MARCO PORCU: PAROLE SENZA TEMPO, FILOSOFO E POETA

Marco Porcu nella foto di Librorio Vacca


di Manola Bacchis

Era gennaio. Esattamente gennaio del 1990. L’occupazione studentesca era in atto.

La Pantera!,un movimento di protesta contro la riforma Ruberti delle Università italiane che nacque a Palermo, e di lì, a breve, arrivò da noi, all’Università degli studi di Cagliari.

Anni indimenticabili, quelli universitari. E ancor di più tutta l’occupazione.

Riunioni, feste, spettacoli, una comunità di giovani, uniti, per un obiettivo, ma forse ancor più uniti da quel sogno che accomuna i giovani: il futuro.

A Cagliari, nella Facoltà di Magistero, sotto la piazza d’Armi, il colle di Buon cammino che dominava, e di sotto la vera vita da studenti: le Facoltà, la casa dello studente di via Trentino…

E, la storia di Marco inizia proprio qui. In Facoltà.

Lui, studente modello, al terzo anno di Filosofia. Elegante. Sobrio, eppure eccentrico, passo quasi felpato. Al centro dell’immensa hall del Magistero, di fronte alla scalinata per la discesa dei neo dottori (che allora sudavano sette camicie per superare un esame annuale e il festeggiamento era pacato, a volte solitario, magari solo affiancato dalla figura austera di Giordano Bruno che tutt’oggi domina sul pianerottolo), alla destra e alla sinistra altri due corridoi con le aule di Filosofia, di Lettere, di Pedagogia, e di Lingue e Letteratura straniera.

Lui, Marco, salutava tutti. Un sorriso abbozzato dietro quella barbetta bionda, e uno sguardo accattivante, con due occhi tra l’azzurro e il verde smeraldo.

Suonava e cantava. Immancabile blues, al pianoforte. Però, nello studio, occupato, del Preside, sedeva sulla sedia, prendeva a sé la macchina da scrivere, e scriveva scriveva. Notti intere, fino all’alba.

Assorto nei suoi pensieri.

Cosa?

Parole, senza tempo.

Di questo ne sono certa. Poi il caso volle che il padre, Pino, desse al suo libro proprio questo titolo.

Infatti, nel 2017 uscirà, postumo, il libro di Marco Porcu, “Parole senza tempo” (Scione Editore, Roma) a cura di Pino Porcu.

Una raccolta di poesie, racconti, aneddoti, lettere d’amore, confidenze e riflessioni interiori di Marco con se stesso e di Marco con il mondo, che lo circondava, che abbracciava, e che, con l’anima da studioso, da filosofo, attraversava e scrutava.

Tanti gli spunti che fungono da punti d’inizio.

Mai una risposta.

La vita non è calcolo matematico, non è un algoritmo.

E, in quanto tale, Marco attraverso i suoi scritti ci narra una cosa importante: l’essenza delle cose è l’amore per il sapere, è la filosofia. Se non si conosce non si può amare. E più Marco conosceva più amava questa misteriosa scienza, e soprattutto il mistero della vita, della morte, e dell’amore.

L’amore… sentimento che Marco porta con sé, e che traccia, come un solco, lungo i suoi passi:

“…Tutta la notte il tuo amore ha cavalcato sulla mia croce. Tutta la notte il desiderio delle mani tue dolci su di me”.

E il suo amore è oggi eterno, e il vento “soffia e placa speranza”.

Lo si percepisce anche dalle parole introduttive, quelle dove un padre e un figlio si incontrano, con forza emotiva.

Nella mente una carrellata di immagini: la nascita, il primo vagito, i primi passi, la scuola, e poi l’università, le discussioni, l’inaspettata lettera al padre… e poi di nuovo quel flebile respiro…

E già, “i figli crescono così in fretta che quasi non li vediamo. All’improvviso alziamo gli occhi su di loro e ci accorgiamo che “quel bambino, non è più, e già adolescente, già uomo; è pronto ad andare per la sua strada senza ritorno. Il tempo ci prende per mano e ci dice che non può fermarsi. E tu, rimani lì, impotente…”

Eppure, anche se il tempo si è fermato, gelido, freddo nelle vene, proprio nel mese che è purificatore, febbraio, Marco nei suoi scritti sparsi su fogli vaganti, o appuntati su pagine ingiallite di tomi di Marx, è lì a dirci di “cogliere il palpito del tempo che passa e tenerlo chiuso nel cuore per godere l’ebbrezza dell’eterno”.

la copertina del libro con l'acquerello di Pietro Serra

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Un commento

  1. Non e’ facile commentare le tue considerazioni nel ricordo forte e chiaro di una stagione che ha contenuto la vostra anima di studiosi e di amici fedeli e generosi. Marco con la sua ironia felice ma sempre mirata, sorride dal suo balcone fiorito tra nuvole e..stelle. Ed io mi sento parte di tottus in pari . Un saluto e un riverente “grazie”!!?

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