LINGUISTA “SUI GENERIS”, DARIO PIGA ORIGINARIO DI PERFUGAS, VIVE A BRNO: “ECCO COME INSEGNO IL SARDO NELLA REPUBBLICA CECA”

Dario Piga


di Ornella Demuru

Dario Piga è un linguista “sui generis”. Trentanove anni, originario di Perfugas, un paese della regione dell’Anglona, è laureato in lettere e filosofia all’Università di Perugia, ma è anche diplomato in chitarra flamenca, diploma che ha conseguito al conservatorio di Siviglia, in Spagna. La sua vita si divide tra la lingua sarda e la musica. A vent’anni è partito dal suo paese proprio perché ha capito che solo così poteva dare valore alla sua terra, alle sue radici che rimangono profondamente ancorate in Sardegna. E così ha fatto. Vive a Brno, la seconda città della Repubblica Ceca, con la sua compagna ceca Liba. Hanno un bambino di nome Antoni di 3 anni, che parla sardo perfughese, ceco, ma capisce anche lo spagnolo e qualche parolo d’italiano. Dario, da diversi anni, tiene un corso di lingua sarda all’Università di Masaryk – in ceco Masarykova Univerzita- la seconda università per grandezza della Repubblica Ceca. Il corso si svolge nella facoltà di Filosofia, all’interno del Dipartimento di Romanistica.

Come nasce questa tua passione per il sardo? La passione nasce da quando avevo circa 15 anni. Mi ricordo che ero abbonato alla rivista di poesia “S’Ischiglia”, ma dopo cancellai l’abbonamento perché la rivista per quanto interessante era concentrata sulla poesia sarda come fosse l’unica forma vivente del sardo, mentre io ritenevo che per me era più interessante vedere la poesia sarda vincolata alla lingua sarda e non il suo contrario così come appariva su questo tipo di editoria. A quei tempi già pensavo di studiare linguistica per diventare una sorta di medico della lingua, dato che il sardo stava morendo piano piano. Insomma, la volevo salvare!

Chi ti ha proposto l’idea di fare un corso di sardo nella Repubblica Ceca? Nell’università ceca i programmi universitari sono più liberi rispetto all’Italia e per me è stato sufficiente un’intervista con il vice-rettore di allora, il professor Jan Pavlík, per iniziare questa avventura. Niente di più, niente di meno.

Cosa si studia nella Facoltà dove insegni il sardo? In questa Facoltà si studia di tutto, dalla storia delle religioni al teatro, dalla lingua alla letteratura inglese, sino al catalano. Proprio in questi mesi ho saputo che si vuole fare una sezione a bando per il sardo, il catalano e il basco, perché la vita di ognuno di questi corsi dipende dalla lingua dello stato di appartenenza.

Quanti alunni hai? Ho due livelli per ogni semestre, e una media di venticinque alunni in tutto, che provengono da diversi corsi di laurea.

Com’è strutturato il corso? In tutto faccio sei ore a settimana. La presenza di allievi provenienti da diversi corsi di laurea è un problema a livello di comunicazione. Generalmente inizio a parlare in ceco per spiegare gli articoli, i verbi e le frasi che servono per presentarsi in prima e in terza persona. Dopo devo “romanizzare” – dato che siamo nel dipartimento di Romanistica – e il tutto si complica, perché devo proseguire in spagnolo, in italiano e in francese, facendo una comparazione linguistica del sardo rispetto a queste lingue. Adesso ho anche un alunno portoghese e mi tocca studiare anche questa lingua. Nei corsi più avanzati invece inizio col parlare in sardo, un sardo lento e semplice, senza usare per esempio tempi verbali che non sono stati affrontati o espressioni idiomatiche. Nel 2014 ho avuto due alunni che non conoscevano neanche una parola di una qualsiasi lingua romanza! Un grande problema che ho risolto portandoli in un’altra aula e facendogli la lezione in inglese. Alla fine però sono riuscito a fargli capire un intero testo in sardo e questo mi ha dato una grande soddisfazione.

Da chi è finanziato il corso? Il corso è finanziato dalla stessa università. Nel 2012-2013 è stato finanziato anche dalla Regione Sardegna, quando ancora era direttore del “Servizio della Lingua Sarda” Pepe Coròngiu.

Quale sardo usi nelle tue lezioni? La Sardegna è plurale, come tutti i luoghi, e di varianti sarde c’è ne una per ogni paese. Non sono cose surreali, son cose normali. Qui all’università le lezioni di basco, sono in lingua basca comune, e quelle di catalano in lingua catalana comune, anche quelle di inglese sono in lingua inglese comune. In sardo è la stessa cosa. Io cambierei diverse cose nella nostra LSC (Limba Sarda Comuna) ma mi tengo le mie opinioni personali per me. Il motivo per cui agisco così è dato dal fatto che ritengo che se ognuno pretende di imporre la propria visione questo alla fin fine procura un grande danno alla lingua sarda stessa. I tempi che viviamo devono essere spesi per unire e non per dividere. Per me una variante vale l’altra! L’importante è che si scriva e si parli in sardo, perché in Sardegna sono rimasti in pochi a scrivere e parlare in sardo. Ritengo che sia più importante l’azione, la pratica linguistica che avere una bandiera linguistica bella, amata e glorificata ma trattata come se fosse una lingua che appartiene ad altri.

Cosa pensano i cechi della lingua sarda? Alla prima lezione pongo ai nuovi alunni sempre la stessa domanda: cosa pensano del sardo. Ad oggi possiedo una cartella piena di foglietti con le loro risposte. Posso assicurare che ci sono risposte di ogni tipo e modello.

Ma come mai nella Repubblica Ceca c’è questo interesse verso la nostra lingua? I cechi sono curiosi e non fanno polemiche per nessuna cosa. Se una cosa gli piace la fanno, anche se talvolta sembra che non ci sia un motivo preciso.

Pensi che il corso lo rifarai anche l’anno prossimo? Spero proprio di sì! Tutto dipende dalla possibilità finanziaria dell’Università. Ogni anno, tra Natale e gennaio, per il dipartimento di Romanista inizia la lotta per trovare i finanziamenti necessari a tutti i corsi. È chiaro che l’anello più debole di tutta la catena è il corso di lingua sarda, perché il basco viene finanziato direttamente dal governo basco, e il catalano direttamente dall’Istituto Ramon Llull (ente pubblico catalano che si occupa della produzione culturale catalana in ambito accademico). Mentre il corso di sardo è finanziato esclusivamente dall’università ceca.

Cosa ritieni sia giusto fare per la lingua sarda in Sardegna? Adesso che abbiamo una lingua sarda comune, è necessario che le istituzioni facciano in modo che i sardi possano “sardizzarsi” con la speranza che un giorno la lingua sarda si possa studiare a scuola. Per me è difficile comprendere come la maggioranza dei sardi non ritenga importante la questione della lingua. Molti sardi non credono al fatto che lo studio della lingua sarda sia più apprezzata dagli stranieri, la mia stessa esperienza la ritengono un’invenzione, una mera chiacchiera.

I tuoi allievi sono curiosi di venire in Sardegna, o qualcuno ci è già venuto grazie alle tue lezioni? Sì, sono curiosi e qualcuno c’è già stato. Da quando ho cominciato il corso sono diversi gli alunni che hanno scelto di andare in Sardegna per i motivi più diversi. La maggior parte degli alunni sono andati attraverso il progetto Erasmus. Questa è anche la risposta a chi pensava, e alcuni continuano a pensarlo che il sardo non ha nessun valore e che i soldi spesi per il sardo siano soldi buttati via. Nelle mie lezioni mi limito a dare una visione della Sardegna e del sardo più obiettiva possibile, senza fare di certo l’agente turistico. E preciso che è quasi impossibile andare in Sardegna per migliorare il livello di sardo acquisito, come potrebbero fare per esempio in Catalogna, o in un’altra comunità “normale”, perché purtroppo la lingua si sta estinguendo con gli anziani.

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