A SELF MADE MAN: FRANCESCO PIU E LA SUA CHITARRA COME VERA E PROPRIA FORZA DELLA NATURA

di ANGELO PINGERNA

Pochi gli artisti sardi che suonano regolarmente in tutta Italia, in Europa e oltreoceano. Tra questi Francesco. Piu che lavorando sodo ha trovato la sua dimensione. Si è fatto le ossa in puro stile rock’n’roll settantiano Francesco; che vuol dire? Suonando, suonando, suonando. Ha vinto concorsi internazionali per nuove leve del Blues ed è entrato nelle simpatie di Eric Bibb che gli ha prodotto il secondo album.
Senza fare troppo rumore nei social o sulla stampa, senza sosta fino a raggiungere la maturità dell’ultimo album; ogni disco un passo avanti senza mai ripetersi. Passato dalla one man band al suonare con un percussionista, poi in trio, ora suona con una band al completo.

Sei imprendibile in questi giorni Francesco, come procede il tour? Sono in giro da Giugno, 20 date ad Agosto tra Italia, Francia, Inghilterra e Repubblica Ceca ed ancora in giro fino ad ottobre. Direi proprio che va bene.

Cosa ci dici degli ultimi due album: Peace and Groove e The Cann O’Now Sessions? Sono ritornato al sound elettrico ed ho coinvolto un bel gruppo di amici musicisti incontrati durante questi anni. Registrare è stata una festa e penso proprio che si percepisca ascoltandoli. I testi sono stati scritti in collaborazione con lo scrittore di Orani Salvatore Niffoi. Dopo due anni in giro per l’Europa per il tour di Peace and Groove abbiamo fatto uscire The Cann O’Now Sessions. Nel titolo inglese, giocando con le parole, è stata inserita la citazione di un vino sardo; ecco perché abbiamo registrato in un vigneto ad Alghero.

The Cann O’Now Sessions, registrato tra voi per divertimento, ha avuto invece recensioni da urlo ed è stato pubblicato per il record store day. Un album che doveva essere di nicchia sta diventando un classico. È così; il clima di festa e fratellanza che si condivide quando si suona insieme si sente. È stata una giornata fantastica, abbiamo riso, bevuto, mangiato, suonato e registrato in presa diretta dallo studio di registrazione allestito sul posto.

Passi con facilità dagli show acustici a quelli elettrici, quale dimensione preferisci? Entrambi gli stili fanno parte di me, mi ritengo un musicista elettro/acustico. Sono nato come chitarrista elettrico, poi mi sono innamorato del suono acustico, un mondo completamente diverso. Non nego però che dopo tutte le registrazioni e i tour in acustico ho sentito la mancanza del suono valvolare. Ora sto cercando di tenere in equilibrio i due mondi per far luce su tutte le sfaccettature del mio mondo musicale e della mia anima.

Com’è nata la collaborazione con Salvatore Niffoi per i testi su Peace and Groove? È stata una sorpresa. Anzi due: la chiamata di Niffoi che dice di essere un mio fan e la sua proposta di collaborazione. Aveva scritto dei testi per me. E nel momento in cui stavo preparando i brani per Peace and Groove per giunta.

Un modo di scrivere veramente interessante il tuo. Hai creato un tuo suono e un tuo stile; un marchio di fabbrica riconoscibile. Le cover nei tuoi lavori vengono sempre rivoltate come calzini: come ti approcci al lavoro del riarrangiare? Prima di iniziare a scrivere ho riarrangiato canzoni. Filtrare un brano attraverso le mie corde mi è sempre piaciuto. Mi piace vedere in un nuovo arrangiamento l’essenza della canzone.

Hai collaborato, jammato e aperto i concerti di tanti artisti, in modo particolare americani; cosa ci dici di queste esperienze? Ci sono due aspetti molto importanti nel jammare con grandi musicisti. Il primo è prettamente tecnico: suonare con i grandi ti consente di carpire velocemente tecniche e trucchi. Il secondo è umano: suonare con delle star che si propongono con semplicità e umiltà insegna tanto. Tommy Emmanuel o Bibb per esempio, due grandi che non se la tirano di certo. Eric Bibb, che ha prodotto il mio disco, mi ha dato tanto. C’è stata da subito grande comunicazione fra noi.

Quale complimento ti ha fatto capire che stavi seguendo la strada giusta? Ricordo una recensione su Guitar Club di una decina di anni fa; venivo definito “una vera e propria forza della natura”. Leggerlo su una rivista che compravo fin da ragazzino è stato emozionante.

Ogni tuo disco è diverso dal precedente, nel prossimo cosa ci dobbiamo aspettare? Dopo ottobre mi chiuderò in studio per iniziare la pre-produzione dei nuovi brani. Non voglio svelare molto, ma ci sarà un sound nuovo anche stavolta; miscele che uniranno in blues Africa e Sardegna.

Gli ultimi due album sono stati definiti un distillato di Soul, Blues, Funk e Rock, ma quali sono gli artisti che veramente hanno lasciato il segno su di te? Ne ascolto e ne amo tanti. Negli ultimi dischi sono stato ispirato da Anders Osborne, Doyle Bramhall, Jon Cleary e da giganti come Hendrix e Clapton. Tra le voci che mi hanno più influenzato direi Bibb, Otis Reding, Solomon Bark e Van Morrison.

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