IL TALENTO, LA GIOIA, LA PASSIONE DI EZIO BOSSO: UN CONCERTO UNICO, EMOZIONANTE E COINVOLGENTE NELLA STANZA DI THARROS

ph: Ezio Bosso


di Michele Vacca

Presso gli scavi archeologici di Tharros, in uno scenario incantevole, per la terza serata di Musica nella terra dei Giganti, il simpaticissimo Ezio Bosso, compositore e direttore d’orchestra, come in una sala da concerto, raccomanda di spegnere o silenziare i cellulari, inoltre autorizza tutte le fotografie, senza l’uso del flash, facendo gioire il pubblico. Racconta il suo progetto ripreso dalla teoria antica delle 12 stanze, da cui prende il nome il suo ultimo album da solista. Sostiene che la nostra vita è rappresentata da 12 stanze, “la prima non ce la ricordiamo perché è quella nella quale veniamo al mondo e non vediamo. Le altre stanze le inventiamo noi, siamo noi a dare loro un significato, un colore o un carattere”.  “Nelle 12 stanze lasceremo qualcosa di noi, che ci ricorderanno. Dodici sono le stanze che ricorderemo quando passeremo l’ultima. Nessuno può ricordare la prima stanza perché quando nasciamo non vediamo, ma pare che questo accada nell’ultima che raggiungeremo. E quindi si può tornare alla prima e ricominciare”. “Per ognuna di esse che percorreremo, apriremo una porta che ci porterà dentro ad un’ altra stanza o fuori”. Il primo brano che esegue lo chiama “fuori dalla stanza”, come un volo di uccelli in volo che si perde nello spazio. Presenta il suo pianoforte chiamandolo la sua ragazza, che pare imponente, ma è fragile quanto lui. Spesso ritorna sul fatto che qualcuno si distrae guardando e leggendo messaggi, finché simpaticamente dice: “perdiamo il telefono per il tempo di un concerto” – una delle cose belle – continua – è che diamo per scontate le stanze, le stanze le abbiamo inventate noi, come la musica.  Abbiamo avuto l’esigenza di costruire le stanze. Stanza vuole dire anche fermarsi, noi le abbiamo inventate per proteggere la nostra intimità ma anche per condividerla e le stanze influenzano il lavoro di noi esseri umani. Siamo noi a decidere chi far fermare, transitare o non far entrare al loro interno”.  Come preludio per il prossimo brano passa a presentare due compositori fondamentali, con cui lui ogni mattina esce da una stanza e inizia a studiare. Fryderyk Chopin e Joahnn Sebastian Bach, chiamato il Vecchiaccio, per loro compositori che ci mettono le mani. “Chopin oltre che essere un compositore, è stato anche il campione del mondo della sfortuna, immaginate un uomo con la tubercolosi che sta con l’unica donna fumatrice di tutto l’800. Ad un certo punto, le sue condizioni peggiorano e dal medico, gli viene consigliato di cambiare clima dalle città del Nord, verso le Baleari, ma in quel periodo, colmo della sfortuna, è la stagione più fredda”.  Il concerto prosegue, dopo una pausa per scaldarsi le mani, vista l’umidità della sera, e Bosso dimostrando una forza eccezionale nel suonare il piano, lo accarezza, si piega sopra, si inarca, pur con tutte le difficoltà che gli procura la sua malattia. Ora si intravede nel viso lo sforzo fisico che riesce a sopportare, carico della forza degli applausi del folto pubblico. Lui, le sue sonorità, il suo strumento, una fusione unica. Un concerto sicuramente diverso, emozionante e coinvolgente, dove Bosso dimostra il suo talento, la sua gioia, la sua passione, il suo unisono totale, ma soprattutto, la forza e la voglia di andare avanti, di vivere una seconda vita, con una nuova rinascita in una nuova stanza da cui ripartire.

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