MACBETTU, IL MIGLIOR SPETTACOLO DELL’ANNO: DUE CHIACCHIERE CON L’ATTORE FULVIO ACCOGLI

di FRANCO ARBA

Macbeth è forse l’opera più nota e rivisitata di Shakespeare: il dramma ha avuto molteplici trasposizioni teatrali e operistiche, nonchè numerosi adattamenti cinematografici in cui si sono cimentati registi quali Orson WellesAkira KurosawaRoman Polanski.Nella tragedia shakespeariana il sangue e l’oscurità sono i due elementi essenziali: se Welles caratterizzò il suo Macbeth del 1948 per una presenza costante delle tenebre, Polanski completò la tragedia in una forma di traslazione del proprio dolore (dopo il massacro della moglie Sharon Tate e altri amici ad opera della Family di Charles Manson, nell’estate del 1969).

Ora è invece il turno dell’autore e regista Alessandro Serra e della sua compagnia Teatropersona, che rilegge il Macbeth della Scozia medioevale nel Macbettu di una Sardegna atemporale. Dopo una fortunata tournée partita dalla Sardegna e continuata nella penisola, e dopo il riconoscimento come miglior spettacolo dell’anno con il Premio Ubu 2017.

Abbiamo incontrato l’attore tempiese Fulvio Accogli, per scambiare quattro chiacchiere. Fulvio, come nella più pura tradizione shakespeariana, in cui anche i personaggi femminili venivano messi in scena da attori uomini, interpreta Lady Macbettu.

Fulvio, possiamo dire che il “posto libero” lasciato da Franco Cordelli al Piccolo Teatro di Milano, è stato occupato dal Premio Ubu 2017?Si, ma anche dal Premio Anct e da tutto il pubblico che viene a vederci e ad ogni spettacolo continua a stupirci per la calorosa accoglienza. Da quando siamo sbarcati in continente (la prima volta a Maggio 2017 al CRT Teatro d’Arte di Milano) abbiamo ricevuto commenti positivi e il passaparola ha fatto sì che i teatri fossero sempre pieni.

Quell’articolo sul Corriere della Sera che sembrava essere un attacco allo spettacolo si è rivelato un invito per il pubblico, che ci ringrazia per l’utilizzo della lingua sarda non solo nell’isola, ma anche e soprattutto in continente, cosa non così scontata.Dalle diverse recensioni lette il Macbettu più che recitato è musicato, sia per l’uso del sardo che “trasforma in canto ciò che in italiano rischierebbe di scadere in letteratura» (cit. Alessandro Serra), sia per la sarabanda di suoni con fischi, voci, versi animali e la musica delle pietre sonore di Pinuccio Sciola. Sì, Alessandro ci ha fatto richieste specifiche: lui conosce bene la nostra terra essendone anch’egli un figlio, ci ha guidato con l’aiuto di Giovanni Carroni (nuorese “DOCG”) che da dentro la scena ci suggeriva e ci stimolava a trovare le nostre radici, fatte di suoni e di silenzi, di tensioni e di sguardi. Nel gruppo i barbaricini Carroni e Stefano Mereu sono stati punti di riferimento da cui imparare il più possibile: non si sono mai risparmiati nell’aiutarci ad entrare dentro quel mondo che è la Barbagia. È stato un ritorno a casa per tutti: la possibilità, la responsabilità di raccontare noi stessi e un popolo. Alessandro ci ha fatto innamorare della nostra terra in profondità, focalizzandosi sul nucleo centrale e primordiale dell’essere sardi ed eliminando tutti i possibili elementi folkloristici.

Quale sardo è stato scelto? Sardo logudorese nella traduzione di Giovanni Carroni.

Nelle sue opere Shakespeare attraversa le innumerevoli contraddizioni dell’animo umano. Il Macbettu può essere visto come un tentativo di esplorare l’anima più recondita della Sardegna?Assolutamente sì. Il Macbettu è per me l’occasione di ri-guardarci negli occhi come popolo.

Come hai preparato il tuo ruolo di Lady Macbettu? Intendo la sua capacità seduttiva incendiaria.È tutt’ora un processo in divenire. La Lady Macbettu nasce e cresce grazie a diverse esperienze che nel corso di questi mesi di lavoro hanno contribuito e contribuiscono a fare crescere il personaggio. Alessandro ha svolto un ruolo fondamentale, ha scelto un gruppo coeso, che non trema. Ci ha strutturato fisicamente, grazie anche all’aiuto di Chiara Michelini che ha curato i movimenti. Lei è un’artista a tutto tondo e di una sensibilità rara, che con me ha speso energie incredibili. Abbiamo lavorato molto sul corpo femminile cercando di evitare ogni ammiccamento. Ma più che su di un lavoro individuale, mi preme dire che la rifinitura di ogni personaggio è il frutto di un lavoro collettivo.

Puoi parlarci meglio di questo lavoro corale? Alessandro e Leonardo Capuano (Macbettu) sono stati due angeli custodi, ci siamo sempre confrontati, mi hanno dedicato tantissimo tempo e dato suggerimenti preziosi, ma soprattutto fiducia nell’affrontare certe tematiche. Alessandro concede l’elemento più prezioso per un’attore: il tempo e la protezione. Tutt’ora ad ogni replica cerchiamo di andare oltre e di non accontentarci.Recitare con Leonardo e condividere con lui questo percorso è un’occasione quotidiana di crescita professionale e umana, è sempre disponibile, instancabile.Nello spettacolo ci sono colleghi che stimavo già da prima e lavorandoci ora ne capisco benissimo il perché. Il primo è Felice Montervino, cagliaritano e attore di talento ed esperienza nonostante la giovane età (dico giovane solo perché siamo coetanei); poi Andrea Bartolomeo, che venendo dall’Abruzzo, regione che ha adottato molti sardi nei periodi migratori, si è rivelato sardo quanto e se non più di noi. Andrea ha esperienza teatrale a livello internazionale, incrementata ora dalla conoscenza del sardo.In compagnia c’è anche Maurizio Giordo, portotorrese, che come Carroni ha scelto di vivere e fare il suo teatro in Sardegna, una scommessa stra-vinta, da esserne orgogliosi; Stefano Mereu, sorgonese, che lavora anche all’estero con progetti internazionali. E poi abbiamo Andrea Carroni barbaricino come il padre Giovanni e portatore sano di sardità e di freschezza, avendo lui appena 22 anni, ma grinta da vendere.Insomma un luogo questo Macbettu dove incontrare e conoscere chi fa questo mestiere con disciplina ed etica. E il luogo fisico dove avviene tutto ciò è Sardegna Teatro a Cagliari.

E duncas Fulvio, a itte puntu es sa notte? Bell’e in gherra chin su manzanu, pro chi ésistat de sor duos.

ph: Fulvio Accogli

M A C B E T T U di Alessandro Serra, tratto dal Macbeth di William Shakespeare

con Fulvio Accogli, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Andrea Carroni, Giovanni Carroni, Maurizio Giordo, Stefano Mereu, Felice Montervino.

traduzione in sardo e consulenza linguistica Giovanni Carroni

collaborazione ai movimenti di scena Chiara Michelini

musiche: pietre sonore Pinuccio Sciola

composizioni pietre sonore: Marcellino Garau     

regia, scene, luci, costumi Alessandro Serra

produzione | Sardegna Teatro e compagnia Teatropersona


con il sostegno di Fondazione Pinuccio Sciola | Cedac Circuito Regionale Sardegna 

lingua: sardo con sovratitoli in italiano

Premi: Miglior Spettacolo UBU 2017 – Premio ANCT 2017 (Associazione Nazionale dei Critici di Teatro) 

Macbettu di Alessandro Serra s’incunea in un crocevia: da un lato le intuizioni geniali del Macbeth di Shakespeare, dall’altra l’ispirazione del regista di fronte al Carnevale barbaricino. Della vicenda scespiriana si recupera l’universalità e la pienezza di sentimenti, millimetricamente in bilico sul punto di deflagrare. Di fronte ai carnevali sardi una visione: uomini a viso aperto si radunano con uomini in maschere tetre e i loro passi cadenzano all’unisono il suono dei sonagli che portano addosso. «Quell’incedere di ritmo antico, un’incombente forza della natura che sta per abbattersi inesorabile, placida e al contempo inarrestabile: la foresta che avanza» – così Serra descrive la suggestiva ascendenza da cui è scaturito il suo lavoro di contaminazione. Macbettu traduce – e volontariamente tradisce – il suo riferimento testuale, valica i confini della Scozia medievale per riprodurre un orizzonte ancestrale: la Sardegna come terreno di archetipi, orizzonte di pulsioni dionisiache. La riscrittura del testo operata dal regista, trasferita poi in limba sarda da Giovanni Carroni, guarda a una interpretazione sonora: gli attori sulla scena – uomini, come da tradizione elisabettiana – decantano una lingua che è pura sonorità, si allontanano dal giogo dei significati per magnificare il senso.

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