L’ANSIA DEI PRECIPIZI: MARIA LAI, L’ARTISTA CHE GIOCANDO CON L’ARTE, COSTRUIVA TELAI E REALIZZAVA GEOGRAFIE

“Andando via” – Omaggio di Maria Lai a Grazia Deledda

di SALVATORE LAMPREU

L’artista bambina, così veniva chiamata Maria Lai per la sua capacità di giocare con l’arte, costruiva telai e spingeva l’osservatore a tessere, con l’aiuto della propria immaginazione, le trame della vita, del destino e dei sogni. Cercava, nelle luci del firmamento e nelle linee incrociate dei meridiani e dei paralleli delle sue tante geografie, il senso di un’esistenza vissuta sempre con grande sete di curiosità.

«L’arte nasce dalla tragedia e dall’insicurezza del mondo, ma non chiude, anzi, apre e dilata la coscienza di ogni possibile lettore», così Maria Lai si esprimeva quando provava a descrivere l’universo creativo che la animava sin da piccola.

È difficile non sentirsi piccoli e profondamente inadatti a dover parlare di Maria Lai, una delle più grandi artiste del Novecento italiano che, con la sua morte avvenuta nel 2013 quando aveva 93 anni, ha lasciato un vuoto impossibile da colmare. Come disse lei una volta, della vita, in fondo, non ne sappiamo poi tanto.

«Noi ci siamo dentro e siamo affascinati anche se riconosciamo un pochino di paura. Si vive di auto illusioni e mi illudo che la morte sia una cosa bellissima e che non ne possiamo avere idea»

Quando, ancora oggi, si ascoltano le sue interviste, si sente come il bisogno di prendere appunti, di dover mettere nero su bianco i suoi pensieri, un po’ come si fa quando si segnano le frasi dei grandi scrittori, per non dimenticarle.

«Ho dietro di me millenni di silenzi, di tentativi di poesia, di pani delle feste, di fili di telaio»

E proprio come Paulo Coelho, Gabriel Garcìa Marquez o Isabel Allende, anche Maria Lai aveva il dono di far riflettere le persone inducendole al pensiero.

Aveva il fascino delle sciamane Maria Lai quando, camminando in punta di piedi, sussurrava e soprattutto “ascoltava con gli occhi” la voce delle montagne e del paesaggio circostante per poi tradurla in arte.

«La vista non è ancora sguardo, è natura animale. Lo sguardo è costruzione umana, artificio, come la parola, la scrittura e ogni forma d’arte»

Maria Lai era una saggia dallo sguardo penetrante e dai capelli bianchi bianchi come la lana delle caprette che amava rappresentare.

Le opere di Maria Lai erano il frutto di intuizioni, genio creativo e manualità artigiana, tutti elementi che ha derivato dalla terra in cui è cresciuta, fatta di verdi montagne, vento sferzante e rumorosi silenzi.
Quelli di Maria Lai non erano semplici lavori ma storie e racconti che lei stessa, da piccola, aveva ascoltato o aveva immaginato di ascoltare mentre osservava la nonna rammendare le lenzuola. Possedeva però quella sorprendente capacità, tipica di pochi, di saperli proporre e riproporre in maniera originale e con modalità capaci di permettere allo spettatore di ricercare significati altri, differenti dai suoi.

«L’opera d’arte occupa un piccolo spazio, ma come l’atomo, può sconvolgere uno spazio immenso»

Maria Lai si sperimenta dapprima con i disegni e con la pittura, passando successivamente alle arti plastiche, modellando e cuocendo la ceramica come si cuoce il pane. La tessitura e la pratica del cucire e ricucire diventano però il suo tratto distintivo. Nascono così gli inconfondibili telai e i libri cuciti attraverso i quali trasmette storie di montagne, di caprette e di fate mandate dal cielo perché «le fate ci portano un po’ di universo perchè non ci sfugga».

Particolarmente enigmatiche le sue scritture illeggibili, quasi dei geroglifici a cui tutti noi possiamo assegnare un nostro personale significato, proprio perchè «L’opera d’arte, in sé, non ha un significato, non contiene un pensiero, ma può produrlo».

Tra le numerose opere di Maria Lai, quella che più di tutte ha lasciato il segno, soprattutto nella sua comunità, è stata la performance “Legarsi alla montagna”, un’operazione corale ispirata a un’antica leggenda e che ha visto la partecipazione di tutta la popolazione di Ulassai, impegnata a legare, attraverso un lunghissimo nastro blu, le case del paese tra loro e queste ultime alla montagna.

«L’uomo ha bisogno di mettere insieme il visibile e l’invisibile perciò elabora fiabe, miti, leggende, feste, canti, arte»

Si è trattato di un’opera-zione di coesione sociale, improntata sulle relazioni tra persone, talvolta in conflitto tra loro, che per l’occasione hanno trovato un modo inedito di comunicare.

«L’opera d’arte è prodotta in solitudine, ma è sedimento di culture accumulate in millenni di esperienze collettive»

Il mio viaggio alla scoperta di Maria Lai inizia proprio a Ulassai, seguendo il fil rouge delle sculture e delle installazioni dell’artista distribuite nel paese e nelle campagne circostanti. Vicino alla vecchia stazione riconvertita a museo, mi imbatto subito nel grande muro in cui è raffigurata la leggenda del pastorello mattiniero che voleva essere poeta e della capretta dal campanellino tintinnante, da sempre raccontata dalle genti del posto. A poca distanza, su un altro muro, compaiono “Le caprette cucite” che a tutti gli effetti rappresentano uno dei simboli visivi con cui Maria Lai viene riconosciuta e immediatamente identificata.

«Mio padre diceva che ero una capretta ansiosa di precipizi»

Una volta addentratomi nel paese, la terza tappa è rappresentata dall’antico lavatoio all’interno del quale un grande telaio da lei costruito entra in connessione con un’opera di Costantino Nivola, “la fontana sonora”, nel sottofondo dell’acqua che scorre. All’esterno del Lavatoio si trovano poi “La fontana della sorgente” di Luigi Veronesi e “La fontana del grano” di Guido Strazza. La vicina chiesa parrocchiale ospita invece la bellissima via crucis realizzata dall’artista, mentre poco distante, nella piazza Barigau, si trova il “Gioco del volo dell’oca”, opera che propone nuovamente il lato ludico di Maria Lai.

Fuori dal paese, verso le grotte de Su Marmuri, si incontra la caratteristica “Scarpata” col suo gioco di specchi e di luci, progetto artistico nato per la riqualificazione ambientale di un posto che ospitava una vecchia discarica. A pochi metri si trova “La casa delle inquietudini” con gli incredibili dragoni e i mostri dipinti sulle pareti e, immediatamente dietro, il lungo “muro dei grovigli”, su cui sono impresse numerose frasi, scritte proprio da Maria Lai in persona.

E’ impossibile trovare le giuste parole per descrivere queste opere di arte pubblica e le sensazioni che sono in grado di regalare. Il miglior consiglio che posso dare è quello di recarsi sul posto e visitarle, compiendo un viaggio che è prima di tutto interiore!

«Il viaggio è la casaNon solo la mia casa, ma quella di tutti noi. Siamo sulla terra, che gira a circa trenta chilometri al secondo, in un viaggio che è pur sempre un viaggio speciale, dove non si distingue la partenza dal ritorno. La vera nostalgia non è quella per un’isola. È l’ansia di infinito»

P.s. molte delle citazioni di Maria Lai riportate nel presente articolo sono tratte dal suo sito ufficiale www.maria-lai.com

https://sardiniamood.com/

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