UN MONDO NUOVO CON L’INGEGNERIA ELEVATA ALL’ENNESIMA POTENZA: IL LIBRO DI PATRIZIA E MAURIZIO BOI PRESENTATO CON IL “GREMIO” DEI SARDI DI ROMA

nella foto da sinistra: Maurizio e Patrizia Boi con Antonio Maria Masia

di Francesco Canepa

Questa volta non ci avrebbero potuto rimproverare se non fossimo andati, perché, francamente, già il titolo del libro non è attraente (ed è anche difficile da scrivere: quella “n” va scritta sopra la “o” di “elevato” e con la penna l’avrei saputo scrivere anch’io, con il pc no) siamo un Popolo di poeti, di santi etc, ma non certo di “Ing”.

O, per meglio dire, magari “ing” lo siamo un po’ tutti, ma nel senso di “ingegnosi”!

E di ingegno ce ne voleva per stare dietro al messaggio che i due autori del libro in epigrafe hanno cercato di lanciare.

Ingegnere\i [ ? ] e Architette\i, che sedevano in mezzo a noi comuni mortali, avranno capito tutto, perché la materia trattata era piuttosto impegnativa e solamente una poetessa è poi riuscita a far capire qualcosa anche a noi.

E sì, proprio una di quelle persone cui accennavamo nelle prime righe, perché gli autori del volume proposto ed introdotto magistralmente dal nostro Antonio Maria Masia, sono entrambi ingegneri, ma Patrizia Boi è anche scrittrice di favole, di narrativa e, mi sembra di aver capito anche poetessa: comunque ne ha la chiarezza dello sguardo.

Ma ricominciamo da capo e procediamo per ordine.

Fra i professionisti presenti in sala, come al solito affollata, c’erano l’ingegner Pittoni, presidente dell’UNAR, che è l’associazione che unisce tutte le famiglie regionali, che hanno trovato degna sede nella palazzina di via Aldrovandi in Roma e c’era il Presidente della famiglia romagnola Ferdinando Pelliciardi.

Maurizio e Patrizia Boi sono due germani cagliaritani e sono entrambi ingegneri, ma Patrizia Boi ha anche quelle altre qualità letterarie e così quando il fratello, di ritorno da una prestigiosa esperienza negli States, disse che avrebbe voluto scrivere un libro sull’ingegneria del futuro o sul futuro dell’ingegneria o su quelle diavolerie tipo bitcoins, smart contracts, blockchain, la scrittrice si mise all’opera.

Un’altra sorella avrebbe lasciato cadere il discorso ed avrebbe cercato di aiutare il fratello, invece l’Ingegnera Boi, dopo qualche giorno gli fornì una dose massiccia di fogli di carta nei quali aveva abbozzato gli argomenti di cui Maurizio Boi le aveva parlato.

Evidentemente la dose doveva esser buona, perché il libro a quattro mani che ne seguì trattava il tema ancora inesplorato della “ingegneria collaborativa”: l’ingegneria vista non più come quell’attività portata avanti da uno studio professionale e poi inserita in una realtà parcellizzata, ma come un coro polifonico animato dalle più diverse professionalità che realizza progetti che andranno ad inserirsi nella nuova realtà globale nella quale oramai viviamo.

Metodologia che, grazie all’impegno dell’autore è già operante, nella realtà cagliaritana, con centinaia di professionisti impegnati a progettare in comunicazione e collaborazione con i colleghi di tutti i settori contigui all’ingegneria e sparsi in qualsiasi altra parte del mondo.

Questa è la “scoperta” che nella sua esperienza americana l’ingegnere Boi ha concepito e saputo presentare, per poi farne discendere questa nuova metodologia che si sta oramai affermando nel mondo.

Un mondo che, con tutte le sue inaspettate meraviglie e con tutta la sua drammaticità, è ben rappresentato dalle preziose fotografie di Sergio Pessolano, che arricchiscono il volume grazie allo sforzo che si è voluto compiere, nonostante la situazione del settore editoriale – sapientemente e pacatamente illustrata dall’editrice Claudia Bisceglia ( Edizioni “dei Merangoli”) …..entusiasta ed atletica fotocronista della serata  –  per dare un ulteriore valore ad un libro che si inserisce con grande autorità non tanto nello studio del futuro dell’ingegneria, ma nello studio del “futuro” tout court.

Futuro ben calato nella realtà odierna come ci hanno dimostrato alcuni brani del libro letti da Alessandro Pala (reduce dal successo teatrale di “Comunismo addio ?”) e da Neria De Giovanni, che, fra altre considerazioni, non ha mancato di richiamare l’attenzione del pubblico sul fatto che, al di là della meraviglia per le cose avveniristiche anticipate nel libro, non si può negare che è proprio grazie alla cara, vecchia, “carta stampata” che le idee continuano ( …e continueranno ) a circolare nel mondo.

Di particolare suggestione il brano nel quale si parla dei famosi lavori del 1976 nel palazzo Farnese di Piacenza, per ripristinarne tecnologie –  già mirabili all’epoca ( XVI secolo )  –  ed estetica.

Sollecitati dalla puntuali osservazioni del presidente Masia – che ha richiamato alla ripresa di un sano rapporto fra filosofia e tecnologia  –  e poi dei presenti, gli autori ci hanno condotto lungo i sentieri del libro, aiutandoci a comprendere che cosa è ancora oggi l’ingegneria e che cosa è destinata a diventare in un connubio ancora più stretto con i cugini architetti e affini, per mettere al servizio delle comunità opere sempre più integrate con i cambiamenti che stiamo vivendo nella nostra esperienza quotidiana in tutti i settori.

Un po’ di sgomento ci ha assalito quando ci hanno fatto immaginare l’esistenza di un mondo della materia oscura e dell’energia oscura che ci è sconosciuto per il 95%; o quando ci hanno fatto riflettere sulla spaventosa velocità che oggi ha assunto il progresso tecnologico: chi poteva immaginare pochissimi anni fa che un oggetto che sta nel palmo di una mano non solo ci avrebbe consentito di scattare foto senza limiti, ma addirittura di trasmetterle immediatamente in qualsiasi parte del globo.

Quella stessa tecnologia, grazie alla quale stiamo arrivando a poter dematerializzare qualsiasi cosa – come ha evidenziato l’Architetto Williams Troiano – , pur avendola a disposizione.

Tecnologie “mostruose” che dobbiamo saper vivere come nuove opportunità, considerando che chi progetterà oggi, dovrà tenere ben presente che il risultato si vedrà dopo anni venendosi così a trovare necessariamente in un mondo che è già mutato rispetto a quello che c’era quando il progetto partì: gli adolescenti di oggi, saranno i professionisti di un domani che arriva con una velocità che non ha mai avuto prima.

Fortunatamente, come i bancari, anche gli ingegneri hanno un’anima che, poverina, peserebbe –  così avrebbero calcolato –  circa 22 grammi!!! Speriamo in qualche curetta molecolare …ricostituente.

Gran finale con l’annuncio della cena degli Auguri per il 16 dicembre: nel frattempo un salto in Sardegna con la tavola imbandita dalla Presidentessa Toia nella sala attigua.

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