USO E ABUSO DEL TERRITORIO SARDO: PROGETTO “TERRA MADRE” AL “GRAZIA DELEDDA” DI PARMA CON FIORENZO CATERINI E FERNANDO CODONESU


di Alice Pisu

E’ ancora possibile pensare a una salvaguardia e valorizzazione del territorio sardo con nuovi strumenti davanti a anni di abuso generato dal disboscamento selvaggio e dall’utilizzo, da oltre 50 anni, di vaste aree per le servitù militari senza controlli ambientali e sanitari con effetti non ancora ben quantificabili e non resi noti in modo trasparente dalle istituzioni?

Su questi temi, Domenica 8 maggio,  la riflessione sviluppata nel corso del convegno “Terra Madre” al Circolo Grazia Deledda Parma attraverso gli studi di due autori che da tempo si occupano di analizzare non solo le cause e i danni generati sul suolo dell’isola ma prospettare anche possibili nuove opportunità di sviluppo sostenibile e che guardi verso una reale crescita economica. Si tratta dell’antropologo Fiorenzo Caterini, autore di Colpi di scure e sensi di colpa, edito da Carlo Delfino, e dell’ingegnere e saggista Fernando Codonesu, autore di Servitù militari modello di sviluppo e sovranità in Sardegna, edito da Cuec. L’incontro, moderato dallo scrittore Andrea Cabassi, della commissione cultura del “Deledda” e introdotto dalla Presidente del circolo Giuseppina Pira, parte da una riflessione sulla situazione di crisi vissuta dalla Sardegna, acuita da informazioni distorte riguardo il reale stato dell’inquinamento del territorio che, secondo quanto evidenziato dagli autori, genererebbe ricadute economiche sull’indotto turistico oltre a scoraggiare una progettualità concreta sull’opera di bonifica. “Dati falsi dipingono la Sardegna come una regione con enorme superficie contaminata, alcune relazioni parlano di 450 mila ettari di territorio inquinato, mentre– sottolinea Codonesu -. dati reali indicano una superficie pari a 20 mila ettari di territorio contaminato. Bonificare un ettaro di terreno da contaminazione industriale costa circa 2 milioni di euro”.

La ricerca di Codonesu va verso il superamento delle servitù militari partendo dall’analisi in particolare del Poligono di interforze del salto di Quirra e da quella che è stata definita la sindrome di Quirra. In particolare emerge come l’aver abusato del territorio senza i dovuti controlli ambientali abbia generato negli anni effetti sanitari ingenti oltre ad aver danneggiato pesantemente l’economia del territorio.

L’analisi sviluppata nella ricerca dimostra l’inconsistenza socio economica sulle popolazioni e sull’economia locale degli insediamenti militari. “Tutti i comuni con servitù miliari registrano dati maggiori di spopolamento, eppure c’è una falsa retorica che vuole farci credere che le servitù militari generino crescita economica – sottolinea Codonesu -. Solo una realtà, Perdasdefogu, è talmente compenetrata da ottenere benessere economico, 800 stipendi in un paese molto piccolo, non c’è un altro modello economico che possa sostituire questo introito. Eppure analizzando i dati si nota una crescita demografica sino al 1971, poi una stabilizzazione a cui poi è seguita una diminuzione. Neanche qui è sufficiente a sostentare le nuove generazioni”.

Vengono quindi smontate le tesi che vedono le servitù militari quali motori di sviluppo economico e di occupazione del territorio;ai posti di lavoro creati, spesso in numeri esigui, fanno da contraltare massicci rischi ambientali e gravi danni alla salute degli addetti e delle popolazioni. Così pure viene evidenziata l’inutilità delle servitù militari in tempi di guerre combattute con mezzi elettronici, con l’intelligence, con il controllo dei grandi nodi software e delle comunicazioni. A che pro continuare con 35 mila ettari di territorio sardo in mano ai militari?”.

Emerge quindi la proposta di pensare alla creazione ad hoc di una realtà che acquisisca professionalità di alto profilo per lo scopo, in particolare per casi circoscritti ma che necessitano di un intervento per la presenza di contaminanti radioattivi. “Ci sono aree interessate da contaminazioni da torio – sottolinea Codonesu-, un problema che va affrontato subito e occorre una volontà politica anzitutto da parte dei nostri rappresentanti. E’ quanto mai opportuno pensare a scelte consapevoli per trasformare questa emergenza in opportunità di lavoro, diventando un’eccellenza nel settore a livello europeo, generando al contempo occupazione anche ricercando figure di alto profilo e sanando il territorio. Guai a rassegnarsi e pensare che non si possa fare più nulla, rischierebbe di avere conseguenze devastanti”.

Riflessioni che necessitano, secondo Fiorenzo Caterini, di una presa di coscienza sulla percezione che i sardi hanno della propria terra, credendola a lungo arida e battuta dai venti, priva di risorse naturali. Una concezione in relazione in particolare agli anni del disboscamento della Sardegna a fine ‘800 quando, con un’operazione cavalcata da forze economiche esterne, si compie una radicale trasformazione dei rapporti tra l’uomo e l’ambiente. Estirpare quel bosco generatore di storie, di leggende, che racchiude figure legate alla simbologia tradizionale, equivale secondo Caterini a privare un popolo di una parte della propria anima. “In Colpi di scure racconto gli eventi storici dell’800, ma è un libro sulla nostra memoria. La percezione che abbiamo della Sardegna a volte è sottodimensionata, avanza una retorica frutto di un clima egemonico che vuole continuare a dipingere questa terra in un modo distorto. La convinzione di vivere in una terra ostile priva di risorse crea un’ideogema, un’idea artefatta che prima non esisteva. E’ forse più grave il disboscamento della nostra storia di quello messo in atto nell’800.

E’ fondamentale secondo quanto sottolineato da Caterini, partire dalla consapevolezza del valore di una terra come la Sardegna che vanta una storia millenaria atipica e che potrebbe puntare su un settore su cui non c’è ancora un adeguato sviluppo come quello della bonifica e della valorizzazione del patrimonio naturale. “Dobbiamo essere capaci di avere idee che derivano dalla conoscenza e di proporre soluzioni praticabili dal numero più alto di persone facendo conto sulle nostre forze, solo in questo modo la Sardegna potrà davvero cambiare”.

La Sardegna, sottolineano gli autori, avrebbe gli strumenti per puntare su una crescita economica anche attraverso la ricerca di soluzioni a queste problematiche. Una delle ipotesi sollevate è di rendere l’intero territorio sardo DOP, mettendo in evidenza le eccellenze dell’isola anche attraverso progetti mirati, legati all’enogastronomia e all’ambiente. Un traguardo che necessita di una progettualità mirata da parte dei rappresentanti istituzionali in Regione ma che non può prescindere, anzitutto, da un piano mirato per la bonifica delle aree contaminate

Il Progetto “TERRA MADRE”  si articola in due appuntamenti autunnali, uno riguarderà il tema “Ambiente e Salute in Sardegna” e il successivo “Sardegna ISOLA DOP. Il valore dei Prodotti e delle Eccellenze del territorio”.

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