IL TERRENO D'AZIONE DELLA BRIGATA SASSARI NELLE TRINCEE SULL'ALTIPIANO DI ASIAGO NEI PRIMI MESI DEL 1917


di Dario Dessì

Esisteva il progetto di una imponente offensiva da scatenare contro le trincee  austriache; le abbondanti nevicate, tuttavia, ne sconsigliarono l’esecuzione.

Su quelle montagne la neve, caduta abbondante, aveva raggiunto il mezzo metro e questo avrebbe reso impossibili il traino delle artiglierie, e qualsiasi manovra della fanteria.

In quei primi mesi dell’anno i combattimenti si erano ridotte a qualche breve, sporadica incursione, condotta da piccole pattuglie di fanti che indossavano tute bianche in modo da potersi confondere con il suolo.

Alle ore 06.10 del 28 febbraio 1917, subito dopo l’accensione di un razzo illuminante, gli austriaci lanciavano una gragnola di bombe con l’intento di distogliere i nostri fanti da un attacco, a quota 1.476, contro una trincea difesa dalla 5° compagnia del 152° reggimento. La distanza tra le trincee contraposte era di appena una decina di metri e gli austriaci intendevano catturare alcuni fanti  da sottoorre a interrogatorio per riuscire a sapere quali fossero le intenzioni degli alti comandi italiani.

Alcuni soldati austriaci riuscirono a raggiungere il bordo della trincea italiana ma, a causa di un subitaneo intervento di un plotone di rincalzo, furono prontamente  costretti a una fuga precipitosa.

All’alba del 5 marzo 1917, quattro drapelli di ardimentosi, dopo aver percorso una galleria sotterranea scavata nella neve tentarono un attacco. Purtroppo, una volta usciti allo scoperto di fronte alle trincee nemiche,  non riuscirono a raggiungerle e dovettero limitare a lanciare numerose bombe contro gli austriaci, riuscendo a rientrare nella loro linea con poche perdite e con 11 prigionieri.

Dal 1 gennaio al 30 aprile del 1917 i fanti della Brigata Sassari erano  stati,  in parte impegnati per venti giorni  nei servizi di vigilanza, a quota 1673, sul fronte Camporovere Roccolo di monte Catz (Asiago) e in parte utilizzati, durante i venti giorni di riposo, per lavori di rinforzamento delle linee difensive e dei colleg,amenti stradali in valle dei Ronchi, valle Gelpach, Vallonara e Valpiana, località che collegavano Monte Zebio a  Monte Sisemol sino a Monte Sprunch.

Nei primi diciotto mesi di guerra i fanti  della Brigata Sassari avevano combattuto bene.

I due reggimenti, formati nella quasi totalità da sardi, avevano dimostrato uno spirito di corpo incredibile: erano combattivi, coraggiosi e coriacei.

Si erano  già distinti combattendo sul Carso e poi sull’Altopiano dei Sette Comuni, dove la Brigata protagonista era la SASSARI e dove per i fanti sardi l’assalto assalire  trincee imprendibili era quasi diventato uno sport.

I modelli di tattica militare erano  unici per tutto il regio esercito tuttavia, in quel genere di azioni, i fanti sardi non avevano rivali. 

Quasi sempre, in  situazioni di contingenza, il loro modo di combattere appariva singolarmente più efficace di quello dei combattenti appartenenti ad altre brigate. Essi, in tutto il regio esercito, erano unici nel riuscire a combattere in un terreno impervio, dove la natura era ostile, e ad avere la decisione e la prontezza nell’uso della baionetta: “Non fu possibile la cattura di prigionieri dato l’improvviso affluire di forti gruppi nemici e forse,  dice un rapporto del 151° del mese di gennaio del 1916, per l’istinto del sardo di baionettare anziché di imprigionare”. Comportamento inusuale che generava perplessità negli alti Comandi, tuttavia  anche una certezza del modo singolare in cui i sardi affrontarono quella guerra, contribuendo, per l’irruenza dei loro assalti, a incutere un autentico terrore nelle trincee nemiche.  Fu forse a causa di quel comportamento che i fanti della “Sassari” furono sopranominati dagli austriaci “Diavoli Rossi” (die roten Teufels)? O forse perché le loro mostrine bianco-rosse le quali, a causa della pioggia o della neve si scolorivano, tramutandosi in rosse macchie indistinte?

E’ fuor di dubbio che il modo di combattere dei soldati della brigata era del tutto “speciale”.

La Stampa nazionale pretese di scoprire se esistesse un rapporto particolare tra i fanti della “Sassari”, la loro “civiltà” regionale originaria e la guerra di trincea.

E fu così che nacque il mito del sardo della Brigata Sassari “agilissimo e ardito” ma anche “belluino”, “animalesco” e “selvatico”.

In un libro che Leonardo Motzo, Ufficiale della Sassari dedicherà nel 1930 a “Gli Intrepidi Sardi della Brigata Sassari” il comportamento di quei combattenti ex pastori, contadini, pescatori e minatori  è posto in particolare evidenza e così dicasi per come un altro ufficiale scrittore, Sardus Fontana, descriverà nel suo (Battesimo di fuoco, 1934), la “cultura autoctona” dei sardi in trincea,   accennando alla “guspínesa” (forgiata a Guspini), “il diabolico coltello sardo” che nel nord della Sardegna si chiama “sa pattadesa” (forgiata a Pattada SS).

Quelle armi bianche erano quasi sempre decisive nel corpo a corpo:

Le baionette luccicano nel tramonto del sole, un grido poderoso s’innalza, superando il fragore della battaglia: “ Forza Paris “ ! E’ il richiamo dei nostri fanti, che subito, compatti, si slanciano con impeto travolgente; buttano il fucile per brandire “ Sa guspinesa”, con la quale, nella lotta corpo a corpo, diventano impareggiabili gladiatori”.                                             Così scrisse Sardus Fontana.

Non bisogna,  tuttavia, dimenticare che dei 13 mila caduti sardi che parteciparono alla Grande Guerra ben ottomila erano “Diavoli Rossi” ed ecco perché tra la Sardegna e la “Sassari” esistono, ancora oggi, forti legami.

Cosi come non bisogna dimenticare che in proporzione, rispetto a tutte le altre regioni italiane, la Sardegna ha dato il maggior numero di combattenti che parteciparono alla Grande Guerra.

Quasì a voler testimoniare la notevole partecipazione dei soldati sardi alla guerra e forse anche la precarietà della situazione economica post-bellica in Sardegna, nel 1921 D.H. Lawrence, viaggiando per l’ Isola non poté fare a meno di notare e di descrivere nel suo celebre “ Sardinia and sea – La Sardegna e il mare”  i panni grigioverdi di cui andavano ancora vestiti tanti maschi adulti.

Il contenuto di questo articolo è  dedicato soprattutto a tutti i nipoti e pronipoti dei combattenti della Grande Guerra perché RICORDINO, a tutti i giovani perché SAPPIANO e ai tutti  i posteri  perché non DIMENTICHINO.

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