SARDEGNA, PRIMA IN ITALIA PER ABBANDONI SCOLASTICI: UNO SU CINQUE NON VA OLTRE LA TERZA MEDIA

L’Istat fornisce una rappresentazione preoccupante del sistema formativo in Sardegna “La quota di adulti poco istruiti è più alta nel Mezzogiorno, con Sardegna, Sicilia e Puglia che superano la soglia del 50%”, scrive l’Istituto di Statistica, nel sito “Noi Italia”. E aggiunge: “L’incidenza degli abbandoni scolastici in Sardegna è la più alta, con oltre 1 giovane su 5 che non prosegue gli studi dopo la licenza media”. La dispersione scolastica al 33,3%. “Il vero problema dell’isola, il più delle volte, è rappresentato da modalità, tempi ed efficacia degli interventi. Tale analisi, oggettivamente rilevabile in più settori, lo è particolarmente nel campo estremamente delicato e importante della scuola, formazione e istruzione di ogni ordine e grado, – dice Gavino Carta segretario generale Cisl sarda – dove non si registrano progressi, nonostante la programmazione delle azioni e le risorse disponibili”.

L’Istituto di Statistica evidenzia un primo dato critico: in Sardegna solamente il 23,6% delle persone tra 30 e 34 anni ha un’istruzione universitaria, cioè un titolo di studio di terzo livello (non necessariamente laurea di 4-5-6 anni, ma laurea triennale, laurea specialistica, diplomi di scuole a fini speciali, etc). Nella graduatoria dell’istruzione universitaria delle Regioni italiane la Sardegna è 18esima, quindi tra le meno istruite.

“Sempre secondo l’Istat – aggiunge Carta – risulta che è pari a 50,3% la percentuale della popolazione sarda tra 25-64 anni ad aver conseguito come titolo di studio più elevato il diploma di scuola secondaria di 1° grado. Il dato, che colloca la Sardegna al terzo posto nazionale, si ottiene dal rapporto tra la popolazione 25-64 anni che non ha nessun titolo di studio o possiede solamente licenza elementare o media e il totale della popolazione di età corrispondente”.

La nostra isolarisulta drammaticamente prima, tra le regioni d’Italia, per abbandoni scolastici. E’ pari, infatti, al 21,2% la percentuale della popolazione 18-24 anni che non ha titoli superiori alla terza media, non è in possesso di qualifiche professionali ottenute in corsi scolastici né attività formative, quindi non prosegue gli studi dopo la terza media. Nel 2016 il dato era decisamente migliore (18,1%), ben 4,7 punti in meno rispetto al 2015 e 5,4% inferiore al 2014. La risalita significa che esiste un grave problema congiuntorale e forse tendenzialmente strutturale sul quale intervenire con urgenza. Al secondo posto la Sicilia (20,9% di abbandoni), seguita da Campania (19,1%), Puglia (18,6%), Calabria (16,3%), Valle d’Aosta (13,9%). Ultimo l’Abruzzo (7,4%).

Il 29,1% dei giovani sardi tra 15-29 anni sono NEET, cioè non occupati, né inseriti in un percorso di istruzione/formazione ovvero in un qualsiasi tipo di istruzione scolastica/universitaria. Stanno peggio della Sardegna: Sicilia al primo postocol 37,6%, seguita da Calabria (36,7%), Campania (36%), Puglia (33,3%).

Per completare, la situazione dell’istruzione in Sardegna è da evidenziare il dato di tuttoscuola.com che, nello scorso mese di gennaio, ha calcolato pari al 33,3% la percentuale di dispersione scolastica in Sardegna, cioè uno studente sutre abbandona gli studi della scuola secondaria di secondo grado durante il percorso intrapreso.

“Questi dati – aggiunge il numero uno della Cisl sarda – fotografano una situazione che il pur lodevole progetto iscol@, non ha purtroppo neppure scalfito. Infatti, il problema scuola in Sardegna non è solo l’inadeguatezza dell’edilizia scolastica, ma, in maniera decisiva, la situazione economica delle famiglie, la presenza e diffusione delle istituzioni scolastiche, l’aggiornamento e la tutela contrattuale degli insegnanti, il coinvolgimento e sensibilizzazione delle famiglie, la rete dei trasporti ed altro ancora. In definitiva occorre con urgenza adottare un nuovo ed innovativo progetto di investimento culturale, come sistema Paese e come Regione, fin dalla scuola dell’infanzia e per ogni ordinee grado di istruzione, che sia alla base di un piano di sviluppo e di classe dirigente futura del nostro Paese, nel quale l’istruzione nonpuò che rappresentare la più solida e rassicurante base su cui poggiare”.

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