva dall’unione nel 1416 in epoca aragonese di due villaggi, Mara e Calagonis, appartenenti al giudicato di Calari. Un luogo abitato fin dal terzo millennio avanti Cristo, come testimoniano tanto la necropoli neolitica di CuccuruCraboni quanto il villaggio prenuragico di Cann’eSisa. Circondato da colline, il suo territorio guarda ai monti di Punta Serpeddi e all’oasi dei sette fratelli arrivando poi alla costa di Geremeas e Torre delle Stelle; vanta inoltre diverse splendide spiagge della parte orientale del Golfo degli Angeli, sulla strada panoramica che da Cagliari Conduce a Villasimius.

Maracalagonis è nota per i suoi dolci artigianali, la cestineria e i costumi tradizionali in broccato. Qui nel 1961 il padre di Giuseppe Atzeri, Vincenzo, il quale aveva un suo gruppo di canti e danze isolane (Kalagonis, fondato nel 1958) ha avuto l’idea di abbinare l’enogastronomia agli spettacoli folcloristici tipici. Sa festa, questo il nome del locale degli Atzeri, si trova in una casa campidanese e ha un magnifico cortile al quale alberi secolari donano una preziosa ombra. “In questa casa, classica della Sardegna del sud, si portavano il grano per il pane e l’uva per fare il vino. Qui inoltre venivano preparati i dolci per tutta la comunità. In sostanza aveva la funzione di un vero e proprio agorà.”

Così da quasi sessant’anni a Sa Festa si svolge quella che è una rappresentazione della festa paesana sarda. Gli ospiti entrano camminando su un profumatissimo tappeto di foglie di mirto e menta e vengono accolti con un aperitivo, di solito con un Nasco di Cagliari, da vitigno autoctono. Da lì passano a vedere all’opera le signore che lavorano la pasta tipica a vista: i tipici culurgiones che sono una sorta di ravioli, i malloreddus che sono degli gnocchetti e i tallarinus preparati con i ritagli dei culurgiones. Non manca anche sa fregula, realizzata girando la semola a mano, che poi viene servita “incasada” con il sugo di pomodoro e il pecorino.

Ci racconta Giuseppe: “chi prepara la pasta sono donne del paese tra i cinquanta e i sessantacinque anni che conoscono la tradizione fin da piccole e hanno vissuto quel rito che prevedeva nei piccoli paesi sardi la setacciatura del grano da mezzanotte alla mattina al ritmo del ballo campidanese e delle campane. A fianco di queste signore, per imparare l’arte, le figlie”.

Tavoli imbanditi, tovaglie bianche e un patio accogliente preparano a un’esperienza di immersione totale nella tradizione sarda, anche perché nel corso della cena non mancano gli intermezzi musicali, che tra canti, balli tipici e il suono quasi ipnotico delle launeddas movimentano il susseguirsi di portate golose, tra i salumi e i formaggi dell’antipasto, le paste fresche e l’immancabile porceddu, il succulento maialino da latte allo spiedo che viene servito insieme alle ottime salsicce. Vale la pena dare un’occhiata anche alla cantina, arredata con vecchi tavoli di legno e grandi botti di rovere.

Da non dimenticare anche il locale che Giuseppe Atzeri possiede in centro a Cagliari, il Niu, dove la tradizione sarda è reinterpretata e i culurgiones sono proposti con pasta a colori, in versioni differenti e in piatti da fine dining al fine di farli riscoprire in chiave moderna in un contesto di grande suggestione: ci si trova infatti in un antico convento che risale al 1260.“Qui ci piace giocare su colori e sapori, tra il giallo dello zafferano con ripieno di orata, mandorle e agrumi, il nero di seppia ripieno d’astice e pecorino, quello verde con pasta di spinaci e battuto di verdura e il rosso del pomodoro con ripieno di bufala. Tutto sempre rigorosamente fatto a mano.”

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