EDITORIALISTA DEL CORRIERE DELLA SERA, I SUOI LIBRI SONO SEMPRE “BEST SELLER”: INCONTRO CON BEPPE SEVERGNINI CHE RACCONTA DEL SUO RAPPORTO CON LA TERRA DI SARDEGNA, QUARANT’ANNI DI AMORE E DI STIMA

Beppe Severgnini


di Irene Bosu e Simone Tatti

Beppe Severgnini (Crema, 1956) è editorialista del “Corriere della Sera” e scrive ogni mese un commento per “The New York Times”. Ha lavorato a lungo per “The Economist”. Tutti i suoi libri sono best seller, da Inglesi (1990) a La vita è un viaggio (2014), diventato anche uno spettacolo teatrale da lui scritto e interpretato. Ogni tanto le vediamo in televisione, a “Otto e mezzo” o a “Ballarò”. Lo abbiamo incontrato al Teatro Eliseo di Nuoro, 26esima tappa del suo tour italiano 

Con lo spettacolo “La vita è un viaggio” ha esordito coma autore e attore di teatro. Quando e com’è nata l’idea? L’idea è nata dall’irrequietezza e dalla curiosità: sono ancora irrequieto e curioso, infatti. Lo siamo tutti, da bambini, ma a una certa età generalmente ci si calma. Io, superati i cinquanta, ho ancora voglia di provare cose nuove. La storia che raccontiamo sul palcoscenico è la prosecuzione, con altri mezzi, del mio lavoro. Ai temi legati alle nuove generazioni ho dedicato due libri – Italiani di domani e La vita è un viaggio – e li ho trasformati in uno spettacolo teatrale. Ho scritto il testo e lo interpreto. E’ la prima volta che un giornalista italiano in attività – ho chiesto conferma a gente del mestiere, compreso Gabriele Vacis! – interpreta un personaggio teatrale.

Scrivere un testo per il teatro non è come scrivere un saggio o un articolo di giornale. Ha mai avuto dubbi o ripensamenti? Questa che va in scena è l’undicesima versione del testo. Accade lo stesso con i libri: prima di andare in stampa scrivo cinque, dieci versioni. Lavorare a questa sceneggiatura è stata una sorpresa, non sapevo come sarebbe andata a finire, ma è stato più facile di quanto immaginassi. Ho capito subito che per mettere in scena la conversazione tra due persone bisogna sentirne l’autenticità, cercare di renderla vera.  

Il palcoscenico per un editorialista non è un rischio professionale?  Basta restare se stesso. Essere riconoscibile. Se avessi portato in scena “Il giardino dei ciliegi” di ?echov, il pubblico avrebbe avuto (fondati) dubbi su un mio disturbo della personalità! Sono un giornalista e in scena porto una storia attuale, temi di cui scrivo sul Corriere, sfide che racconto nei libri. Si parla di generazioni e di viaggi, di talento e di tenacia, di WhatsApp e del governo Renzi, c’è anche un piccolo accenno alla politica sarda! Il pubblico si trova di fronte alla vita quotidiana: si diverte, sorride, pensa.

Tra i giornalisti italiani della sua generazione, lei è forse il più digitale. Il suo blog Italians è attivo dal 1998, prima ancora che venisse coniata la parola “blog”. Lei ha un profilo Twitter con 683mila followers, un record tra i giornalisti. Qual è il futuro del suoi mestiere? Sono digitale, è vero: non ho paura degli strumenti nuovi, anzi mi divertono. Eppure scelgo, per comunicare, lo strumento più antico, il teatro. Perché, secondo voi? Perché non conta tanto il mezzo, ma il messaggio. L’errore è inventarsi alternative obbligate. La carta o il digitale? La televisione o il teatro? Invece la vita e le professioni sono addizioni, non sottrazioni.

E’ stato per la prima volta in Sardegna nel 1973. Come descrive il suo lungo rapporto con la nostra isola? Riassumere 42 anni è complicato: diciamo che è stato un lungo amore, e continua. In Sardegna ho trascorso una parte della mia vita. Ho viaggiato in auto, in moto, ho camminato. Sulla costa, all’interno, sulle montagne e nel Campidano. Ho imparato ad amare quest’isola e la sua gente durante ogni stagione. Perché amare la Sardegna a luglio e agosto è troppo facile… son capaci tutti!

Lei ha scritto: “Cercate posti nuovi ed imparate a godervi quelli che già conoscete”. Quali luoghi sardi si sente di suggerire a chi ancora non la conosce? Sono moltissimi, ve ne dirò alcuni. Amo Aglientu in Gallura e i suoi venti chilometri di costa mozzafiato, e vi posso garantire: nessuno che ci sia stato s’è pentito. La spiaggia di Montirussu – una delle più belle d’Europa, in assoluto – è un luogo al quale sono particolarmente legato. Spero di aver contribuito a salvarla da una brutta fine. Poi c’è l’iglesiente, ha angoli fantastici sul mare; e le miniere vanno visitate. A un turista con famiglia suggerirei la Costa Verde.  Ai viaggiatori il tratto di strada tra Alghero (bellissima!) e Bosa. E l’Ogliastra, ancora poco conosciuta. E poi la Giara di Gesturi e Barumini.  Ma potrei andare avanti.

Il suo è stato un colpo di fulmine o un innamoramento graduale? Un colpo di fulmine, all’inizio. Per l’isola e per alcune delle ragazze che ho incontrato qui da giovane. Se un ragazzo di 17 anni viene in Sardegna e dice di essersi innamorato degli aranceti di Milis, vada da uno specialista!Ma la Sardegna ha saputo emozionarmi a ogni età, ogni volta con qualcosa di nuovo.

Cosa invece non funziona in Sardegna? Intanto la spesa regionale: troppo alta. Pro capite, supera quella della Lombardia. Non è possibile. Ci sono debiti che lo Stato italiano ha contratto con l’isola – arsenali, basi militari, poligoni, industrie invasive – ma vanno ripagati in altro modo. E non parliamo degli errori alla Maddalena, dove si sono buttati 470 milioni.  Aggiungo, proprio perché voglio bene alla vostra terra: troppe rivalità, e talvolta mancate un po’ di autostima. Ho conosciuto tante persone capaci, qui. Posso dirlo?  Se nutriste in voi stessi la stima che io ho per voi, spacchereste il mondo!

Che suggerimento darebbe a un giovane sardo? Di considerare la Sardegna il porto, ma di non confondere il porto col mare. Bisogna andare, per poi tornare  migliori. Certo: bisogna che qui ci sia lavoro e futuro. Ai giovani sardi possiamo chiedere di essere coraggiosi, non masochisti.

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Un commento

  1. Ama talmente la Sardegna che vuole estrorcerla ai sardi per darla agli extracomunitari. . . se la lavorano loro potrebbe essere pure redditizia! Ma per piacere. . . Scusami Massimiliano Perlato,ma è l’unico tuo articolo che non leggerò

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